Cos'è la malattia dei vasi chiliferi?
La
malattia dei vasi chiliferi è una
patologia rara che colpisce il
dotto toracico e i vasi chiliferi intestinali.
Di solito, si manifesta fin dalla prima infanzia e spesso si tratta di una displasia congenita fin dalla nascita. La malattia porta ad accumulo di
chilo (il liquido generato durante la digestione e che si trova nell’intestino tenue) in organi in cui non dovrebbe trovarsi. L'esistenza di una malformazione dei vasi chiliferi ostacola il drenaggio dei linfatici intestinali.
Nella maggior parte dei casi la
causa della malattia è la displasia dei colletori linfatici e chilosi.
La
linfa è un liquido composto essenzialmente da acqua, sali minerali e sostanze proteiche in concentrazione variabile trasportato da un apposito sistema di vasi, detto appunto
sistema linfatico. La sua composizione è simile a quella del plasma (proteine, lipidi); in più, presenta cellule che sono normalmente piccoli linfociti, soprattutto linfociti T.
La linfa che deriva dal sangue, si accumula nel compartimento interstiziale ( compartimento intermedio tra tessuti e capillari sanguigni), per poi circolare nei vasi linfatici verso il dotto toracico.
La linfa deriva dai liquidi intercellulari, interposti tra cellula e cellula. Essa serve:
- come mezzo di trasporto locale di ossigeno, anidride carbonica e sostanze nutritizie
L’eccesso di liquido presente nell’interstizio costituisce la linfa che viene drenata opportunamente dall’insieme di dotti a fondo cieco che costituisce l’origine del sistema linfatico.
I vasi linfatici confluiscono nel dotto toracico che, a sua volta, si getta nella vena succlavia sinistra.
Tale circolazione svolge numerose funzioni:
- drena l’eccesso di liquidi tessutali che non riescono ad essere riassorbiti dai capillari venosi;
- i vasi linfatici dell’intestino assorbono e, portano nel sangue, le sostanze nutritive assorbite dalle cellule intestinali;
- difesa dell’organismo: infatti i vasi linfatici drenano dai tessuti i liquidi interstiziali e con essi i batteri, microscopici corpi estranei e cellule anomale. Tutto ciò viene trasportato fino ai linfonodi ricche di linfociti capaci di produrre anticorpi.
Quali sono i sintomi della malattia?
I
vasi linfatici possono essere sede di infiammazione (linfangite), ostruiti a causa di una parassitosi (filariosi) o una compressione (in particolare linfonodale o tumorale), oppure invasi da cellule neoplastiche (linfangite carcinomatosa).
Possono, inoltre, rompersi in una cavità, per esempio nella pleura (chilo torace) o nelle vie urinarie (chiluria).
Da quanto esposto, ricordiamo:
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chilo peritoneo o peritonite chilosa (ascite chilosa)
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chiledema o linfedema degli arti inferiori = se interessa un arto può essere moderato, per esempio il gonfiore dei piedi dopo che si è rimasti a lungo in posizione eretta, o grave e deturpante (elefantiasi). I linfedemi primitivi di origine sconosciuta consistono in tre forme: congeniti che rappresentano il 10% dei casi, precoci che sono i più frequenti e insorgono prima dei 35 anni, tardivi che si manifestano dopo i 35 anni. E’ molto difficile che si riassorbano. I linfedemi secondari sono connessi ad altre patologie come la tbc, la sarcoidosi, il cancro, l’ostruzione delle vie linfatiche dovuta ad accumulo di cellule cancerose o imputabile a un verme parassita (filaria), infezione legata a un’eresipela recidivante (malattia cutanea). Possono inoltre essere conseguenti a distruzione della rete linfatica in seguito a interventi chirurgici. Il 10% delle donne sottoposte a mastectomia con courrettage linfatico o a radioterapia per cancro del seno vedono svilupparsi un linfedema al braccio del lato operato. Il trattamento comporta un drenaggio linfatico, manuale o pneumatico (con apparecchio che esercita compressione). I massaggi, l’applicazione di calze o collant contenitivi, l’assunzione di diuretici e l’esercizio fisico sono indicati per evitare le recidive. Si raccomanda di coricarsi tenendo le gambe sollevate. Gli aggravamenti dovuti a superinfezione batterica, possono essere prevenuti con una terapia antisettica locale. Quando per il suo volume l’edema è invalidante (per esempio in caso di elefantiasi) si può prendere in considerazione un trattamento chirurgico atto a ridurlo: per esempio un by pass tra sistema linfatico ne sistema venoso. Esiste anche la malattia di Nonne Milroy che è un linfedema congenito, esteso soprattutto agli arti inferiori, che determina un aumento di volume dell’arto e un’insufficienza valvolare. In alcuni casi può associarsi a linfangectasia intestinale, con conseguente malassorbimento ed enteropatia protidodisperdente
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chiledema dei genitali esterni
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chiluria = l’urina assume un aspetto lattescente ed è indice di erosione di un vaso linfatico per tumore o filariosi
- chilo torace = si sviluppa per rottura traumatica o tumorale del canale linfatico toracico. Presenta tutti i segni all’ascultazione di un’empiema pleurico. La radiografia polmonare rivela a volte l’esistenza di un tumore polmonare o mediastinico. La toracentesi dà un liquido lattescente che contiene particelle di grasso visibili al microscopico dopo colorazione. Il versamento “psudo – chiloso" è un empiema lattescente che non contiene grasso, ma colesterolo in grande quantità. Si osserva nei versamenti cronici, specie tbc
- chilometrorrea
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chilartro = presenza di chilo nelle articolazioni
Come viene effettuata la diagnosi?
Per effettuare la diagnosi si deve effettuare diversi esami tra cui l’ematochimico comprendente elettroforesi proteica, lipidogramma e calcemia. Poi si può eseuire il test per iperlipidemia, l’Ecotomografia, la Linfoscintigrafia, ma soprattutto la Linfangiografia, che è in grado di fornire dati precisi sulla situazione clinica, gravità ed estensione della malattia.
Come viene curata la malattia?
La terapia di base consigliata è una dieta appropriata, basata sulla limitazione dei grassi,per tenere sotto controllo il metabolismo. In caso di problemi più acuti, può risultare utile effettuare un periodi di nutrizione parenterale totale (NPT) per ridurre la quantità di chilo accumulato.
Il trattamento chirurgico è necessario per riportare la situazione alla normalità e si hanno diversi tipi di intervento applicabili a seconda della malformazione:
- il drenaggio del chiloperitoneo;
- l’asportazione delle cisti chilose e dei chilomi;
- l’asportazione del tessuto linfangectasico
- le legature antigravitazionali dei collettori linfatici chiliferi
Si consiglia per un migliore riconoscimento dei collettori chiliferi l’assunzione di un pasto grasso (60 grammi di burro in una tazza di latte) 4-5 ore prima dell’intervento.
Terapie alternative alle tecniche elencati sono:
- shunt peritoneo-giugulare
- resezione del tratto di intestino maggiormente colpito dalla displasia