In collaborazione con SIAPAV - Società Italiana di Angiologia e Patologia Vascolare .
Intervista alla dr.ssa Maria Amitrano, Specialista in Angiologia e Segretario Nazionale SIAPAV.
Parliamo di un disturbo molto comune, soprattutto in estate, il gonfiore alle gambe. Cosa fare in questi casi? Quali sono le cause, anche le meno note? Ne abbiamo parlato con la dr.ssa Maria Amitrano, angiologa di SIAPAV.
Il gonfiore alle gambe è spia di un disturbo anche serio a cuore o polmoni?
Sicuramente, il gonfiore alle gambe è una manifestazione clinica importante, perché può celare una serie di malattie.
Normalmente, in medicina parliamo di edema agli arti inferiori. L’edema agli arti inferiori va differenziato, perché è fondamentale fare un inquadramento clinico del paziente.
Una opportuna anamnesi serve per capire se si tratta di un edema di tipo generalizzato (cioè accade in caso di scompenso al cuore, al fegato o anche al rene), oppure viceversa un edema localizzato: in questo caso, allora, si parla di disturbo vascolare e va inquadrato se è comparso acutamente o se si è istaurato cronicamente. Nel primo caso, la diagnosi deve essere tempestiva perché potrebbe trattarsi di una trombosi venosa profonda e quindi l’intervento terapeutico deve essere immediato per evitare ulteriori complicanze, quali l’embolia polmonare.
Per riassumere: il gonfiore delle gambe o edema cronico è un accumulo di liquido ricco di acqua e proteine che si riversa nello spazio interstiziale e va differenziato in edema generalizzato oppure localizzato (patologia vascolare).
Cosa significa quando le gambe sono gonfie al mattino?
Anche in questo caso, bisogna inquadrare bene il paziente. Anzitutto, bisogna capire se si parla di entrambi gli arti oppure di uno solo.
Se sono gonfie entrambe le gambe già dal mattino, bisogna prima escludere una patologia di tipo generalizzato che può per esempio riguardare, come si diceva prima, il cuore (in caso di scompenso cardiaco o altre patologie sistemiche). Infatti, nell’insufficienza venosa, la posizione clinostatica del riposo notturno favorisce il ritorno dei liquidi dalla periferia al cuore. In ortostatismo, invece, se le valvole venose non funzionano o sono danneggiate (come nella sindrome post-trombotica) si ha una difficoltà al ritorno venoso e le gambe progressivamente si gonfiano nell’arco della giornata.
Naturalmente, oltre alle patologie del sistema venoso vanno sempre prese in considerazione quelle del sistema linfatico. Un linfedema primitivo, da cattivo funzionamento o da alterazioni congenite dei vasi linfatici, o secondario a patologia compressiva, generalmente neoplastica, (come l’edema post-mastectomia dell’arto superiore o post-radioterapia per neoplasie in sede pelvica), può manifestarsi con un edema mono o bilaterale, che dapprima scompare con il riposo notturno, ma che poi con il tempo diventa ingravescente fino a grave compromissione dell’arto, nota con il termine di elefantiasi.
In generale, ritrovarsi con le gambe gonfie al mattino è sicuramente spia di una condizione importante da indagare con serietà.
Che esami fare?
In questi casi, bisognerebbe fare per prima cosa una anamnesi: la conoscenza del paziente e l’inquadramento clinico rimangono al centro della problematica, per orientare i successivi esami.
Una volta fatta una accurata anamnesi, nel caso di una problematica vascolare e angiologica, si deve eseguire un ecocolordoppler che consente, anzitutto, di capire se si è in presenza di una insufficienza venosa e di che tipo di insufficienza venosa si tratta.
Già la visita, permette allo specialista di osservare se il paziente ha varici oppure no, e dunque ipotizzare una insufficienza venosa legata a una problematica primitiva da vene varicose , oppure viceversa il paziente può raccontare di aver avuto una trombosi in passato.
In questo caso, vanno valutati con l’ecodoppler i postumi di una trombosi e l’interessamento di quello che può essere il circolo venoso, sia esso superficiale o profondo.
L’ecodoppler rimane una metodica fondamentale per porre la diagnosi e, quindi, per impostare la terapia più appropriata. L’ecoDoppler consente di escludere pertanto l’insufficienza venosa e di confermare un linfedema . In questo caso, lo studio del tessuto sottocutaneo con questa metodica consente di valutare l’imbibizione edematosa legata alla stasi nei vasi linfatici.
Che collegamento c'è tra insufficienza venosa ed embolia polmonare?
Sarei tentata a rispondere nessuna, i n quanto l’embolia polmonare è una manifestazione acuta, molto seria ed anche mortale, che si manifesta nella maggior parte dei casi in seguito al distacco di emboli da una trombosi venosa profonda degli arti inferiori; l’insufficienza venosa è una patologia cronica. Quindi, bisogna distinguere bene di cosa si sta parlando, perché insufficienza venosa è un termine molto generico.
Si parla di insufficienza venosa, perché le vene sono fornite di valvole che con un meccanismo di chiusura e apertura consentono al sangue venoso di progredire dalla periferia al centro, ossia al cuore, attraverso i meccanismi della pompa muscolare, come durante il cammino o attraverso un’aspirazione legata agli atti del respiro, nota come “vis a tergo”.
Pertanto, nella patologia varicosa si alterano generalmente le valvole del sistema venoso superficiale, viceversa in seguito ad una trombosi venosa profonda la complicanza acuta è l’embolia polmonare, mentre la complicanza cronica è la sindrome post-trombotica legata all’insufficienza valvolare.
Quindi, il collegamento tra embolia polmonare e insufficienza venosa è che la prima è una complicanza acuta della trombosi venosa, la seconda rappresenta una complicanza cronica causa dell’edema e di altre complicanze gravi, quali le ulcere venose.