È arrivata la conferma definitiva, sebbene se ne parlasse da giorni: l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato pandemia l'emergenza Coronavirus. Il motivo principale? Nelle ultime due settimane i casi fuori dalla Cina sono aumentati di ben 13 volte.
Non solo. L'infezione scoppiata alla fine dello scorso dicembre a Wuhan in Cina si è diffusa in 108 paesi, per un bilancio totale (aggiornato all'11 marzo) di 119.711 contagiati e 4.350 morti, di cui oltre 600 anche in Italia. Solo l'Antartide sembra essere esclusa.
Da questo momento in poi, i singoli stati dovranno fare due passi indietro e seguire scrupolosamente le direttive dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per bloccare quanto prima il dilagare del nuovo virus. Le misure potrebbero essere molto drastiche, con lo stop alle attività produttive e i limiti alla circolazione anche via terra. E l'Italia sarà in prima linea, essendo il terzo paese per numero di contagi dopo la Cina e la Corea del Sud.
Ma cosa significa pandemia e quali saranno gli effetti sulla popolazione? Cerchiamo di capirne di più.
Pandemia per Coronavirus: cosa succede?
“Un nuovo virus che si diffonde in tutto il mondo e contro il quale la maggioranza degli uomini non ha difese immunitarie”. Questa è la definizione di pandemia data dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. E questo, da oggi, è il Coronavirus.
Dunque, l’Oms avrà la facoltà di emanare direttive e inviare équipe nelle nazioni più colpite, come ha già fatto in Cina, Italia e Iran. Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell'Organizzazione, ha aspettato fino all’ultimo a dichiarare lo stato di pandemia, per arginare eventuali effetti psicologici, più che pratici.
“Pandemia è una parola che, se usata in modo improprio, può causare paura irragionevole o accettazione ingiustificata che la lotta è finita, portando a sofferenze e morte inutili”, ha sottolineato infatti Ghebreyesus. “Descrivere la situazione come una pandemia non cambia la valutazione dell’Oms sulla minaccia rappresentata da questo Coronavirus. Non cambia ciò che l’Oms sta facendo e non cambia ciò che i Paesi dovrebbero fare”, ha aggiunto.
Ma la curva di contagi crescente non più in un numero limitato di paesi lo ha convinto: non si tratta più di un problema circoscritto a Cina, Italia, Iran e Corea del Sud. L'intera Europa, così come l'America, è oggi coinvolta. Come se non bastasse, a far salire lo stato di preoccupazione ci sono i primi focolai in America Latina e Africa. Purtroppo, però, come ha evidenziato nei giorni scorsi Ghebreyesus, “ci sono paesi che non stanno facendo abbastanza per arginare l’epidemia”. Ora, la dichiarazione di pandemia servirà all’Oms per avere una voce più autorevole nei loro confronti.
Pandemia ed epidemia: le differenze
Ma qual è la differenza tra epidemia e pandemia? Andiamo con ordine.
Come sottolineato dalle stesse autorità sanitarie, la principale differenza tra epidemia e pandemia ha a che fare con la sua diffusione geografica. Insomma, in base alla suscettibilità della popolazione e alla circolazione dell’agente infettivo, una malattia infettiva può manifestarsi in una popolazione in forma sporadica, epidemica, endemica o pandemica.
L’epidemia è la manifestazione collettiva di una malattia. In particolare, si verifica quando il numero dei casi aumenta in modo molto veloce in breve tempo, andando ad interessare in una determinata area un numero di persone più alto rispetto alla media.
Si parla invece di pandemia quando un nuovo agente patogeno (per il quale, come abbiamo detto prima, le persone non hanno immunità) si diffonde rapidamente e con estrema facilità in una zona molto più vasta e diffusa rispetto a quella solitamente interessata da un’epidemia.
Walter Ricciardi, consigliere per il coordinamento con le istituzioni sanitarie internazionali del ministro della Salute italiano Roberto Speranza, aveva già dichiarato: "Con la dichiarazione dello stato pandemico l’Oms può mandare i suoi operatori in loco, come fanno i caschi blu dell’Onu e chiedere ai singoli Paesi di adottare misure di mitigamento, come il fermo di alcune attività o dei trasporti anche via terra". Tuttavia, ha sottolineato l'esperto, non c’è obbligo, "ma il non rispetto delle disposizioni equivarrebbe alla mancata applicazione di norme internazionali, che implica l’applicazione di sanzioni".