A cura di SIRN - Società Italiana di Riabilitazione Neurologica.
L’ictus cerebrale è una sindrome caratterizzata dall’esordio improvviso di deficit neurologici focali, di durata superiore a 24 ore, oppure con esito letale, dovuta a cause circolatorie (ischemia o emorragia).
I segni neurologici focali dipendono dall’area cerebrale coinvolta. Possiamo, ad esempio, avere un deficit di forza a carico di una metà del corpo (emiparesi) se è colpito il lobo frontale controlaterale, oppure possiamo avere disturbi visivi, se è colpito il lobo occipitale. Frequenti sono i disturbi del linguaggio (afasia) per coinvolgimento del lobo frontale oppure di quello temporale.
Ogni anno, in Italia, circa 185.000 persone vengono colpite da ictus cerebrale e di queste 150.000 sono i nuovi casi, mentre 35.000 rappresentano le recidive. L’ictus è responsabile di una percentuale compresa tra il 10% e il 12% di tutti i decessi per anno e rappresenta la prima causa di invalidità e la terza causa di mortalità (dopo cardiopatie e tumori) nel nostro Paese.
Nel dettaglio, il 10-20% delle persone colpite da ictus muore entro un mese dall’evento e un altro 10% entro il primo anno di vita. Solo il 25% dei pazienti sopravvissuti a un ictus guarisce completamente, mentre il 75% convive con una qualche forma di disabilità e di questi la metà è portatore di un deficit così grave da perdere l’autosufficienza.
L’incidenza di ictus aumenta proporzionalmente con l’età, in particolare, la maggior parte degli eventi interessa persone con più di 65 anni.
Questi gli impressionanti dati di questa patologia di cui ormai quasi tutti abbiamo avuto un’esperienza diretta.
Ictus ischemico ed emorragico: quali le differenze?
L’ictus ischemico è dovuto a un insufficiente apporto ematico cerebrale (ischemia), usualmente a carattere focale o plurifocale. L’ictus emorragico è dovuto, invece, alla rottura di un vaso, con la conseguente fuoriuscita di sangue. Il sangue può riversarsi all’interno dell’encefalo (emorragia intraparenchimale) oppure sulla superficie dell’encefalo, tra le membrane che lo avvolgono, denominate aracnoide e pia madre. In questo caso, si parla di emorragia sub-aracnoidea. Si stima che circa l’80% degli ictus siano di natura ischemica.
Non è possibile distinguere l’ictus ischemico da quello emorragico con la sola visita clinica. Sono necessari esami paraclinici (TAC cerebrale) per differenziare le due condizioni.
In dettaglio, l’ictus ischemico è dovuto all’interruzione dell’irrorazione dell’encefalo a causa di una ostruzione dei vasi sanguigni che impedisce l’adeguato apporto di sangue e, conseguentemente di ossigeno, all’organo bersaglio.
Gli eventi più frequentemente responsabili di un ictus ischemico sono:
- La trombo-embolia aterosclerotica: l'aterosclerosi è una patologia degenerativa multifattoriale, che compromette lo stato delle arterie di medio e grosso calibro, provocando infiammazione e irrigidimento, a causa del deposito di lipidi nella loro parete. Quando la parete superficiale della placca aterosclerotica si rompe, il sangue si mischia ai grassi in essa contenuti, portando alla formazione di un trombo, che può bloccare il flusso sanguigno. Dal trombo si può staccare un embolo, che seguendo il flusso circolatorio va a bloccare un vaso di dimensioni più piccole.
- L’embolia cardiogena: si tratta di un'embolia dovuta a trombi che si formano nel cuore nel corso di varie cardiopatie, tra le quali ricordiamo le protesi valvolari, la stenosi mitralica, l’infarto miocardico acuto, la cardiomiopatia dilatativa e la fibrillazione atriale
Una forma particolare di ictus ischemico è il cosiddetto attacco ischemico transitorio (Transient Ischemic Attack, TIA), o “mini-ictus”. Il TIA è un episodio caratterizzato da “improvvisa comparsa di segni e/o sintomi riferibili a deficit focale cerebrale o visivo, attribuibile ad insufficiente apporto di sangue, di durata inferiore alle 24 ore”, definizione dell’OMS.
Per quanto riguarda l’emorragia, la rottura del vaso può dipendere da lesioni della parete vasale causate dall’azione nel tempo dell’ipertensione arteriosa. In altri casi, il sanguinamento è dovuto alla rottura di un aneurisma oppure di una malformazione artero-venosa. Nei pazienti anziani, soprattutto se affetti da decadimento cognitivo, la deposizione di amiloide nella parete vasale è una causa frequente di rottura.
Come si diagnostica un ictus
La diagnosi di ictus deve essere posta ogniqualvolta si verifichi l’insorgenza improvvisa di segni neurologici focali, tra i quali i più frequenti sono:
- bocca storta;
- debolezza a un braccio oppure a una gamba;
- debolezza a un braccio e a una gamba spesso associata a bocca storta (emiparesi brachio-crurale ed emiparesi facio-brachio-crurale);
- difficoltà nella espressione verbale (afasia e disartria);
- alterazioni della sensibilità, soprattutto se confinate a un lato del corpo;
- difficoltà nella deambulazione.
Nel sospetto di ictus il paziente deve essere portato al Pronto Soccorso. Al suo arrivo, per confermare la diagnosi, deve essere sottoposto a visita neurologica. La TAC cerebrale è necessaria per definire se la lesione è ischemica oppure emorragica. La TAC permette inoltre di apprezzare il grado di sofferenza cerebrale e le regioni cerebrali interessate.
È opportuno ricoverare poi il paziente in un reparto dedicato, detto “Stroke Unit”, con strutture e personale specializzati.
Una volta stabilizzato il quadro clinico, che può richiedere da alcuni giorni ad alcune settimane, è opportuno coinvolgere il paziente in un percorso di riabilitazione specifico per la salvaguardia delle capacità residue e per riacquistare, per quanto possibile, quelle danneggiate.
Quali sono i fattori di rischio?
I fattori di rischio più importanti per l’ictus cerebrale sono: l’ipertensione arteriosa, il fumo di sigarette, il diabete mellito, le cardiopatie (fibrillazione atriale, infarto miocardico, endocardite e patologie delle valvole cardiache) e l’ipercolesterolemia.
Terapia della fase acuta
Nei casi di ictus ischemico, l’obiettivo è la riperfusione del tessuto cerebrale che non sta ricevendo ossigeno. In primis, è opportuno procedere con una trombolisi, ossia una terapia farmacologica per endovena, entro le quattro ore e mezzo dal manifestarsi dei sintomi, per sciogliere il trombo, oppure con una trombectomia meccanica per via arteriosa endovascolare.
Se il paziente non è idoneo a sostenere la trombolisi, si può ricorrere alla terapia antiaggregante. Oltre alla terapia sopra descritta, nel paziente con ictus ischemico in fase acuta è necessario mantenere entro i valori normali la pressione arteriosa e la glicemia. È, inoltre, necessario attuare i seguenti provvedimenti aspecifici, volti a prevenire il danno secondario:
- mobilizzazione precoce e materassino antidecubito, al fine di prevenire le ulcere cutanee;
- adeguata nutrizione e idratazione;
- presa in carico della disfagia;
- presa in carico della funzione vescicale:
- controllo della temperatura corporea e delle infezioni;
- prevenzione della trombosi venosa profonda mediante eparina a basso peso molecolare.
Anche nel caso di ictus emorragico, è necessario controllare pressione arteriosa e glicemia. Il controllo dell’ipertensione deve essere più rigoroso rispetto a quello indicato in caso di ictus ischemico. Sono poi da attuare gli stessi provvedimenti aspecifici descritti per l’ictus ischemico. In caso di emorragie voluminose, con localizzazione superficiale (emorragia lobare), può essere indicato lo “svuotamento” chirurgico della raccolta ematica.
Come prevenire un ictus?
Per prevenire il rischio di ictus, occorre adottare uno stile di vita sano. Le cose più importanti sono: non fumare e ridurre il consumo di alcool; ridurre l’apporto di sale nella dieta e praticare attività fisica moderata. Ancora, trattare l’ipertensione arteriosa, trattare il diabete. La dieta deve essere ricca di pesce, frutta e verdura. Limitare invece le carni rosse e insaccati.
Conseguenze e gestione del paziente
I danni cerebrali causati dagli ictus possono essere anche molto importanti e, sebbene in alcuni casi la ripresa sia veloce e le facoltà vengano recuperate quasi completamente, la maggior parte dei pazienti ha bisogno di un percorso riabilitativo lungo e intenso.
Ogni paziente deve seguire un percorso specifico da iniziare in ospedale e da proseguire poi a casa o in una clinica specializzata. Il paziente deve essere seguito da un team multidisciplinare, coordinato dal fisiatra e comprendente vari medici (ad esempio, neurologo e cardiologo), fisioterapisti, psicologi, terapisti occupazionali, logopedisti ed infermieri specializzati.
Durante questa fase, che può anche essere lunga e frustrante, è utile fissare degli obiettivi che aiutino la persona nella ripresa graduale e realistica. Può anche essere necessario gestire problemi psicologici profondi, primi fra tutti la depressione e i disturbi del comportamento.