- innanzitutto, aumentano la congruenza tra i condili femorali (convessi) e i piatti tibiali (sostanzialmente piani), distribuendo così il carico in modo uniforme su tutta la superficie articolare;
- partecipano alla stabilità del ginocchio in modo sinergico con il legamenti;
- migliorano la distribuzione del liquido sinoviale sulla cartilagine articolare, facilitandone così la nutrizione.
Si comprende dunque come la rimozione completa di un menisco possa provocare, nel lungo periodo, una degenerazione artrosica precoce.
I menischi si fratturano solitamente per
traumi di tipo distorsivo. Una violenta rotazione del
femore sulla tibia a ginocchio semiflesso è il meccanismo traumatico più comune. In questo, caso la rima di frattura è netta e può essere descritta in base alla sua localizzazione (corno anteriore, corpo, corno posteriore) e al suo decorso: radiali, longitudinali e a flap, quest’ultime se sufficientemente estese, possono provocare la lussazione della porzione peduncolata di menisco.
Questo si traduce, sul piano clinico, nel
blocco dell'articolazione. A volte, il menisco non si frattura, ma si sfrangia in conseguenza dell'usura. Questa condizione, correttamente definita
meniscopatia degenerativa, non è una rottura meniscale propriamente detta, ma una sorta di anticamera dell'
artrosi.
Il più delle volte, in questi casi, il paziente nemmeno ricorda un evento traumatico.
La rottura meniscale, essendo un tipico infortunio sportivo (calcio, sci), interessa prevalentemente giovani e giovani-adulti attivi, specialmente se praticanti sport di contatto.
Al contrario, la meniscopatia degenerativa è una patologia tipica dell'età adulta e senile.
Sia per cause traumatiche, sia per cause degenerative, il menisco più spesso interessato è quello mediale: nel primo caso, perchè è quello più vincolato e quindi meno capace di adattarsi a sollecitazioni improvvise; nel secondo caso, perchè è quello sottoposto a maggior carico.
In acuto, la rottura di un menisco si presenta di solito con dolore, impotenza funzionale e un versamento (gonfiore) che cresce nell'arco di alcune ore. Se la frattura ha dislocato una porzione di menisco che ostacola il movimento, il ginocchio può sviluppare un blocco articolare che, se non si risolve spontaneamente entro qualche ora, richiede un trattamento chirurgico urgente.
In assenza di frammenti lussati e dunque di blocchi meniscali, i disturbi vanno gradualmente scemando entro 2-3 settimane, ma vengono solitamente risvegliati quando la porzione lesionata del menisco viene sollecitata (es. la flessione massima provoca dolore in presenza di una lesione del corno posteriore del menisco mediale). La meniscopatia degenerativa, al contrario, comporta di solito una sintomatologia subdola, con dolore dopo affaticamento e in massima flessione.
Raramente, si osserva un versamento significativo. Spesso, i disturbi ricalcano quelli di una
gonartrosi incipiente.
Il menisco è una struttura quasi completamente avascolare, cioè privo di vasi sanguigni, con la sola eccezione del margine periferico che si inserisce sulla capsula articolare. Questa situazione spiega perchè il menisco non sia capace di processi riparativi. Una lesione meniscale, in pratica, non può guarire.
Le fratture meniscali propriamente dette, ovvero quelle determinate da un trauma acuto su di un ginocchio in precedenza normale, meritano solitamente un trattamento chirurgico. Fanno eccezione alcune lesioni radiali perfettamente stabili che, superata la fase acuta della distorsione, non lasciano disturbi residui.
Il trattamento chirurgico è oggi prettamente artroscopico e non comporta mai la rimozione completa del menisco (praticata in passato, con note conseguenze quali l'artrosi precoce), bensì la sua regolarizzazione (meniscectomia selettiva).
Solo i frammenti instabili del menisco vengono asportati, mentre il tessuto sano viene scrupolosamente preservato. In casi estremamente selezionati, ovvero rotture periferiche recentissime in soggetti giovani, è possibile eseguire la sutura della lesione, poichè la zona periferica del menisco è l'unica vascolarizzata e quindi capace di risposta riparativa.
La protezione dal carico per 4-6 settimane e la successiva riabilitazione rendono inadatta questa metodica a pazienti che non siano fortemente motivati e collaboranti. La meniscopatia degenerativa non richiede solitamente alcun trattamento chirurgico, che potrebbe anzi rivelarsi controproducente.
La
viscosupplementazione locale offre al contrario un notevole beneficio. Questa terapia, di competenza prettamente specialistica, viene eseguita mediante una serie di 3-4
infiltrazioni endoarticolari di preparati a base di
acido ialuronico. La finalità della viscosupplementazione è il miglioramento della
lubrificazione del ginocchio e del trofismo delle cartilagini.
La terapia farmacologica è essenzialmente palliativa e dovrebbe essere impiegata, in modo possibilmente ciclico e non continuativo, per alleviare i disturbi nel paziente non candidato a terapia chirurgica.
La categoria farmacologica fondamentale è rappresentata dagli
antinfiammatori/
antidolorifici, mentre alcuni integratori dedicati (preparati a base di
glucosamine e composti analoghi) potrebbero avere un effetto benefico nel rallentare la degenerazione del tessuto cartilagineo, ma non vi sono ancora degli studi adeguati che confermino questa ipotesi.
Nelle forme caratterizzate da una significativa deviazione assiale (ginocchio varo o
valgo) e da iniziale sofferenza della cartilagine articolare, è possibile eseguire interventi correttivi (
osteotomie) che, riallineando l'arto, arrestino o rallentino le alterazioni degenerative.