Risposta a cura della dott.ssa Paola Proserpio, Centro di Medicina del Sonno, Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale Niguarda, Milano.
Buongiorno,
la prima cosa da dire è che chi soffre di
apnee notturne non deve mai sottovalutare il disturbo. Qualora ci fossero i campanelli d’allarme, come:
È bene parlarne con il proprio medico curante, per provare a effettuare un
test diagnostico, assolutamente non invasivo: la
polisonnografia.
Perché le ripetute e costanti
interruzioni del respiro nel sonno alterano il normale riposo e l’apporto di ossigeno all’organismo, verificandosi l’ostruzione delle vie aeree superiori. A lungo andare, questa condizione può diventare un fattore di rischio per le
malattie cardio-cerebrovascolari; secondo recenti studi, infatti, è stato evidenziato che chi ne soffre ha una più alta predisposizione a manifestare
aritmie, infarti cerebrali o
cardiaci,
ipertensione e
insufficienza cardiaca.
È stato dimostrato che le apnee notturne rappresentano un fattore di rischio indipendente per l’ictus ischemico, sia silente (caratterizzato da microinfarti cerebrali) sia sintomatologicamente evidente.
I meccanismi fisiopatogenetici alla base di questa relazione sono diversi, tra cui l’infiammazione, lo stress ossidativo, le alterazioni dell’emodinamica cerebrale e ancora l’ipertensione arteriosa e le aritmie cardiache.
Inoltre, sembra che il rischio aumenti proporzionalmente con la gravità del disturbo respiratorio in sonno.
Perché, dunque, restare nel dubbio?
Se presenti alcuni sintomi tipici delle apnee in sonno, non aspettare oltre: indaga. Nei casi severi, la terapia ventilatoria CPAP potrà aiutarti a star bene, a riposare meglio e a ridurre il rischio di patologie cerebro e cardiovascolari.