Dr.ssa Valentina Fratoni, specialista in Nutrizione
In questi giorni, sentiamo parlare, non con poche preoccupazioni di “sindrome sgombroide“, un disturbo che si presenta dopo il consumo di alcuni tipi di pesce (sgombro, tonno, sardina, ecc.), laddove è presente una elevata quantità di istamina.
Abbiamo chiesto alla dr.ssa Valentina Fratoni, nutrizionista, di spiegarci di cosa si tratta e cosa fare per prevenire il disturbo.
Cos’è la sindrome sgombroide
Si tratta di un’intossicazione alimentare dovuta all’ingestione di prodotti ittici alterati o non opportunamente conservati, in cui i maggiori responsabili sono: tonno, sgombro, sardina, acciuga, aringa e altre specie migratorie.
È coinvolta nella sindrome sgombroide, detta anche Histamine Fish Poisoning (HPF), la sgombrotossina che si produce al momento della decomposizione delle carni dei pesci, che per loro natura presentano alte concentrazioni dell’amminoacido istidina.
L’istidina è il precursore dell’aminoacido istamina, sostanza fisiologicamente presente nel nostro corpo che viene liberata nel corso di reazioni allergiche, provocando sintomi quali prurito, eruzioni cutanee e difficoltà respiratorie.
Durante episodi di intossicazione alimentare, legati all’ingestione di prodotti ricchi di istamina, come nel caso dei prodotti ittici su citati, ecco che si può facilmente scatenare una sintomatologia analoga a quella di una reazione allergica.
Anche se il nostro intestino, coadiuvato dal fegato, è in grado di inattivare l’istamina di origine alimentare, è presente comunque una tolleranza individuale verso questo aminoacido, tale per cui alcuni individui tenderanno a manifestare le tipiche reazioni allergiche a seguito dell’ingestione di determinati alimenti ricchi di istamina.
Va precisato che una volta presente all’interno dell’alimento, l’istamina non viene più degradata, neanche attraverso la cottura o a seguito di tecniche di conservazione (congelazione, inscatolamento, affumicatura). Inoltre, il pesce “contaminato” non presenta alterazioni organolettiche che ne attestino la possibile tossicità, rendendo quindi rischiosa anche una ingestione modesta.
Sindrome sgombroide: i sintomi
I sintomi compaiono di solito a breve distanza dall’ingestione del pesce ricco di istamina (da 10-30 minuti a 2-3 ore).
Le prime manifestazioni sono:
- eritema
- cefalea
- crampi addominali
- nausea
- diarrea
- palpitazioni
- vomito
Talvolta, si manifesta anche iperpiressia (febbre alta), tachicardia e ipotensione o ipertensione. I soggetti asmatici possono andare incontro a dispnea (difficoltà respiratoria) o broncospasmo.
Solitamente, la sintomatologia permane per quattro-sei ore, raramente si protrae per più di un giorno.
Cure per il “mal di sushi”
La cura impiegata per la sindrome sgombroide prevede il comune impiego di antistaminici; raramente sono necessari dei broncodilatatori.
La sindrome sgombroide, se risulta essere facilmente superabile dai soggetti sani, potrebbe rivelarsi invece pericolosa per coloro che soffrono di cardiopatie e/o insufficienza respiratoria, per i quali potrebbe essere necessario intervenire con adrenalina (farmaco salvavita).
Sicuramente, la miglior cura è prevenire il manifestarsi dell’intossicazione prestando estrema attenzione al pesce che compriamo e mangiamo, rispettando le corrette modalità di conservazione e di gestione del prodotto in base alle norme vigenti (HACCP).
Le attenzioni da prestare in ambito domestico prevedono la verifica della freschezza del prodotto acquistato, procedendo all’eliminazione di quello alterato, il rispetto del mantenimento della catena del freddo, utilizzando le apposite borse termiche per il trasporto dal supermercato alla propria casa.
È, inoltre, importante evitare di ricongelare prodotti scongelati, rispettare le date di scadenza riportate nelle confezioni e, una volta che una confezione è stata aperta, avere l’accortezza di consumare il prodotto entro pochi giorni.