Dr. Carlo Pizzoni, specialista in neurochirurgia.
L’ictus cerebrale è la causa più frequente di disabilità in persone adulte e una delle più frequenti cause di morte. Due terzi dei casi si verificano sopra i 65 anni ma persone più giovani non sono escluse da questa patologia.
Per conoscere a fondo l’ictus, le cause, i sintomi e l’importanza del trattamento immediato, abbiamo rivolto alcune domande al Dr. Carlo Pizzoni, specialista in neurochirurgia.
Cos’è un ictus e quali sono le cause?
Per ictus o apoplessia cerebrale (colpo apoplettico) o stroke intendiamo una patologia vascolare cerebrale acuta. Questa può essere ischemica, dunque legata al blocco del flusso di sangue al cervello oppure emorragica, causata dalla rottura di un vaso cerebrale. L’80% degli ictus sono di natura ischemica, rappresentando la prima causa di disabilità nell’adulto e la seconda causa di mortalità e demenza nei paesi occidentali.
Le cause principali dell’ictus vanno principalmente ricondotte ad errati stili di vita. La prevenzione è il mezzo più efficace per combatterne l’insorgenza. Ipertensione arteriosa, fumo di sigaretta, ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia, diabete, sono la principali cause di ischemia cerebrale trombotica, legata cioè all’arteriosclerosi dei vasi sanguigni. Nelle arterie che portano sangue al cervello, infatti, si accumulano scorie lipidiche (grassi) che conducono, nel tempo, alla competa occlusione del vaso stesso.
La fibrillazione atriale, una patologia del ritmo cardiaco (un disturbo dell’attività elettrica del cuore), è invece una delle cause principali di infarto cerebrale cardio-embolico. Come conseguenza della fibrillazione atriale, si possono formare dei piccoli coaguli di sangue nel cuore. A volte uno di questi si rompe e può essere proiettato (embolo) nei vasi del cervello. Quando incontra un vaso del suo stesso diametro, l’embolo lo occlude improvvisamente, così sangue ed ossigeno non riescono a raggiungere il cervello. Dopo pochi minuti di mancato afflusso di ossigeno, le cellule cerebrali vanno in necrosi, morendo.
La patologia ischemica può essere anche transitoria e completamente reversibile. In questo caso si parla di TIA, attacco ischemico transitorio (ad esempio un embolo può essere degradato spontaneamente, permettendo nuovamente l’afflusso di ossigeno). L’ictus emorragico riconosce, come prima causa di rottura dei vasi cerebrali, l’ipertensione arteriosa. Anche l’ictus ischemico (rammollimento bianco) può trasformarsi in emorragico (infarto rosso), per la fuoriuscita di globuli rossi dai vasi cerebrali lesionati, solitamente all’interno dell’area ischemica.
Quali sono i segni iniziali che devono metterci in allarme?
I sintomi di un ictus, che devono far condurre al pronto soccorso il paziente, nel più breve tempo possibile, sono costituiti da:
- Debolezza improvvisa dei muscoli facciali di un lato, con deviazione della rima buccale (le labbra “tirano” dal lato sano);
- debolezza o paralisi completa di uno (usualmente il braccio) od entrambi gli arti di un lato;
- difficoltà a pronunciare le parole.
Cosa fare se una persona che è con noi ha un ictus?
Se è possibile, conviene sempre chiamare il 118. La centrale operativa fornirà a chi assiste il paziente tutte le informazioni necessarie e nel contempo allerterà l’ospedale più vicino dotato di Stroke Unit (unità preposte alla trombolisi), incominciando il percorso diagnostico-terapeutico dello stroke, schematizzato in più fasi:
- riconoscimento precoce dell’ictus;
- allertamento del sistema d’emergenza territoriale 118;
- trasporto adeguato nei tempi, nei modi e nella destinazione;
- valutazione diagnostica in Pronto Soccorso;
- trasferimento in Stroke Unit per la trombolisi o in reparto di degenza.
Al reparto sono destinati i pazienti che non possiedono le caratteristiche per giovarsi di un trattamento trombolitico (ad esempio pazienti con aree ischemiche molto vaste alla TAC, che avrebbero un altissimo rischio di emorragia cerebrale post-trombolisi).
Perché è importante intervenire immediatamente?
Nei pazienti con insorgenza dei sintomi sopra elencati (ma anche in caso di cefalee improvvise con vomito, o la comparsa di altri sintomi neurologici improvvisi e persistenti), bisogna procedere per escludere la presenza di un ictus.
Infatti, se l’ischemia cerebrale è diagnosticata prontamente, è possibile trattarla con buoni risultati, a condizione che la lesione sia ancora nella sua fase iniziale. Occorre, cioè, che l’area cerebrale circostante la zona già morta (penombra), sia ancora vitale per poter ricevere un flusso da rivascolarizzazione, senza dare luogo ad emorragie importanti.
Entro 3 ore e mezza dall’esordio dei sintomi, è possibile quindi sottoporre il paziente ad una trombolisi endovenosa. Un farmaco iniettato in una vena, permette la lisi (dissoluzione) dell’occlusione vascolare (trombo), ripristinando la circolazione sanguigna cerebrale.
Entro 6 ore dall’inizio dei sintomi è invece ancora possibile sottoporre i pazienti a una trombolisi endovascolare. In pratica, un sottile tubo viene introdotto in un’arteria periferica (generalmente l’arteria femorale nella regione inguinale), per poi essere condotto nell’arteria cerebrale interessata dall’occlusione, sotto controllo radiologico (angiografico). A questo punto si possono rilasciare farmaci direttamente nel vaso, oppure si può rimuovere il trombo meccanicamente, con dei piccolissimi strumenti.