Una doccia fredda per combattere la Sla e svegliare l’opinione pubblica

Alessandra Lucivero

Ultimo aggiornamento – 25 Agosto, 2014

La Sclerosi laterale amiotrofica, meglio conosciuta come Sla, è una grave patologia neurodegenerativa che attacca i neuroni motori, rendendo impossibili lentamente tutti i movimenti sino a colpire la respirazione.

In queste ultime settimane, i riflettori dei social network sono stati puntati sulla malattia, grazie al fenomeno virale dell’Ice Bucket Challenge anti SLA, una catena di docce fredde che hanno coinvolto nomi celebri del panorama internazionale così portati a fare delle donazioni destinate alla ricerca nella lotta contro la malattia.

Una doccia fredda, insomma, per lavare via tutti i timori e svegliare l’opinione pubblica e fare il punto sulla situazione attuale, sui progressi scientifici in atto. Ad oggi la Sla si può rallentare, non curare. Ma cosa si può e deve fare per evitare che la patologia colpisca in maniera aggressiva?

L’importanza di una diagnosi precoce

Per prima cosa, una diagnosi precoce può fare la differenza, come sostiene da sempre il dr. Giancarlo Comi, direttore del dipartimento di Neurologia del San Raffaele di Milano e  riferimento internazionale per la ricerca contro la Sla. Diagnosticare la patologia non è semplice. È necessario che il paziente che avverte i primi sintomi, come debolezza e atrofia muscolare, si rivolga a un neurologo per effettuare una elettromiografia ed escludere altre malattie neurologiche. Purtroppo, dai dati emerge il fatto che oggi, nel 15% dei casi, la diagnosi corretta arriva dopo un anno. Agendo in fretta si può ritardare la degenerazione e impedire ai neuroni di arrestarsi entro 3 o 4 anni.

Quali sono i casi in Italia?

Ogni anno si registrano più di 1.700 casi di pazienti colpiti tra i 40 e i 70 anni per un totale di 6mila. I costi legati alla malattia sono alti, come si può ben immaginare. Secondo la Fiaso, (Federazione italiana delle aziende sanitarie ed ospedaliere), corrispondono a oltre 15 mila euro all’anno nella fase iniziale e 65 mila alla fine. In Italia, inoltre, si riscontrano diversi casi di malati di Sla tra gli sportivi, ex calciatori.

Quali sono le cause della Sla?

Il medico francese Jean-Martin Charcot a metà dell’Ottocento scoprì la malattia per la prima volta e, dal quel momento, si stanno studiano le possibili cause della Sla. Di certo diversi sono i fattori che incidono sulla patologia, come:

  • eccesso di glutammato, un aminoacido neurotrasmettitore
  • familiarità e quindi predisposizione genetica
  • fattori ambientali tossici, come il contatto frequente con mercurio o piombo

Come combattere la malattia?

La lotta contro la Sla è una dura battaglia ancora in atto. Il riluzolo è un farmaco che riduce i livelli di glutammato, allungando la sopravvivenza dei pazienti. In questi ultimi anni la ricerca si sta concentrando molto sulla genetica, come strada giusta da seguire per trovare la cura. Uno studio italo-nordamericano su un gene mutato, il C9orf72, ha portato alla sperimentazione di tre molecole che potrebbero essere in grado di ri-modificare il gene.

Per rendere più serena la vita dei pazienti, come imprigionati nel loro corpo, intanto che la ricerca va avanti si sono brevettati una serie di ausili tecnologici, come software che gestiscono attraverso comandi cerebrali, vocali e oculari i dispositivi in casa.

L’impegno è tanto e l’obiettivo è uno: curare la Sla. L’Aisla, l’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, è sempre in primo piano per sensibilizzare l’opinione pubblica e aiutare la ricerca con nuovi fondi. Per fare qualcosa e contribuire alla causa a volte basta poco, a volte anche solo una doccia fredda.

 

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Scritto da Alessandra Lucivero

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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