La Teoria della Mente e il Disturbo dello Spettro Autistico

Valerio Gestri | Blogger

Ultimo aggiornamento – 05 Marzo, 2020

Autismo: teoria della mente

La variazione dei deficit cognitivi nei soggetti con un disturbo dello spettro autistico (ASD) rappresenta una sfida per lo sviluppo di alcune nuove teorie. Negli ultimi venti anni, i ricercatori di psicologia hanno tentato di sviluppare teorie unificanti sul deficit centrale presente negli individui con ASD.

Nonostante le ricerche in queste aree sia molto diffusa tra i medici, non esiste ancora una teoria che possa spiegare veramente tutti i comportamenti esibiti da un particolare individuo con ASD. Una migliore chiarezza dei deficit può aiutare a comprendere meglio come affrontare questo problema.

La teoria della mente: le emozioni e l’autismo

La Teoria della Mente, sviluppata da Simon Baren Cohen, si riferisce al fatto che molti individui autistici non riescano a capire che le altre persone hanno i propri piani, pensieri e punti di vista. Inoltre, sembra che essi abbiano difficoltà a comprendere gli atteggiamenti, le emozioni e i pensieri degli altri.

Molte delle attività utilizzate per valutare questa teoria sono state svolte con bambini non autistici e con ritardi mentali, ma la Teoria della Mente sembra essere dedicata solo alle persone con autismo. Inoltre, questa Teoria pare sia indipendente dall’intelligenza, anche se le persone con la sindrome di Asperger presentano questo problema in misura minore.

È interessante notare che le persone autistiche hanno difficoltà a comprendere quando gli altri non sanno qualcosa.
Non riescono a capire che la gente potrebbe avere un’opinione diversa dalla loro e, per questo e per altri fattori, molti individui autistici possono avere problemi nell’ambito sociale e comunicativo. Infatti, essi non possono essere in grado di anticipare ciò che gli altri potrebbero dire o fare in varie situazioni.

Inoltre, potrebbero avere difficoltà a comprendere che anche i loro coetanei o compagni di classe hanno dei pensieri e delle emozioni, quindi possono sembrare egocentrici, eccentrici, o indifferenti. Anche se questa è una visione egocentrica del mondo, non c’è niente nella Teoria della Mente che conduca al fatto che le persone affette da autismo si sentano superiori alle altre.

La domanda fondamentale è: come si fa a insegnare agli individui con autismo a capire e riconoscere i pensieri e i sentimenti degli altri?

Uno dei metodi utilizzati per insegnare alle persone autistiche a capire il loro mondo interiore e quello degli altri potrebbe essere quello di far sentire loro delle “social stories”, cercando di coinvolgerli nelle storie delle altre persone, attraverso dei racconti di vita. Queste storie possono motivarli a iniziare a fare domande su altre persone.

Quindi, l’insegnamento esplicito riguardo alle modalità di comprendere le emozioni degli altri e su come risolvere problemi nell’ambito sociale è una necessità per le persone con disturbo dello spettro autistico. Strategie, come il disegno o la rappresentazione grafica, i giochi di ruolo, o le “social stories” servono molto per imparare a capire gli stati emotivi e i comportamenti appropriati nelle varie situazioni.

Inoltre, i genitori e gli insegnanti che sono continuamente a contatto con i bambini con autismo dovrebbero fare attenzione a non dare loro la colpa per dei comportamenti che non riescono a comprendere pienamente.

La Teoria della Mente, quindi, sta alla base del Disturbo dello Spettro Autistico e comprende molti dei deficit comuni, come la comunicazione intenzionale, la finzione nel gioco, le emozioni e i pensieri degli altri.

Rispetto ai loro coetanei, i ragazzi con autismo non riescono a svolgere bene i compiti che richiedono la “lettura della mente“.

Nello specifico, gli individui autistici hanno difficoltà a:

  • spiegare i propri comportamenti
  • capire le proprie emozioni
  • prevedere i comportamenti o lo stato emotivo degli altri
  • comprendere le prospettive e le intenzioni degli altri
  • fare una differenza tra realtà e finzione

Per capire meglio questi concetti, facciamo un esempio.

Per raccontare una storia a un bambino, spesso bastano dei semplici oggetti, come un cestino, delle bambole, delle biglie o una scatola. L’esempio di Sally e Anna è ormai famoso negli studi di settore.

Sally ha nascosto una biglia in un cestino prima di uscire a camminare. Anna, mentre Sally è fuori, sposta la biglia, mettendola nella scatola. Quando Sally torna, dove andrà a cercare la biglia? Negli individui autistici, la risposta sarà “nella scatola”, non tenendo conto della falsa credenza di Sally.

Da due anni in poi, i bambini infatti sviluppano la capacità di giocare in modo simbolico o di finzione, facendo finta che riproduca la realtà. Invece, un bambino autistico non è in grado di eliminare dalla propria mente il contenuto vero per applicarvi sopra quello falso.

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Scritto da Valerio Gestri | Blogger

Laureato in Lettere Moderne, ho una pluriennale esperienza nella redazione di contenuti. Dopo aver lavorato come redattore cartaceo e multimediale, collaboro come freelance, coltivando le mie passioni: la scrittura e l'informazione!.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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