La neuropatia ottica ereditaria di Leber (LHON) o atrofia ottica di Leber, o Sindrome di Leber, è una malattia genetica ereditaria che porta ad un improvviso calo della vista, che colpisce soprattutto i soggetti di sesso maschile.
L’atrofia ottica di Leber è una malattia genetica che si sviluppa in conseguenza di una mutazione del DNA dei mitocondri, piccoli organuli cellulari deputati alla produzione di energia.
Non esistono dati definitivi sull’incidenza di questa insidiosa malattia genetica. Alcuni studi parlano di un’incidenza di 2/100.000 individui in Europa.
Ad ogni modo, i soggetti più colpiti sono i maschi di età compresa tra i 15 e i 25 anni. In rari casi la malattia può insorgere già durante l’infanzia o anche dopo i 60 anni. Le donne invece tendono ad essere colpite dal morbo di Leber a un’età più avanzata e manifestano sintomi meno gravi.
La sindrome di Leber è una malattia mitocondriale che si sviluppa in seguito ad una mutazione del DNA mitocondriale. Si tratta di una malattia genetica ereditaria che presenta alcune peculiarità: il DNA mitocondriale è ereditato esclusivamente dalla madre, poiché gli spermatozoi al momento della fecondazione risultano privi di mitocondri.
Il corredo di mitocondri dell’embrione in sviluppo proviene quindi unicamente dalla madre. Gli uomini colpiti dalla sindrome di Leber o portatori della mutazione non possono trasmetterla ai propri figli.
I mitocondri sono organuli fondamentali perché producono gran parte dell’energia necessaria alle cellule per svolgere le proprie funzioni. Nei soggetti con atrofia ottica di Leber i mitocondri con mutazioni non funzionano adeguatamente e quindi le cellule gangliari della retina muoiono. Gli assoni delle cellule gangliari costituiscono le fibre del nervo ottico e trasportano le informazioni visive dalla retina alla corteccia cerebrale.
La morte delle cellule gangliari porta alla progressiva degenerazione del nervo ottico e a perdita delle funzioni visive. La mutazione più comune è la 11778, responsabile da sola del 50% dei casi di sindrome di Leber. Altre mutazioni diffuse sono la 14484 e la 3460.
Il primo sintomo della neuropatia ottica ereditaria di Leber è l’offuscamento della vista. I problemi alla vista possono interessare un solo occhio o entrambi gli occhi contemporaneamente. Se il calo della vista si manifesta in un solo occhio, nel giro di alcune settimane anche l’altro occhio ne è interessato, e ciò costituisce la fase acuta della neuropatia di Leber.
Con il passare del tempo, la vista di entrambi gli occhi peggiora e si registra un evidente calo dell’acuità visiva e della visione a colori. L’atrofia ottica di Leber danneggia principalmente la visione centrale, fondamentale per attività come la lettura, la guida, e il riconoscimento dei volti. Al contrario, la visione periferica non è persa e quindi la persona è comunque in grado di muoversi in modo autonomo. In rari casi, si assiste ad un leggero recupero della visione centrale, ma purtroppo di solito la perdita della visione centrale è permanente.
La gravità dei sintomi appare estremamente variabile tra una persona e l’altra, anche nell’ambito della stessa famiglia. Questa variabilità è strettamente legata al numero dei mitocondri presenti nelle cellule. Se un individuo eredita una piccola parte di mitocondri con la mutazione, allora i sintomi saranno più lievi. Al contrario, un maggior numero di mitocondri con mutazione si associa a sintomi più gravi.
Per prima cosa l’oculista esegue una visita generale del fondo oculare per individuare alterazioni della retina, dei vasi retinici ed eventuali processi infiammatori a carico del nervo ottico (neurite ottica). Se il medico sospetta che il paziente sia affetto dalla sindrome di Leber, è necessario eseguire una serie di test genetici per individuare le diverse mutazioni.
La neuropatia ottica di Leber è comunque una malattia piuttosto rara, e prima di arrivare alla sua diagnosi il medico deve escludere altre condizioni che causano l’atrofia del nervo ottico. Il quadro clinico della sindrome di Leber può infatti essere confuso con quello di altre malattie come la sclerosi multipla, la retinite pigmentosa e l’atrofia ottica dominante.
Per confermare la diagnosi della sindrome di Leber, l’oculista può eseguire ulteriori esami come l’elettroretinografia (ERG) che valuta l'attività elettrica della retina ed un esame del campo visivo volto a misurare l’estensione dell’area interessata dalla perdita di visione (scotoma).
Allo stato attuale, non esiste una cura definitiva per la sindrome di Leber. Alcune persone hanno avuto un parziale recupero delle funzioni visive con l’assunzione di antiossidanti come le vitamine C e B12, il coenzima Q10, la luteina e la brimonidina.
L’unico farmaco autorizzato in Europa per il trattamento della sindrome di Leber è l’idebenone, che, in alcuni pazienti, è risultato efficace nel rallentare la progressione della malattia durante la fase acuta.
Risultati incoraggianti sono stati invece ottenuti dalla terapia genica, pertanto nei prossimi anni gli sforzi dei vari istituti di ricerca saranno orientati in tal senso, con la speranza che si possa giungere ad una terapia efficace contro il morbo di Leber.