Dr. Tommaso Lupattelli, specialista in chirurgia vascolare.
Le emorroidi colpiscono un considerevole numero di pazienti (circa la metà della popolazione occidentale sopra i 50 anni è affetta da emorroidi nei vari stadi). Con il nome “emorroidi” vengono inclusi quei piccoli cuscinetti vascolari, localizzati a livello dell’ano, che tendono a ingrossarsi in modo anomalo e progressivo, e il cui rigonfiamento provoca spesso dolore, anche piuttosto marcato. Le emorroidi, quindi, si scatenano quando le pareti dei vasi venosi localizzati nel retto cominciano a dilatarsi, assumendo dimensioni e forme che non sono quelle fisiologiche.
L’affezione colpisce indifferentemente uomini e donne. Le persone con cattive abitudini alimentari e stile di vita poco corretto possono essere maggiormente predisposte alla patologia emorroidaria. Altre cause comuni sono la familiarità e la sedentarietà.
Emorroidi interne ed esterne
Le emorroidi vengono comunemente classificate in due tipologie: interne ed esterne.
Le emorroidi interne sono quelle dilatazioni che si sviluppano al di sopra degli sfinteri anali e, più precisamente, al di sotto della membrana mucosa. Le emorroidi esterne, invece, si sviluppano in prossimità o immediatamente sopra agli sfinteri e sono classicamente sottocutanee. Si caratterizzano per la consistenza molle, che tuttavia può spesso apparire dura alla palpazione, in particolare se la formazione di un coagulo al loro interno prende luogo.
Come si curano le emorroidi
I pazienti affetti da emorroidi possono essere trattati a livello medico, utilizzando alcuni presidi atti a ridurre l’infiammazione e, di conseguenza, il dolore e il fastidio che ne derivano. I farmaci utilizzati sono generalmente a uso topico; quelli maggiormente impiegati rispondono al nome di corticosteroidi, in particolare l’idrocortisone.
Altra categoria di farmaci ampiamente utilizzati sono gli anestetici locali. Tuttavia, questi presidi non comportano nessuna azione sulla causa d’origine riuscendo, quindi, e in maniera variabile, solamente a lenire temporaneamente i dolori associati alla patologia.
Purtroppo, con il passare del tempo questi tipi di terapia conservativa non riescono più a limitare l’avanzamento della patologia. Quando dal primo e dal secondo stadio la patologia evolve verso il terzo o addirittura il quarto e ultimo stadio il trattamento chirurgico diventa inevitabilmente una scelta obbligata.
Trattamento di embolizzazione
Oggi finalmente è possibile evitare di sottoporsi alla chirurgia (che in quanto a chirurgia risulta purtroppo ancora invasiva e dolorosa), grazie all’avvento di una nuova tecnica mininvasiva. Questa tecnica consente di curare le emorroidi, senza né tagli né bisturi e in completa assenza di sintomatologia dolorosa.
L’intervento consiste nell’avanzamento di un piccolissimo catetere (ovvero un tubicino di materiale simil-plastica) proprio all’interno dell’arteria rettale superiore (vera tributaria delle dilatazioni emorroidarie), che viene poi occlusa mediante piccole clip di metallo (propriamente dette spirali). Tecnicamente, la chiusura del vaso arterioso prende appunto il nome di “embolizzazione“.
L’accesso all’arteria rettale superiore (ramo della mesenterica inferiore) si esegue attraverso una puntura di un’arteria, chiamata arteria femorale, situata nella zona inguinale. Dall’arteria femorale il cateterino viene veicolato agevolmente fino all’interno dell’arteria rettale superiore. L’intervento può essere effettuato anche utilizzando in alternativa un accesso a livello del polso (si utilizzerà in questo caso l’arteria radiale). A distanza di 48 ore dall’intervento, sarà anche difficile individuare sulla cute qualsiasi segno dell’avvenuto accesso (questo a dimostrazione di quanto, appunto, sia realmente mininvasivo il metodo in questione).
Dopo una corretta embolizzazione si assiste a una subitanea decongestione del circolo venoso patologico, con conseguente marcata diminuzione del dolore correlato. Il minintervento viene eseguito in anestesia locale all’inguine o al polso e la totalità della procedura (così come il post-operatorio) risulta completamente indolore. Il paziente rimane in ossevazione meno di 24 ore per poi essere dimesso in assenza di qualsiasi terapia farmacologica di supporto.
La percentuale di successo è molto alta e i pazienti trattati fino ad ora hanno mostrato un altissimo grado di soddisfazione. Grazie all’embolizzazione, le emorroidi non rappresentano più un ostacolo insormontabile e, soprattutto, non si assiste minimamente più a quella sintomatologia dolorosa che purtroppo caratterizza ancora il post operatorio dell’intervento chirurgico tradizionale.