La variante Omicron sta infettando sia persone guarite da Covid-19 che vaccinati, a causa delle mutazioni che caratterizzano il suo materiale genetico. Molte sono le questioni che questa nuova VOC (Variant of Concern – Variante di Preoccupazione) di SARS-CoV-2 sta suscitando e una di queste è relativa alla possibilità di re-infezione con la stessa variante Omicron da parte di una persona.
Alfa, Delta e Omicron: le varianti del Covid-19
La variante Omicron (B.1.1.529) del coronavirus SARS-CoV-2, inizialmente identificata in Sudafrica, è ormai la variante predominate diffusa in Italia ed ha oscurato la precedente, la Delta (B.1.617.2), inizialmente chiamata variante Indiana, che, a sua volta, aveva soppiantato la variante Alfa (B.1.1.7), detta variante inglese, che aveva guidato i contagi nell’inverno 2020-21.
Ciò dipende dalle caratteristiche della nuova VOC che mostra una velocità di trasmissione maggiore rispetto alle precedenti varianti, grazie a più di 30 mutazioni sulla proteina Spike, ovvero la proteina di superficie che usa il virus per legarsi alle cellule umane e penetrare nelle cellule dell’ospite per infettarle. Inoltre, questo profilo genetico permette alla variante Omicron di eludere, almeno in parte, le difese anticorpali indotte dei vaccini, che restano comunque molto protettivi contro la malattia grave e la morte, e quelle indotte da un precedente contagio.
Secondo uno studio condotto da scienziati del Jameel Institute dell'Imperial College di Londra, il rischio di reinfezione della variante Omicron (B.1.1.529) è oltre cinque volte maggiore rispetto a quello della variante Delta (B.1.617.2) che, attualmente, sta guidando la quarta ondata di contagi.
Reinfezione: cos’è e qual è il rischio?
Per reinfezione si intende un’infezione da parte dello stesso patogeno, virus o batterio, quando risulta un tampone positivo per SARS-CoV-2, per esempio, ad almeno 90 giorni dalla negativizzazione legata a una precedente infezione. Poiché la variante Omicron si è diffusa nella provincia di Gauteng, in Sudafrica, alla fine di novembre ed è cominciata a circolare nel nostro Paese da dicembre circa, al momento nessuno può essere considerato reinfettato, poiché è necessario attendere il mese di febbraio.
Per quanto concerne il rischio di reinfezione con la stessa variante, il dottor Amesh Adalja, membro del Johns Hopkins Center for Health Security, ha dichiarato che al momento ancora non si è sicuri di quale livello di immunità venga conferito dal contagio della variante Omicron, tuttavia ritiene possibile che nel tempo sia possibile essere reinfettati dallo stesso ceppo, ma che i dati ad ora disponibili sono pochi data la recente identificazione di questa VOC.
Sul rischio di reinfezione da variante Omicron si è espresso anche il professor Mario Clerici, docente di Immunologia presso l'Università Statale di Milano, secondo il quale il rischio è da escludere in quanto la risposta immune, con anticorpi e con linfociti T, è potente e specifica per il virus con cui si viene a contatto, quindi è molto improbabile una nuova infezione da Omicron, se effettivamente si è stati contagiati da Omicron. Si potrà invece contrarre un’infezione da un’altra variante, magari Delta o qualche nuovo ceppo mutato, che potrà emergere nei prossimi mesi, scenario piuttosto probabile finché il virus continuerà a circolare.
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In conclusione...
Alla luce dei dati e delle conoscenze ad oggi disponibili, risulta probabile, o quanto meno possibile, ricontagiarsi con varianti differenti di SARS-Cov-2 proprio in virtù delle mutazioni che possono eludere, almeno in parte, le difese immunitarie ma, innanzi al medesimo ceppo, il nostro sistema conserva una memoria immunologica specifica e robusta.
Ri-contagiarsi con la stessa variante risulta dunque un'eventualità molto remota, anche se si può escludere del tutto dopo un certo periodo di tempo. Sempre secondo il professor Clerici, in futuro qualcuno potrà pure essere re-infettato dallo stesso ceppo, ma non se ne accorgerà grazie al lavoro delle cellule T.