Nell’ottica di comprendere le dinamiche alla base dei comportamenti sessisti e della disparità di trattamenti di genere, i ricercatori Michael Kasumovic e Jeff Kuznekoff hanno condotto uno studio, pubblicato sulla rivista PlosOne, che ha analizzato i comportamenti tenuti dalla comunità di giocatori del noto videogame Halo 3.
L’obiettivo degli autori era capire il motivo per cui la presenza femminile diventa destabilizzante quando le donne si trovano a “giocare” in un contesto tipicamente o tradizionalmente maschile. Secondo i ricercatori, l’analisi dei comportamenti durante un videogioco può spiegare molto bene i comportamenti sessisti perché rappresenta la tipica situazione di un contesto in cui la componente maschile è numericamente più rilevante e le donne rappresentano una rara (ma spesso agguerrita) minoranza.
Lo studio
Halo 3 è stato scelto perché i giocatori non hanno la possibilità di scegliere la connotazione sessuale del proprio avatar.
I ricercatori hanno cosi creato tre differenti account: uno di controllo, uno maschile e uno femminile. Il primo account giocava normalmente la sua partita, quello maschile giocava utilizzando frasi pre-registrate con voce maschile e, infine, il terzo account giocava utilizzando le stesse frasi ma con voce femminile.
Alla fine dell’analisi di oltre 120 partite, è emerso innanzitutto che i giocatori più bravi erano quelli che mostravano un grado di aggressività minore nei commenti verso i giocatori maschi più impreparati; questi ultimi hanno mostrato un atteggiamento remissivo verso i giocatori più forti, quindi verso i cosiddetti maschi dominanti.
Ma cosa accade quando l’account con voce femminile ha la possibilità di farsi riconoscere come giocatore di sesso femminile? Le cose cambiano.
Il risultato
In generale, più l’utente femminile è forte al gioco, più i commenti che riceve sono positivi e di supporto, ma, attenzione, non dai giocatori deboli.
I giocatori che durante la partita hanno totalizzato punteggi più bassi, sono quelli che hanno indirizzato commenti più negativi e insulti ai giocatori di sesso femminile.
Secondo i ricercatori, ciò accade perché i giocatori a più basso rendimento si sentono minacciati nel vedere la loro posizione gerarchica usurpata da una figura femminile, perché questo li renderebbe meno “attraenti” agli occhi dei compagni “forti” al momento della scelta dei partner di gioco, al pari di quanto avviene nelle comunità reali con gli atteggiamenti di bullismo per l’appartenenza a questo o a quel gruppo.
“Gli aspetti ostili della cultura del gioco potrebbero dunque essere spiegati come la ricerca e il mantenimento di uno status. Un modo per garantire che l’uomo non perde per colpa di una donna è quello di ostacolare le donne dalla competizione facendole sentire indesiderate in quell’ambiente“, concludono gli autori.