Negli ultimi 10-15 anni, abbiamo assistito a una crescita esponenziale nello sviluppo dei test genetici in tutto il mondo. Molti di questi test risultano vantaggiosi per i pazienti e utili per la sanità in genere.
Un test che si è mostrato particolarmente utile è il test genetico per le mutazioni dei geni BRCA1 o BRCA2, che permette di avere informazioni sul rischio di sviluppo di cellule tumorali.
In tutt’altro campo, stanno avendo grande diffusione i test genetici per la valutazione della salute del feto in gravidanza, noti come NIPT.
Che cos’è il NIPT?
Il NIPT è uno screening prenatale non invasivo (dall’inglese Non Invasive Prenatal Test), basato sull’analisi del DNA nel sangue materno, che contiene piccole quantità del DNA fetale e permette di riconoscere già durante la gravidanza le più comuni anomalie cromosomiche fetali:
- Trisomia 21, nota anche come sindrome di Down
- Trisomia 18, sindrome di Edwards
- Trisomia 13, sindrome di Patau
Inoltre, tale test può determinare anche il sesso del nascituro.
L’affidabilità del test è molto elevata, attorno al 99%.
Come si esegue?
Il NIPT si esegue attraverso l’analisi del sangue materno, dopo un prelievo di 10 cc di sangue periferico, eseguito intorno alla 13esima settimana di gestazione. I risultati dell’esame si hanno in poco più di una settimana.
Cosa si sapeva 5 anni fa del NIPT?
Quando fu presentato, il NIPT fu descritto come un test del DNA su cellule fetali. In realtà, il DNA che si ottiene dal sangue materno proviene dalla placenta e, a causa di un fenomeno noto come MCP (Mosaicismo Confinato alla Placenta), è possibile che alcune cellule della placenta presentino una terza copia del cromosoma 21 anche se il feto non è affetto da sindrome di Down. Vi è pertanto una piccolissima possibilità che il test dia un risultato “falso positivo”.
Grazie ai progressi delle procedure e strumentazioni di analisi del DNA, oggi la probabilità di un errore del genere è scesa sotto l’1%.
Cosa si sa del NIPT oggi?
Oggi, il test prenatale per la sindrome di Down risulta essere un efficace test di screening del DNA della placenta, particolarmente utile nella popolazione ad alto rischio e che ha il merito di aver ridotto il numero delle procedure invasive, come l’amniocentesi, potenziale causa di aborti.
Anche in questo caso l’informazione deve costituire la base fondante del rapporto tra medico e paziente, in modo che quest’ultima abbia una reale possibilità di scelta consapevole, data in particolare la difficoltà di una tale scelta in questi casi. Sarebbe opportuno che venisse offerto un servizio di consulenza da parte del personale sanitario a tutti i pazienti che si ritrovano a dover affrontare decisioni difficili e con effetti permanenti, come la scelta tra amniocentesi o NIPT.
In quali casi gli specialisti lo consigliano?
Il NIPT è consigliato soprattutto nei casi in cui vi sia un rischio di anomalia cromosomica fetale, a causa dell’età avanzata della madre o altri fattori di rischio, in particolare se si è ottenuta una positività ai test di screening del primo o secondo trimestre (test non genetici, basati su esame di alcuni parametri del sangue materno e dell’ecografia fetale). Il test è in particolare indicato nei casi in cui un intervento invasivo di diagnosi prenatale (amniocentesi, villi coriali) sia sconsigliabile, come ad esempio:
- tramite fecondazione assistita;
- alto rischio di aborto.
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