Mangiare più del dovuto e avere sempre fame è un problema molto comune di questi tempi. Il cibo è per lo più sempre disponibile, può essere comprato ovunque e a qualunque prezzo in grandi quantità. L’obesità è causata principalmente dalla sedentarietà e dal lavoro di ufficio, che obbliga le persone a stare per molto tempo sedute a una sedia.
Secondo le stime, due terzi degli adulti sono in sovrappeso e più di un adulto su venti è estremamente obeso. È facile affermare a questo punto che gli individui non si sanno regolare e che la colpa è della mancata educazione alimentare, ma secondo delle recenti scoperte potrebbe esserci di più.
Alcune analisi sulla TAC cerebrale hanno permesso di evidenziare uno stretto collegamento tra cervello e fame cronica. Vediamo in che modo e quali sono le dirette conseguenze dell’obesità.
Cervello, fame cronica e genere
Un nuovo studio sulla TAC cerebrale suggerisce che le persone con il cervello incline a produrre una minor elaborazione di risposta al cibo tendono a compensare mangiando di più, aumentando il rischio di obesità.
Questo nuovo studio ha, inoltre, portato alla luce la possibile prova di una differenza di genere nel modo in cui uomini e donne processano l’esperienza del mangiare. Il cervello delle donne sembra favorire una risposta più emozionale all’alimentazione, mentre gli uomini si focalizzano su come il cibo soddisfi i loro sensi. Se così fosse, queste differenze di collegamento del cervello potrebbero spiegare perché le donne fanno più fatica a perdere peso rispetto agli uomini.
Il coautore della ricerca, la dottoressa Arpana Gupta, assistente professore all’UCLA ha affermato: “A questo punto, ci sono diverse ipotesi che devono essere provate tramite esperimenti futuri”.
Inoltre, la dottoressa Gupta ha affermato che alcune differenze collegate al sesso erano già state precedentemente identificate nei fattori portanti della voglia e della ricerca di sostanze stupefacenti.
Dopamina e obesità
Per lo studio sono state analizzate 86 TAC di uomini e donne sani per identificare il possibile ruolo del cervello nella patofisiologia dell’obesità.
In particolare, il team di ricerca ha studiato la correlazione tra il modo in cui mangiamo e la dopamina, un neurotrasmettitore che gioca un ruolo fondamentale nel cosiddetto sistema della ricompensa a livello neuronale per la risposta cerebrale nei confronti di sazietà e fame.
Inizialmente è stato scoperto che una minor risposta del sistema dopaminergico rendeva sia gli uomini che le donne meno sensibili al cibo, portando i soggetti a mangiare di più per compensare tale deficit.
La differenza di genere
Tuttavia, in seguito la dottoressa ha affermato di aver riscontrato una sostanziale differenza tra uomini e donne nell’elaborazione della risposta al cibo. Infatti, il cervello delle donne sembra avere un collegamento neurologico significativo tra cibo e parte del cervello che elabora le emozioni. La prova cardine di questo collegamento è stata riscontrata nelle donne obese che hanno preso parte al progetto. Tale caratteristica è risultata del tutto assente negli uomini.
Per contro, il cervello degli uomini sembra essere più incline a collegare il mangiare con la regione del cervello che regola olfatto, temperatura e gusto.
Il perché uomini e donne elaborino l’alimentazione in modo differente non è ancora chiaro. Tuttavia, secondo la dottoressa Lona Sandon, della University of Texas Southwestern Medical Center a Dallas, questa scoperta non è una vera sorpresa. Infatti, secondo la sua esperienza, le donne sono più inclini a parlare di voglia di cibo e di lotta ai disturbi dell’alimentazione rispetto agli uomini.
Le conseguenze dell’obesità
Il peso in eccesso, specialmente l’obesità, peggiora quasi tutti gli aspetti della salute, dalla riproduzione alle funzioni respiratorie, dalla memoria all’umore. L’obesità aumenta il rischio di diverse malattie debilitanti o potenzialmente letali, come il diabete, le cardiopatie e alcuni tipi di tumori.
Tale peggioramento avviene in diversi modi, primo fra tutti lo stress eccessivo di sopportare il peso in eccesso e il cambiamento degli ormoni e del metabolismo.
Inoltre, l’obesità diminuisce di gran lunga la qualità e la durata della vita oltre ad aumentare i costi individuali e nazionali per la salute.
Le malattie strettamente collegate all’obesità sono:
- diabete
- cardiopatie
- ictus
- cancro a esofago, pancreas, colon, retto, seno, endometrio, reni
- depressione
E ancora:
- infertilità e disfunzioni erettile
- malattie respiratorie, come asma e apnea ostruttiva nel sonno
- problemi a funzioni cognitive e mnemoniche
- disturbi muscoloscheletrici
La buona notizia è che la perdita di peso può diminuire il rischio delle malattie collegate all’obesità. Infatti, perdere dal 5 al 10% del proprio peso corporeo offre dei benefici molto importanti, persino alle persone che non hanno ancora raggiunto il loro peso “ideale”.
Come si può ben notare, l’obesità è un fattore di rischio di molte malattie ed è altamente dannosa per la salute, oltre a contribuire all’insorgenza di malattie croniche come il diabete, le malattie cardiovascolari o ad interferire con la vita sessuale, la respirazione, l’umore e le interazioni sociali.
Tuttavia, l’obesità non deve essere una condizione necessariamente permanente. Dieta, esercizio fisico, farmaci e persino la chirurgia possono aiutare a perdere peso. La vera risposta sarebbe un programma di prevenzione all’obesità, che permetterebbe di aumentare la vita media e di limitare le spese nazionali in ambito sanitario.
Nonostante la voglia di cibo possa essere causata da un’insufficiente risposta al cibo da parte del cervello, è possibile limitare i danni causati dalla fame facendo molto esercizio fisico e limitando i comportamenti sedentari.