Negli ultimi anni sono state fatte delle scoperte molto interessanti in merito al virus di Epstein-Barr (EBV), meglio conosciuto come mononucleosi o, in modo altroché romantico, come malattia del bacio (dall’inglese Kissing Disease). Infatti, questo virus sembra essere collegato ad altre sette malattie.
Cerchiamo di capire cos’è e quali sono le conseguenze della mononucleosi (sì, ci sono e non sono per nulla banali).
Tutto sulla mononucleosi: dal contagio ai sintomi
La mononucleosi è una malattia virale molto, molto contagiosa. Infatti, i dati ci dicono che ben il 90% della popolazione tra i 35 e i 40 anni ha contratto il virus. Insomma, queste ultime scoperte potrebbero risultare interessanti per moltissime persone.
Ricordiamo che la mononucleosi viene trasmessa tramite la saliva, motivo per cui viene anche chiamata anche malattia del bacio, e appartiene alla famiglia degli Herpes virus, così come la varicella e il fuoco di Sant’Antonio.
Il periodo di maggiore insorgenza della malattia nei paesi sviluppati e industrializzati è nel periodo dell’adolescenza, tra i 15 e i 25 anni. Non è un caso che il boom dei contagi, infatti, si riscontri tra i banchi di scuola e nei villaggi vacanza. C’è però una buona notizia. Una volta che si è stati infettati non si può più riammalarsi e, fortunatamente, il contagio non avviene sempre al primo contatto con il virus.
Contratta la malattia, vi è un periodo di incubazione di 30-60 giorni in cui il virus risulta asintomatico. Attenzione: una volta guariti, il virus non viene eliminato del tutto dal nostro organismo, rimanendo silente e nascosto per il resto della vita. Infatti, è stato osservato che nel 90% dei soggetti che hanno sofferto di mononucleosi vi è una costante eliminazione del virus tramite la saliva, anche a distanza di un anno. Persino dopo questo lasso di tempo, il 20-30% dei prelievi di saliva può mostrare tracce di virus.
Ma come agisce e quali sono i sintomi della mononucleosi? Con il passaggio del virus tramite la saliva, la mononucleosi colpisce i linfociti B del tessuto orofaringeo. Dopo un periodo di incubazione di uno o due mesi compaiono i primi sintomi, che differiscono in base all’età. Generalmente, nell’adulto, la sintomatologia, quando presente, è rappresentata da
- Febbre
- Astenia
- Cefalea
- Debilitazione
- Mal di gola o infiammazione alla gola
- Ingrossamento dei linfonodi
A questo quadro si aggiungono inoltre faringiti, tonsilliti, disfagia e placche. L’ingrossamento dei linfonodi, che interessa maggiormente il tratto orofaringeo, può anche avvenire a livello cervicale, ascellare e inguinale. In alcuni casi, purtroppo, i sintomi possono interessare persino l’apparato cardiovascolare e il sistema nervoso centrale.
Il decorso è acuto e varia dalle 4 alle 6 settimane. La probabilità di complicazione dei sintomi è davvero molto bassa, e avviene quando l’infiammazione colpisce il fegato e la milza.
Non esiste ancora una cura specifica per questo virus, sebbene nel 20-30% dei casi vengano prescritti antibiotici. Allora, non essendo la mononucleosi pericolosa in sé, perché la ricerca continua ad occuparsi incessantemente di questa malattia?
Le conseguenze dalla mononucleosi: mai sottovalutarle
La risposta è molto semplice: dal momento in cui si contrare il virus, questo continua ad abitare nel nostro organismo.
I ricercatori del Cincinnati Children’s Hospital Medical Center hanno però scoperto che una proteina (EBNA2) prodotta dal virus di Epstein-Barr attacca se stessa in diversi tratti del genoma umano. In particolare, i tratti che vengono attaccati sono associati all’insorgenza di 7 malattie:
- Lupus eritematoso sistemico
- Sclerosi multipla
- Artrite reumatoide
- Artrite idiopatica giovanile
- Malattie infiammatorie croniche intestinali
- Celiachia
- Diabete di tipo I
Per giungere a questa conclusione, sono stati utilizzati dei macchinari all’avanguardia, necessari per analizzare il genoma umano. Cosa ne è emerso? Semplificando, si può affermare che la proteina creata dal virus interagisce con il DNA, aumentando il rischio genetico di sviluppare queste malattie. Non è dunque un caso che, durante le analisi, si è riscontrato che quasi tutti i bambini affetti da Lupus siano stati anche infettati da EBV.
La scoperta dà spunti interessanti, utili anche per velocizzare la ricerca verso lo sviluppo di vaccini per la mononucleosi, in modo tale da poter prevenire il contagio e, dunque, le malattie connesse al virus. C’è la speranza che nel futuro si possa essere immuni da questo tipo di virus? Forse sì. Noi, nel frattempo, attendiamo fiduciosi, facendo particolare attenzione al contagio.