I disturbi alimentari possono condizionare notevolmente la vita degli individui, sia a livello fisico (ad es. edema alle caviglie, gonfiore addominale, macchie sul viso, battito cardiaco accelerato) sia a livello psicologico (ad es. ansia, sintomi ossessivi, irritabilità, sbalzi d’umore, depressione).
Individuare anticipatamente questa tipologia di disturbo e il relativo trattamento potrebbe essere un’ottima opportunità per la medicina del settore, prevenendo condizioni patologiche che a volte possono divenire estremamente serie, causando anche la morte.
Lo studio di Culbert Evans
La maggior parte degli studi medici di settore si sono limitati a individuare i sintomi da disagio alimentare presenti in una fascia d’età e ad intervenire di conseguenza.
Nel 2015, i ricercatori dell’Università inglese di Newcastle, guidati da Evans Culbert, sono andati oltre, la loro è stata un’indagine longitudinale, che si è focalizzata sulla possibilità di individuare precocemente i fattori di rischio che implicano il futuro manifestarsi di sintomatologia da disturbo alimentare.
La ricerca, pubblicata sulla rivista Appetite, si è sviluppata su un campione di soggetti tra i 9 e 12 anni, monitorato per un totale di sei anni.
Dall’analisi del campione oggetto di studio è stata rilevata una maggiore concentrazione di fattori di rischio a 9 anni di età rispetto ai pazienti di 12 anni d’età. A questi soggetti contestualmente sono stati somministrati dei questionari di tipo psicologico.
A tal proposito sono state individuate 3 aree critiche che genitori ed educatori dovrebbero monitorare negli adolescenti in quanto evidente presagio di futuri disturbi alimentari:
- Insoddisfazione del proprio corpo: i pazienti che presentano alti livelli di insoddisfazione corporea, hanno rilevato una maggiore concertazione di sintomi da disturbo alimentare. È un fattore che prescinde dal sesso del paziente.
- Sintomi depressivi: in età adolescenziale giovane e adulta gli stati depressivi corrispondono a evidenti sintomi di futuri disturbi alimentari. Si rivelano maggiori casi tra adolescenti di sesso femminile.
- Regime alimentare rigido e limitato: è il presagio di futuri disturbi alimentari, soprattutto nei soggetti di sesso maschile.
Il passo successivo è quello di riproporre allo stesso gruppo di pazienti coinvolti nell’analisi precedente, ormai diventano quindicenne, gli stessi test e gli stessi questionari per comprendere l’evoluzione della sintomatologia in quei soggetti che già a 12 anni presentavano una forte concentrazione di fattori di rischio e capire se se tali fattori sono rimasti inalterati o se ne sono comparsi alti.
Disturbi alimentari nei bambini
Il disturbi alimentari che possono rilevarsi con maggiore frequenza nei soggetti della fascia d’età presa in considerazione nella ricerca (dal 9 al 12 anni) sono i seguenti:
- Anoressia, evitare di prendere peso rifiutando il cibo o espellendolo con vomito auto-indotto. È un disagio che nasce soprattutto dal confronto con i coetanei in età adolescenziale adulta: non sentirsi adeguatamente in forma come peso e fisicità può indurre ad uno stato d’animo depressivo e a un rifiuto del cibo. È molto frequente nei soggetti di sesso femminile.
- Bulimia, il paziente tende a mangiare in maniera incontrollata, ad abbuffarsi di cibo, ma nel contempo vuole limitare l’assunzione di peso. Come nell’anoressia, l’adolescente adotta il vomito autoindotto.
- Depressione o ansia, il bambino manifesta un disturbo dell’umore che condiziona il suo rapporto con il cibo.
- Alimentazione selettiva, il paziente mangia esclusivamente determinati cibi, spesso poco salutari.
Educare a un’alimentazione sana ed equilibrata, confrontarsi con l’adolescente, indurre alla pratica di attività sportiva, creare le condizioni sociali e familiari idonee, sono alcune delle aree di intervento da parte di genitori ed educatori per contenere problemi legati a disturbi alimentari, che se non gestiti prontamente possono condizionare notevolmente la vita dell’adolescente.
In caso di evidente manifestazione di sintomatologia da disturbo alimentare, è sempre bene contattare un medico specialista.