Il Coronavirus è mutato, ancora una volta e, pare, con maggiore intensità. La variante inglese, ormai, ha superato i confini e dall'Inghilterra sembra essere giunta anche nel nostro Paese. Le notizie che ci arrivano non sono così rassicuranti e il tam tam mediatico delle ultime ore non fa che amplificare i dubbi e le domande relativi a questa nuova variante.
Il SARS-CoV-2 è più contagioso? Il vaccino anti-Covid sarà meno efficace? Cosa dobbiamo aspettarci? Proviamo a rispondere ad alcuni di questi interrogativi, riportando le riflessioni e le affermazioni dei più autorevoli specialisti.
Covid-19: cosa sappiamo della variante inglese
Il Covid-19 ha più di una variante e quella inglese sembra destare maggiori preoccupazioni in Italia in questi giorni. Ribattezzata "VUI-202012/01", variant under investigation, fa riferimento a un ceppo ben noto già a metà settembre nel Kent, a sud-est dalla Capitale.
Cosa è cambiato da allora? Il suo essere predominante nel Regno Unito e, ora, anche fuori. In sé, questo virus presenta più mutazioni e, prima cosa, la variante N501Y a livello della proteina Spike (necessaria al virus per legarsi alle cellule sane, attraverso il recettore ACE2).
In tutta Europa, a metà febbraio 2021, la variante ha colpito il 17,8% dei contagiati. Ma non solo: l'allarme ci giunge dal governo inglese che parla di un tasso di mortalità più alto del 70%.
Caratteristiche della variante inglese del Covid-19
La variante inglese di Covid-19 si è appunto resa nota per l'elevata presenza di mutazioni e la rapidità di trasmissione. Nello specifico, la mutazione della variante inglese del Coronavirus è presente nella posizione dell'amminoacido N501Y della proteina Spike.
Certamente, quindi, la sua caratteristica prevalente è la velocità di trasmissione. Il nuovo ceppo si trasmette ancora più facilmente. In Inghilterra, come dichiarato dal ministro della sanità, Matt Hancock, "la situazione è fuori controllo". Da qui, la necessità di grosse limitazioni e lockdown.
Come riportato anche dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), le relazioni preliminari condotte nel Regno Unito indicano che questa variante è più trasmissibile dei precedenti virus in circolazione, con un aumento stimato tra il 40% e il 70%.
Studi di laboratorio sono in corso per determinare se questa variante di virus abbia proprietà biologiche diverse o tali da alterare l'efficacia del vaccino. Secondo i dati raccolti dal New and Emerging Respiratory Virus Threats Advisory Group (ricerca preliminare del 21 gennaio), i tassi di ospedalizzazione e di mortalità evidenziano la maggiore letalità della variante.
I sintomi della variante inglese
Gli esperti - analizzando i risultati dei tamponi e i questionari rivolti ai pazienti - hanno confrontato i sintomi, partendo da gennaio, quando la variante si è palesata, con quelli descritti a novembre 2020.
Dunque, si parla di tosse più frequente, ma meno perdita di olfatto e gusto. Joshua Elliott, della School of Public Health dell’Imperial College London, afferma: “Con il progredire della pandemia e l’emergere di nuove varianti, è essenziale continuare a monitorare come il virus colpisca le persone”.
Inoltre, non sono solo i sintomi a cambiare. Sembra, infatti, che questa forma di Coronavirus colpisca in particolare le donne giovani, portando anche a gravi complicazioni.
A dire dell'epidemiologo Vespignani ai media: "La variante inglese è destinata a raddoppiare nelle prossime due settimane. A fine febbraio, arriverà al 50% e a marzo diventerà prevalente".
Vaccino anti-Covid e variante inglese
Questa è la domanda più gettonata: il vaccino anti-Covid potrebbe essere a rischio? Ad oggi, gli esperti dicono di no. "È possibile studiare l’efficacia dei vaccini sulla variante anche in laboratorio, ma credo che in questo momento sia più utile concentrarsi sui programmi di immunizzazione, dato che non ci sono evidenze che il virus modificato sia meno sensibile al vaccino", afferma il prof. Carlo Federico Perno, direttore dell’Unità di Microbiologia all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma
Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità (Css), ha dichiarato in una intervista: “Tutti i virus vanno incontro a mutazioni. Dai dati che emergono, la nuova variante, scoperta a settembre nell’area di Londra, sembra avere maggiore capacità di diffusione, in ragione di una mutazione nella parte della proteina Spike che si lega al recettore presente nelle cellule umane. Non sembra però avere un maggior potere patogeno. Per quanto riguarda i vaccini, è improbabile che la mutazione del virus vada a incidere sulla loro efficacia”.
Continua, dunque, la corsa al vaccino che si fa ancora più importante e necessaria, per arrestare i contagi e limitare così il rischio di mutazioni.
Variante inglese in Italia: dove sono i casi
Certezze non ce ne sono, quindi massima prudenza. Il primo paziente positivo alla variante inglese è stato trovato a Roma e si parla ora già di oltre 400 casi.
La variante inglese è localizzata in alcuni focolai locali: in Abruzzo (oltre il 50% di prevalenza), Lombardia (il 30% dei positivi), in Veneto (il 20% dei tamponi), in Puglia (il 15,5% dei casi), in Umbria e Molise.
Walter Ricciardi, consigliere scientifico del ministro della Salute Roberto Speranza, ha dichiarato che è tempo di prestare la massima attenzione e di pensare a una chiusura, partendo dalle stazioni sciistiche.