Complesso di Edipo: cos’è e come affrontarlo

Redazione

Ultimo aggiornamento – 14 Aprile, 2020

Complesso di Edipo: cosa è e come si affronta

Dr. Domenico Bozza, specialista in psicologia e consulente in Sessuologia Clinica nei suoi studi di Roma e Lido di Ostia.


Spesso, si sente parlare di “complesso di Edipo” senza conoscerne bene il significato.

Per fare un po’ di chiarezza e capire bene di cosa si tratta, abbiamo rivolto alcune domande al dr. Domenico Bozza, specialista in psicologia.

Come si manifesta il complesso di Edipo?

Il concetto di “complesso di Edipo” viene coniato da Freud che indica in tale fase una delle più importanti nel processo di identificazione sessuale che un bambino deve necessariamente affrontare mentre cresce.

In sostanza, consiste in un avvicinamento sempre più intenso del bambino maschio alla madre, cercando di mettere in disparte il padre, che viene visto come un rivale. Il bambino è attratto dalla madre e manifesta veri e propri comportamenti di ostilità verso il padre. Questo essere in continua fase trasformativa arriva a voler essere presente in ogni momento della vita del papà e della mamma, per esempio durante le ore del sonno, volendo stare nel lettone dei genitori.

Se viene allontanato o ostacolato, può reagire con ira e rabbia. Nel bambino può esserci il complesso di castrazione, ovvero la paura di essere scoperto dal padre durante il percorso che porta all’attrazione nei confronti della madre.

Il complesso di Edipo può essere anche femminile?

Si. In questo caso prende il nome di “Complesso di Elettra“. Elettra nella mitologia è la figlia di Clitemnestra, che da lei fu uccisa per vendicare l’uccisione del padre Agamennone. Nella bambina sussiste quella che viene chiamata ‘invidia del pene‘ risultante dal fatto che la mamma non ha tale parte fisica ed il padre si.

Anche in questo caso vi è la tendenza della bimba a legarsi al padre in maniera che può apparire morbosa agli occhi esterni.

Se è fisiologico nel bambino, a che età bisogna preoccuparsene?

Ovviamente, dobbiamo partire dal presupposto che la teorizzazione avanzata da Freud va contestualizzata all’oggi. Non si deve prescindere dal fatto che negli anni 2000 vi sono caratteristiche sociologiche e psicologiche modificatesi rispetto al contesto storico in cui visse ed operò Freud.

Oggi si pensa che tutto ciò che diventa esageratamente protratto nel tempo, può esitare in comportamenti da adulti che potranno essere distorti. In altre parole, un genitore non deve preoccuparsi di avere un figlio o una figlia particolarmente legato/a al papà o alla mamma, poiché un essere in formazione ha la necessità di credere e porre le basi per la fiducia nell’adulto.

Aggressività e rabbia necessitano di un contenimento e una canalizzazione delle energie e in questo senso i genitori dovranno operare, rassicurando il figlio o la figlia che non c’è abbandono o preferenza nell’affettività dimostrata.

Secondo Freud, infine, nelle difficoltà psichiche dell’adulto possono ritrovarsi tutti quei bambini che non hanno risolto il complesso edipico o addirittura l’assenza della figura paterna durante l’infanzia potrebbe celare una identificazione univoca verso la madre che esita in rapporti omosessuali da adulti.

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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