Perché nei ciechi si sviluppano maggiormente gli altri sensi?

Elena Marchesi | Biologa e ricercatrice

Ultimo aggiornamento – 30 Marzo, 2017

cecità: l'importanza di sfruttare gli altri sensi

Una nuova ricerca mira a mostrare come il cervello compensi la cecità. In particolare, questo studio evidenzia che chi perde la vista prima dei 3 anni d’età presenta alterazioni neurologiche a lungo termine e – in un secondo momento – miglioramenti negli altri sensi.

Che tipi di cecità esistono?

Esistono due tipi di cecità:

  • completa, se non si è in grado di vedere nulla;
  • parziale, se la vista è offuscata ma si è comunque in grado di distinguere le forme degli oggetti.

Cosa comporta la cecità?

Gli individui affetti da cecità riescono solitamente a condurre una vita normale nonostante questa condizione. In caso di cecità parziale, solitamente si seguono indicazioni ben precise per riuscire a convivere con una capacità di vedere limitata. Alcuni esempi possono essere:

  • utilizzare una lente d’ingrandimento;
  • ingrandire i caratteri del computer o del telefono;
  • ascoltare audiobook.

In caso di cecità completa, invece, è necessario avere un approccio alla vita nuovo, che include lo sviluppo di nuove abilità. Tra queste:

  • imparare a leggere in Braille;
  • avvalersi di un cane per non vedenti;
  • memorizzare la tastiera del telefono e del computer;
  • organizzare gli spazi, in modo da trovare facilmente gli oggetti.

In ogni caso, è risaputo che i soggetti che perdono un senso (o che lo presentano in modo significativamente ridotto), compensano questo deficit sviluppando gli altri sensi.

Come si spiega questa capacità dei ciechi?

Già a partire dal 18° secolo, il filosofo Denis Diderot ha scritto con ammirazione di un matematico cieco in grado di distinguere le monete reali da quelle false semplicemente toccandole.

Infatti, nonostante la capacità del cervello di compensare la cecità sia oramai nota, fino agli anni ’90 non era così. Questa abilità è infatti stata dimostrate solo in quegli anni grazie all’imaging celebrale. Ancora oggi i cambiamenti precisi che avvengono nel cervello sono ancora noti. Sono comunque state ricavate alcune osservazioni da diverse ricerche.

Ad esempio, uno studio condotto nel 2009 presso il Laboratorio di Neuroimaging dell’Università della California – Los Angeles ha scoperto solo alcuni dettagli. Grazie all’utilizzo di tecniche di imaging, infatti, si è potuto osservare che le regioni visive del cervello nei non vedenti erano molto piccole, se comparate con le stesse regioni nei soggetti con una vista normale; nonostante ciò, le aree non visive erano più grandi in termini di volume.

Cosa ha scoperto una nuova ricerca sulla cecità?

Un recente studio è stato condotto dai ricercatori del Massachusetts Eye and Ear ed è stato pubblicato da PLOS One. Il suo scopo è quello di classificare questi cambiamenti cerebrali in modo più dettagliato.

Per la prima volta, infatti, sono state studiate le modifiche strutturali, funzionali e anatomiche del cervello e – successivamente – è stato messo a confronto il cervello delle persone non vedenti con quello di persone vedenti.

Per avere un quadro dei cambiamenti cerebrali che si presentano, il team ha seguito 28 partecipanti, di cui:

  • 12 ciechi dalla nascita o diventati tale prima dei 3 anni d’età;
  • 16 dalla vista normale.

Eseguendo scansioni cerebrali, gli individui con cecità precoce presentavano evidenti variazioni connettivali di struttura e funzione, le quali potevano essere addirittura misurate. Le stesse non erano presenti nel gruppo di controllo costituito dai vedenti.

Tali variazioni hanno sorpreso anche gli stessi ricercatori, tanto che la dott.ssa Corinna M. Bauer, oculista presso la Harvard Medical School di Boston e autrice principale dello studio, ha commentato: “I nostri risultati dimostrano che le modifiche cerebrali evidenziate si verificano in seguito alla cecità oculare precoce, potrebbero essere più diffuse di quanto inizialmente sospettato”.

In seguito, ha aggiunto: “Abbiamo osservato variazioni significative non solo nella corteccia occipitale (dove è elaborata la visione), ma anche nelle zone coinvolte nella memoria, nell’elaborazione del linguaggio e delle funzioni motorie sensoriali”.

Da cosa derivano questi cambiamenti?

Questi cambiamenti sono dovuti alla neuroplasticità del cervello, ossia la sua capacità di reagire e cambiare a seconda dell’ambiente con il quale interagisce. Il cervello, infatti, è in grado di modificarsi quando non ha informazioni visibili.

A cosa potrebbe portare questa scoperta?

Questa affascinante scoperta potrebbe aiutare nel trattamento della cecità. Ad esempio, si potrebbe migliorare la riabilitazione di soggetti diventati non vedenti insegnando loro come compensare la mancanza di informazioni visive.

Come evidenzia il dr. Lotfi Merabet, direttore del Laboratorio di Visual Neuroplasticity al Schepens Eye Research Institute del Massachusetts Eye and Ear, il cervello ha un enorme potenziale di adattamento. Evidenzia infatti come anche nel caso di cecità profonda, il cervello è spesso in grado di utilizzare le informazioni a sua disposizione tanto da essere in grado di interagire efficacemente con l’ambiente che lo circonda.

In ogni caso, prima che questa scoperta possa diventare clinicamente utile passerà del tempo. Ciò nonostante si tratta di un enorme passo avanti nella comprensione del processo.

Quali sono le cause della cecità?

La cecità può essere causata da diverse malattie o da diversi disturbi, tra cui:

  • il glaucoma, che comprende quattro disturbi differenti che danneggiano il nervo ottico, il nervo che porta informazioni visive al cervello;
  • la degenerazione del maculare, che consente di distinguere i dettagli. Compare solitamente negli anziani;
  • la cataratta, che comporta annebbiamento della vista. Anche questa compare solitamente negli anziani;
  • l’occhio pigro, che comporta difficoltà nel distinguere dettagli e può portare alla perdita della vista;
  • la neurite ottica, un’infiammazione che potrebbe degenerare nella perdita temporanea o permanente della vista;
  • la renite pigmentosa, un danno della retina. Raramente è all’origine della cecità;
  • tutti quei tumori che colpiscono la retina o il nervo ottico.

La cecità è inoltre una complicanza di:

  • diabete;
  • ictus;
  • difetti congeniti;
  • lesioni all’occhio;
  • interventi chirurgici.

La speranza è che gli studi sulla cecità continuino, accendendo una reale speranza nella vita di chi non può più vedere.

Elena Marchesi | Biologa e ricercatrice
Scritto da Elena Marchesi | Biologa e ricercatrice

Diplomata al Liceo Scientifico PNI in Matematica, ho iniziato i miei studi presso la facoltà di Biotecnologie dell’Università degli Studi di Milano, successivamente ho prediletto la facoltà di Science Communication & Bionics presso una Università Internazionale con sede in Germania. Attualmente sto assistendo in un progetto di ricerca finanziato dall’Unione Europea.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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