Essere sudati è una condizione spiacevole e fastidiosa per la maggior parte di noi. Appiccicaticci, con gli abiti bagnati e, a volte, con un odore non proprio gradevole. Ne faremmo volentieri a meno se potessimo e, tra i prodotti per l’igiene personale, quello capace di liberarci veramente dal sudore è più introvabile del Santo Graal.
Eppure dobbiamo sapere che non solo non possiamo e non potremo mai liberarci dal sudore, che è una condizione fondamentale per garantire l’equilibrio metabolico dell’organismo, ma potremo, tra non molto, aver bisogno di sudare anche quando non ci sono le condizioni per farlo.
Come il sudore può aiutarci a monitorare la salute
Un nuovo apparecchio indossabile o, meglio, una piccola patch adesiva capace di analizzare il sudore, ci potrà fornire tutte le informazioni mediche sul nostro stato di salute che oggi dobbiamo procuraci attraverso una lunga serie di esami, come quelli del sangue o delle urine.
Che il sudore sia una fonte di informazioni molto importante lo si sa da moltissimi anni. Il test del sudore, con misurazione dei valori di sodio e cloruri presenti, viene usato dal 1959 nei bambini a rischio di fibrosi cistica e, già dagli anni 70, i medici sanno che le informazioni che il sudore può fornire sullo stato di salute, sull’assorbimento di farmaci o sul metabolismo, sono maggiori e altrettanto accurate di quelle dei test oggi in uso.
Il problema è che il sudore è difficilmente trasportabile e conservabile, cosa che ha reso impossibile il suo utilizzo a fini diagnostici, lasciandoci l’obbligo di sottoporci agli esami del sangue e alla batteria di test di routine.
Fino ad oggi almeno, perché lo sviluppo delle tecnologie elettroniche applicate alla medicina potrebbe aver risolto il problema alla radice, superando le necessità di trasportare e conservare il sudore e rendendo inutili i laboratori.
Come sfruttare al meglio le potenzialità del sudore?
Un piccolo adesivo simile a un cerotto e uno smartphone saranno più che sufficienti per monitorare la nostra salute, analizzando il sudore e restituendoci, in tempo reale, i valori. La patch, sviluppata presso l’Università di Cincinnati, utilizza una speciale carta microfluidica per favorire la traspirazione dalla pelle che viene filtrata da una membrana in grado di selezionare e trattenere uno specifico ione, come ad esempio il sodio. Un chip presente sulla patch e connesso alla membrana calcola la concentrazione di ioni e invia i dati a uno smartphone. Chip ed elettronica sono alimentati esternamente dallo smartphone come i sistemi RFID, radio frequency identification più conosciuti come i chip sottopelle, ma, in quanto a flessibilità, sono più vicini alla recente famiglia delle tecnologie NFC – Near Field Communication – quelle, per intenderci, dei nuovi sistemi di pagamento contactless.
Queste patch sono state testate per la prima volta in una versione specifica per gli atleti professionisti.
In particolare, gli ideatori hanno puntato sul monitoraggio della fatica, per individuare il punto critico di disidratazione ed evitare sia i crampi che un vero e proprio crollo fisico. Il test ha misurato la quantità degli elettroliti presenti nel sudore durante le diverse fasi dello sforzo fisico.
Il sudore contiene molti ioni elettricamente carichi di sostanze, come cloro, potassio e sodio, dei quali viene valutata la concentrazione millimolare, cioè la quantità di sostanza presente in soluzione. La misura, ad esempio, può indicare l’approssimarsi di una condizione di disidratazione che, sugli atleti in fase di sforzo, provoca crampi.
Per ottenere i valori di riferimento è necessario correlare i valori di questa sostanza normalmente trovati nel sangue con i valori registrati dall’analisi del sudore. Poiché l’analisi è di tipo dinamico, la cosa è piuttosto complicata. Un’ulteriore complicazione, non di poco conto, è che, per evitare misurazioni errate, il sudore analizzato deve essere completamente smaltito prima di effettuare una nuova analisi.
Il modello attuale del dispositivo è già in grado di contenere diversi sensori utili ad analizzare i principali elettroliti presenti nel sudore, sono stati ampiamente testati quelli per il sodio e il potassio ma, poiché il sudore è molto ricco di ioni che potrebbero fornire informazioni decisive per la salute, è già in corso di preparazione un “cerotto 2.0” in grado di contenere molti più sensori.
Giusto a titolo informativo, infatti, può essere utile ricordare che il sudore contiene:
- elettroliti: sodio, cloruro, potassio, calcio
- metaboliti: lattato, creatinina, glucosio
Nel sudore si trovano anche: acido urico, piccole molecole, aminoacidi, DHEA, cortisolo, proteine, interleuchine, fattore di necrosi tumorale e neuropeptidi.
Tra i sensori più importanti già realizzati c’è quello per il lattato, molto importante per misurare il livello di acido lattico, mentre sembra ancora lontano il sensore per il glucosio. Per misurare i metaboliti, i ricercatori hanno rivestito l’elettrodo con materiale contenente l’enzima specifico per quel metabolita, come la lattato ossidasi per il lattato.
Il cerotto 2.0 avrà anche la possibilità di individuare e misurare i biomarkers
Rispetto a ioni e metaboliti, molti dei biomarcatori su cui i medici basano le diagnosi sono molto più difficili da individuare perché si trovano nel sangue e sudore in concentrazioni molari piccolissime, addirittura in concentrazioni nanomolari o picomolari. Ma rilevare la loro presenza nel sudore è tuttavia possibile, e i relativi sensori dovrebbero essere disponibili in breve tempo.
La stessa cosa non può dirsi per la misurazione delle citochine. Le cellule rilasciano citochine per una serie di eventi come traumi, infezioni e lesioni tumorali. Ad esempio, la concentrazione di una citochina chiamata interleuchina 6 (IL-6) può aumentare fino a mille volte durante un’infezione. Secondo una recente ricerca la concentrazione di citochine, in particolare l’interleuchina 6, è la stessa nel sangue e nel sudore e questo renderebbe teoricamente possibile inserirla nelle misurazioni effettuate tramite patch epidermica.
Purtroppo, lo strumento più piccolo che effettua queste misurazioni, attualmente disponibile, è grande come una valigia.
La sfida più impegnativa della seconda fase dello studio comporta proprio la realizzazione di un sensore per l’IL6 e le citochine e, viste le ridottissime quantità rilevabili, la sfida verrà giocata tutta sull’utilizzo delle nanotecnologie.
Articolo a cura di Jason Heikenfeld
Jason Heikenfeld è un professore di ingegneria elettrica e direttore del Laboratorio di nuovi dispositivi presso l’Università di Cincinnati. È anche fondatore di Gamma Dinamica, e autore dell’articolo “Il Display elettronico del futuro”. Ricercatore avido, Heikenfeld ha recentemente focalizzato la sua attenzione sulle potenzialità del sudore in ambito diagnostico.