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Endometriosi

Ginecologia
Endometriosi: Utero di Una Donna che ne Soffre

Che cos’è l’endometriosi

L’endometriosi è una malattia cronica femminile che colpisce principalmente l’apparato genitale ma anche organi distanti da questo, in cui l’endometrio, la mucosa che riveste la mucosa che riveste internamente la cavità uterina, è presente non soltanto nella sua sede tipica ma anche al di fuori di questa.

Le sedi anomale verso cui più frequentemente si impianta il tessuto endometriale sono quelle più vicine all’utero e includono, per esempio: 


È insolito che il tessuto endometriale si diffonda oltre la regione pelvica (la parte compresa tra l’addome e le cosce), ma non è impossibile. Meno comunemente, l’endometrio può impiantarsi in altre sedi quali l’intestino, i reni, la vescica e potenzialmente in molte altre sedi.
 
Le cellule dell’endometrio, anche se al di fuori della cavità dell’utero, rispondono ugualmente agli stimoli ormonali propri del ciclo mestruale: una prima fase di proliferazione del tessuto endometriale indotta dagli estrogeni, una seconda fase di secrezione e indotta dal progesterone, e una fase di sfaldamento o pseudomestruale. Tale evento in sede anomala, causa infiammazione, dolore, esiti cicatriziali riparativi che provocano a lungo andare danni tissutali e funzionali negli organi colpiti.
 
In Italia, soffrono di endometriosi almeno 3 milioni di donne, ossia il 10% di quelle in età fertile, cioè quel periodo di tempo che va dalla comparsa della prima mestruazione alla menopausa. Purtroppo, l’età media della diagnosi è di 27 anni, con un picco nella fascia tra i 25 ed i 35 anni, nonostante  l’endometriosi possa essere presente  già nell’adolescenza.

Tipi e stadi di endometriosi

Si parla principalmente di due tipi di endometriosi:

  • Endometriosi acuta quando abbondano i neutrofili nel tessuto endometriale.
  • Endometriosi cronica se nel tessuto endometriale sono presenti più plasmacellule e linfociti.
La stadiazione dell'endometriosi viene fatta in relazione alla diffusione, grandezza e profondità delle lesioni endometriosiche.

Si va dallo stadio I° (forma lieve), con lesioni contenute e di piccole dimensioni, al IV° stadio (forma più grave), quando l’endometrio invade tutta la zona pelvica (pelvi congelata), determinando una intensa reazione cicatriziale. 

Endometriosi: sintomi

La sintomatologia dell'endometriosi è molto soggettiva. Alcune donne non hanno alcun segno della malattia mentre altre hanno sintomi tra cui più frequentemente :
 
  • Dolore intenso mestruale (dismenorrea)
  • Dolore cronico nella parte inferiore dell’addome (pelvi) o anche posteriormente sulla schiena talvolta anche legato alla emissione di urine (disuria) e/o di feci ;
  • Dolore durante i rapporti sessuali (dispareunia);
Può inoltre essere presente un sanguinamento tra un ciclo e l’altro (spotting) e spesso problematiche relative alla fertilità.

Altri segni di endometriosi in relazione alla sede dell’impianto del tessuto endometriale possono essere:

L’intensità dei sintomi di endometriosi dipende non tanto dall’area di impianto anomalo del tessuto endometriale, bensì dalla localizzazione ove tale tessuto si viene a trovare. Una piccola area di tessuto può essere dolorosa tanto quanto una grande o addirittura può esserlo di più.

Cause di endometriosi

L’esatta causa dell’endometriosi è sconosciuta, ma ci sono alcune teorie che includono:

  • Mestruazione retrograda: quando l’endometrio va verso le tube di Falloppio e poi nell’addome ove si impianta, anziché verso la vagina come mestruazione. La mestruazione retrograda è la teoria più comunemente accettata, tuttavia non spiega perché questa malattia possa presentarsi in donne che hanno subito ad esempio una isterectomia.
  • Predisposizione genetica.
  • Contagio attraverso il flusso sanguigno o il sistema linfatico: le cellule endometriali possono conquistare il torrente circolatorio e il sistema linfatico ed essere trasportate in zone anche molto remote del corpo come gli occhi e il cervello.
  • Disfunzione immunitaria.
  • Esposizione a tossine ambientali, come la diossina.

Diagnosi di endometriosi

Diagnosticare l’endometriosi è spesso complesso sia per l’interpretazione dei sintomi che per il delicato percorso diagnostico che richiede. Il ginecologo valuterà in primis la storia personale e familiare del disturbo, prestando particolare attenzione ai sintomi.
 
Seguirà poi la visita ginecologica integrata con una ecografia preferibilmente transvaginale. Questo tipo di esame fornisce immagini dettagliate degli organi pelvici e permette di rilevare facilmente l’eventuale presenza di cisti endometriosiche (endometriomi) ove si accumula il materiale che deriva dalle micromestruazioni periodiche, al quale il tessuto va incontro sotto gli stimoli ormonali.
 
Non sempre sono però evidenti tali grossolane lesioni e, quando il sospetto è fondato per diagnosticare la presenza di piccole aree endometriosiche non rilevabili con gli attuali mezzi diagnostici, bisogna ricorrere alla laparoscopia. Si tratta di una procedura chirurgica minimamente invasiva, che prevede l’utilizzo di uno strumento capace di visualizzare gli organi pelvici tramite una fibra ottica. Essa viene inserita mediante una piccola incisione sulla parete addominale e rilevare così l’eventuale presenza di focolai endometriosici.

Infine, una dettagliata diagnosi di endometriosi include anche la stadiazione della malattia, che può essere classificata partendo dallo stadio I (lesioni minime e isolate) allo stadio IV (lesioni molteplici, superficiali e profonde con evidenti aderenze).

Endometriosi: cura

Purtroppo, trattandosi di una malattia cronica, non esiste ancora una definitiva cura per l'endometriosi. Il dolore, la perdita di energia, la depressione e i problemi di fertilità correlati possono essere gestiti con l'aiuto del ginecologo che si occupa specificamente delle varie problematiche associate di modo che la malattia non interferisca con la vita quotidiana.
 
Endometriosi e farmaci
 
Neppure i trattamenti farmacologici eliminano definitivamente l’endometriosi, poiché essa spesso recidiva nonostante le terapie. I farmaci antinfiammatori non steroidei, detti FANS, tra cui ibuprofene, chetoprofene, naprossene, possono essere utilizzati per alleviare il dolore e, nei casi meno gravi, spesso raggiungono l’obiettivo.

I contraccettivi orali combinati, ossia che contengono un estrogeno e un progestinico, vengono somministrati per sopprimere la funzione delle ovaie e, quindi, rallentare la crescita del tessuto endometriale ectopico, riducendo così il sanguinamento e il dolore. Possono essere assunti in modo continuo, specie se il dolore peggiora durante le mestruazioni. Oltre la classica pillola sono oggi a disposizione sul mercato estro-progestinici come i cerotti trasdermici che sfruttano l’assorbimento cutaneo, oppure l’anello vaginale.
 
Gli agonisti del fattore di rilascio delle gonadotropine (Gonadotropin Releasing Hormone, GnRH) sono in grado di bloccare lo stimolo che, partendo dall’ipofisi, induce le ovaie a produrre estrogeni e progestinici. Gli effetti collaterali degli agonisti del GnRH sono comparabili a quelli della menopausa: vampate di calore, rigidità articolare, sbalzi di umore e secchezza vaginale. Da aggiungersi agli effetti collaterali, se il trattamento supera i 4-6 mesi, una riduzione della densità ossea, che può predisporre all’osteoporosi. Per contrastare ciò, possono essere somministrate piccole dosi di un progestinico o un bifosfonato (come alendronato, ibandronato o risedronato).

Il danazolo è in grado di inibire l’ovulazione e di bloccare il ciclo mestruale. Gli importanti effetti collaterali, come l’aumento ponderale e la virilizzazione, ovvero maggiore peluria sul corpo, perdita dei capelli, riduzione del volume delle mammelle e abbassamento del tono della voce, ne hanno nel tempo limitato di molto il suo uso. Queste ultime categorie di farmaci sono di solito utilizzate solo se le donne non possono assumere contraccettivi orali combinati o quando il trattamento con questi ultimi è risultato inefficace.
 
Trattamenti chirurgici per l'endometriosi
 
Nei casi di pazienti con endometriosi da moderata a grave, il trattamento più efficace risulta essere la rimozione del tessuto endometriale ectopico e degli eventuali endometriomi per via chirurgica. La chirurgia è indicata nei casi in cui la terapia farmacologica non allevia il dolore addominale o pelvico grave, quando le aderenze causano sintomi gravi o ancora quando sono presenti endometriomi.
 
Gli interventi che sono volti alla salvaguardia degli organi dell’apparato riproduttivo femminile sono detti “conservativi”; sono chiamati, al contrario, “non conservativi” quelli in cui è necessario rimuovere organi o parti di organi.
 
Chirurgia conservativa per l'endometriosi
 
Solitamente, queste procedure chirurgiche vengono effettuate in laparoscopia, penetrando con una microtelecamera in cavità addominale grazie a una piccola incisione in prossimità dell’ombelico. Visualizzate così le lesioni endometriosiche, queste vengono rimosse con un elettrobisturi o un laser.

In altri casi, si può procedere con la chirurgia addominale che prevede l'apertura dell’addome. In ambedue le situazioni, il medico cerca di rimuovere quanto più tessuto endometriale ectopico possibile, salvaguardando le ovaie e l’utero e, di conseguenza, la fertilità della paziente. I risultati del trattamento chirurgico in termini ripristino della fertilità sono in relazione allo stadio della malattia e all’età della donna.

Se la malattia è lieve, si stima che il 40%-70% delle donne sottoposte a trattamento chirurgico riesce così ad ottenere successivamente una gravidanza. Ciononostante, la rimozione chirurgica del tessuto endometriale dislocato è una misura solo temporanea, infatti, nella maggior parte delle donne l’endometriosi è recidiva.
 
Chirurgia non conservativa
 
La rimozione del solo utero (isterectomia), è spesso indicata nelle pazienti che non hanno in programma gravidanze e nei casi in cui i farmaci non alleviano il dolore addominale o pelvico. Se oltre all’isterectomia si pratica anche l’annessiectomia bilaterale (asportazione delle ovaie), questo tipo di intervento viene effettuato se la paziente, di solito vicina alla menopausa, desidera un trattamento definitivo per eliminare completamente il disturbo, oppure se l’endometriosi ha frequenti recidive. 

Endometriosi e dieta

Diversi studi hanno dimostrato che esiste una relazione tra la dieta e la progressione dell’endometriosi. In particolare, un regime alimentare povero di nutrienti determina significative alterazioni del metabolismo dei lipidi, soprattutto degli steroidi, tra cui gli ormoni sessuali, e altera la normale regolazione dello stress ossidativo e dell’epigenetica dell’espressione genica: tutti meccanismi coinvolti nell’eziologia dell’endometriosi.
 
Al contrario, cibi che contrastano questi meccanismi patogenetici servono a potenziare gli effetti delle terapie messe in atto per la gestione della patologia e rappresentano degli adiuvanti fondamentali, su cui ogni paziente può agire in modo proattivo.
 
Endometriosi: cosa mangiare
 
È consigliabile che le pazienti che convivono con l’endometriosi aumentino il consumo di alimenti ricchi di fibre fino al 20%-30% per pasto. Le fibre possono essere introdotte assumendo frutta e verdura, legumi, cereali integrali, che contengono anche poco glutine, frutta secca e semi oleosi, che forniscono ferro e acidi grassi Omega 3 ad azione antiinfiammatoria.
 
Vanno preferiti alimenti di origine vegetale che, insieme ai legumi e ai cereali, contengono folati, metionina, vitamine B6, vitamina A, vitamina C e vitamina E, che agiscono a livello epigenetico influenzando l’espressione genica e le dinamiche di metilazione del DNA.
 
Frutta e verdura, alle quali si sommano tè, contengono anche polifenoli, come antocianine, flavonidi, isoflavonoidi, lignani e acidi idrossibenzoici, che, essendo in grado di modulare l’attività di enzimi coinvolti nel metabolismo delle specie reattive dell’ossigeno, possiedono un forte potere antiossidante.
 
È suggerito mangiare cibi che contengono acidi grassi omega 3 presenti nel pesce azzurro, come salmone, sgombro, aringhe, sardine. Nel dettaglio, una alimentazione ricca di acidi omega 3 sembra possa ridurre il dolore e l’infiammazione provocati dalle lesioni endometriosiche, favorendo così un miglioramento della qualità della vita delle pazienti.
 
Nutrienti come calcio, zinco, selenio, vitamine C ed E e composti bioattivi, come carotenoidi, flavonoidi, indoli e isotiocianati esercitano un effetto benefico, contrastando i meccanismi patologici che causano l’endometriosi, come il bilancio metabolico ormonale, la crescita cellulare e l’apoptosi.
 
Importante è anche fornire il corretto apporto di calcio, magnesio e vitamina D, per evitare la demineralizzazione ossea causata da alcune terapie mediche per l’endometriosi. Tutti questi alimenti diminuiscono l’infiammazione, aiutano la digestione e il buon funzionamento dell’intestino, e riducono gli estrogeni circolanti nel sangue.
 
Endometriosi: cosa non mangiare
 
Uno dei primi cibi dei quali sarebbe opportuno ridurre l’apporto è la carne rossa, perché, contenendo elevate concentrazioni di estradiolo e di estrone solfato, determina un incremento dei livelli di steroidi circolanti, sostenendo così la progressione della malattia.
 
La carne rossa, inoltre, contiene acido arachidonico, un acido grasso omega 6 che è il composto chimico alla base della sintesi di sostanze proinfiammatorie, quali prostaglandine, trombossani e leucotrieni, e diossina che interferisce negativamente sul sistema endocrino. Deve perciò essere preferita la carne bianca da allevamento controllato.
 
Alimenti di tipo industriale, come merendine, patatine, barrette, snack, biscotti e prodotti confezionati sarebbero da evitare in toto, data la massiccia presenza di grassi di tipo trans e idrogenati, che favoriscono la sintesi di molecole coinvolte nei processi infiammatori.
 
Ridurre poi al minimo i prodotti caseari e i latticini, per la presenza di caseina e lattosio, soprattutto se provengono da allevamenti non controllati per il loro alto contenuto di ormoni e di antibiotici.
 
Anche alimenti contenenti soia, come salsa di soia, tofu, seitan, edamame, sarebbero da escludere, a causa del loro contenuto di fitoestrogeni. Alimenti invece che sarebbero sempre da evitare sono alcolici, caffeina, ginseng, farine bianche e prodotti da forno raffinati, grassi saturi, zucchero bianco, dolci altamente zuccherini, avena e segale, per il loro alto contenuto di estrogeni.

Più recentemente sembra avere interessanti prospettive circa gli effetti nel contrastare il dolore e la progressione della malattia la terapia chetogenica VLCKD (very low calorie ketogenic diet) e la sua azione anti infiammatoria legata alla riduzione dei livelli di insulina circolante.
Prof. Giuseppe Nicodemo Medico Chirurgo
Prof. Giuseppe Nicodemo
andrologoginecologo

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