Considerato come sorta di “organo nascosto”, la microflora intestinale svolge un ruolo da protagonista nel mantenimento di un buono stato di salute generale: l’insieme dei microrganismi che la compongono – batteri, funghi, virus e protozoi – stabiliscono una sorta di simbiosi con il tratto gastrointestinale, andando a creare un ecosistema che si alimenta attraverso il nostro corpo, restituendogli – di contro – un benessere diffuso, grazie alle sue numerose attività metaboliche.
L’importanza del microbiota
Insomma, la microflora intestinale, detta altrimenti microbiota, è una delle più importanti armi di difesa del nostro organismo, uno scudo di protezione contro gli agenti patogeni, volto a garantire il regolare funzionamento del sistema immunitario della flora intestinale.
Oltre a quest’essenziale azione di “rafforzamento”, la microflora regola la funzione endocrina intestinale, sintetizza vitamine, metabolizza i sali biliari ed espelle scorie e tossine nocive per il nostro organismo.
Non solo! Recenti studi hanno, infatti, dimostrato la relazione tra microflora intestinale e molte alterazioni legate al metabolismo che, presentandosi in contemporanea, vanno a determinare la cosiddetta “sindrome metabolica”. Già Ippocrate, nel lontano 400 a.C, aveva intuito questa correlazione, affermando in modo più che convinto che “la morte risiede e origina proprio nell’intestino”. Vediamo perché.
Sindrome metabolica e microflora intestinale: ecco il legame
Sindrome metabolica, ne avete mai sentito parlare? Conosciuta anche come sindrome X, si caratterizza come una condizione clinica data dalla contemporanea presenza di più fattori di rischio: difficile, dunque, definirla come una vera e propria patologia, sebbene i suoi effetti possano essere molto più determinanti di quanto non si è soliti pensare.
In buona sostanza, la sindrome metabolica è un mix di elementi che aumentano la possibilità di sviluppare diabete e patologie che interessano il nostro apparato circolatorio. In particolare, per non incorrere in questa condizione, è bene che non si manifestino contemporaneamente tre su cinque fattori di rischio, quali:
- Glicemia maggiore di 100 mg/dl.
- Circonferenza vita maggiore di 102 cm nell’uomo e 88 nella donna.
- Livelli di trigliceridi maggiori di 150 mg/dl.
- Livelli di pressione arteriosa maggiori di 130/85 mmHg.
- Colesterolo buono HDL minore di 40 mg/dl nell’uomo e 50 mg/dl nella donna.
Di particolare interesse per mettersi in guardia dalla sindrome metabolica – con tutti i rischi a essa associati – è l’utilizzo della modulazione del microbiota, come efficace strumento terapeutico e preventivo.
Vari studi, sia clinici sia sperimentali, hanno infatti evidenziato un ruolo del microbiota nel metabolismo glucidico e lipidico: in particolare, l’effetto preventivo veniva ottenuto sia modulando tramite l’alimentazione la disponibilità di prebiotici, sostanze introdotte tramite la dieta che vengono utilizzate dal microbiota per la sua crescita, che favorendo l’assunzione di microrganismi, detti probiotici, capaci di interferire positivamente con il metabolismo.
Essere umano e flora intestinale, infatti, rappresentano un perfetto “duo simbiotico”, dove il comportamento del primo fornisce l’ambiente e il nutrimento per il secondo che, a sua volta, va a influenzare diversi meccanismi che hanno un ruolo fondamentale nel favorire o ridurre particolari patologie.
Dunque, che dire: se i probiotici possono davvero interferire positivamente con il nostro organismo, perché non assumerli per la prevenzione di alterazioni metaboliche, come pressione alta, trigliceridi e glicemia con valori sopra la media?
I probiotici, veri alleati della nostra salute
La sola etimologia della parola ci indica quanto i probiotici siano fondamentali per il nostro benessere: dal greco “pro-bios”, “a favore della vita”, questi microrganismi vengono utilizzati nel trattamento di svariate condizioni, patologiche e non.
Tra i diversi ceppi probiotici sinora isolati, assume una particolare rilevanza il Saccharomyces boulardii, un ceppo di lievito tropicale isolato per la prima volta nel 1923, soprattutto per il trattamento di alcune alterazioni metaboliche.
Quando assunti tramite la nostra alimentazione, infatti, questi probiotici stimolano la produzione di Beta-glucani, una classe di polisaccaridi indigeribili presenti nella crusca, nell’avena, nei lieviti, nei funghi e nelle alghe.
Ma quali sono i loro benefici? In primo luogo, sono ormai noti gli effetti positivi nel controllo e nella diminuzione del livello di colesterolo nel sangue. In particolare, ne riducono l’assorbimento a livello intestinale e ne inibiscono la sintesi nel fegato. Come non considerarli, dunque, come un valido aiuto nella lotta contro il colesterolo? Ma non solo!
Alcune ricerche scientifiche sembrano aver dimostrato che i Beta-glucani attenuino la risposta glicemica e la risposta all’insulina, agendo inoltre nella riduzione del peso corporeo.
Infine, risulta molto importante anche l’azione immunomodulatrice di questi polisaccaridi, soprattutto quando assunti da lieviti e funghi. Insomma, chi soffre di sindrome metabolica, dove patologie cardiovascolari e diabete sono sempre in agguato, può provare a stringere amicizia con i boulardii. Tentar non nuoce!
*Contenuto di informazione pubblicitaria.