Avete capito bene. Per amore della ricerca si arriva persino a bere il proprio sangue. Una notizia dai contorni terrificanti… soprattutto durante la notte di Halloween! Ma è questo il caso di 16 volontari che, come parte di uno studio piuttosto singolare, hanno accettato di bere 10 provette del loro sangue, per poi far analizzare le loro feci.
Il motivo? Fare chiarezza su una nuova metodica per diagnosticare e monitorare le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI o, dall’acronimo inglese, IBD).
Lo studio – titolato, non a caso, The Vampire Study – è stato condotto da un team di ricercatori svizzeri, con il coinvolgimento di diversi ospedali, e pubblicato sull’autorevole rivista United European Gastroenterology Journal.
Cerchiamo di capirne di più.
Il perché di questo insolito studio: diagnosticare (con certezza) le malattie intestinali
Con il termine MICI facciamo riferimento a una famiglia di malattie autoimmuni caratterizzate dall’infiammazione cronica del tratto digestivo, che provocano diarrea, dolore addominali, affaticamento cronico, febbre e altri (spiacevoli) sintomi.
Purtroppo, non essendo ancora state chiarite le cause, risulta molto complesso sia arrivare a una diagnosi sia comprendere a fondo le fasi caratteristiche di ogni patologia. Non sempre, infatti, la gravità dei sintomi corrisponde al livello di infiammazione dell’intestino.
Attualmente, il miglior test diagnostico a nostra disposizione prevede la misurazione dei valori della calprotectina, una proteina che si trova nelle feci. In particolare, la calprotectina fecale (fC) risulta un buon bioindicatore delle MICI attive, poiché contiene una grande quantità di neutrofili, cellule che migrano tra gli strati interni dell’intestino durante i periodi di maggior infiammazione.
Tuttavia, i neutrofili sono sempre presenti nel sangue umano. Ma le persone che presentano emorragie gastrointestinali mostreranno anche loro livelli elevati di fC. Cosa significa? Semplice, che una emorragia potrebbe essere confusa banalmente con una malattia infiammatoria dell’intestino. La confusione aumenta, poiché i pazienti con malattie infiammatorie intestinali registrano di buon grado episodi emorragici. Ovviamente, vi è una metodica efficace per evidenziare una connessione tra i due disturbi: si tratta dell’endoscopia, una procedura – ad oggi – costosa e invasiva.
Perché bere il proprio sangue è stato utile per la ricerca
Che fare, dunque? Il team di scienziati, guidato dal dr. Stephan Vavricka, capo del dipartimento di Gastroenterologia e Epatologia dell’ospedale di Triemli, si è proposto di determinare quanto sangue debba passare dal tratto gastrointestinale, per far sì che i livelli di fC raggiungano la soglia critica per poter essere considerati dei buoni indicatori di MICI. Purtroppo (o per fortuna) l’unico modo per imitare il sanguinamento gastrointestinale – senza causare alcun danno! – è mediante l’ingerimento. Niente paura, nonostante qualche piccolo effetto indesiderato, tutti i volontari hanno reagito abbastanza bene alla procedura.
Bevuto il sangue, si è passati a una analisi delle feci. Lo studio ha rivelato che rararamente il livello di critico di fC (corrispondente ai 50 μg/g) veniva raggiunto subito dopo l’ingerimento di una modesta quantità di sangue. Tuttavia, è stato più comune riscontrare valori corrispondenti alla soglia critica dopo l’assunzione di 100ml o tre giorni dopo l’ingerimento di 300 ml di sangue. La buona notizia è che tra i soggetti partecipanti allo studio, soltanto uno ha mostrato livelli preoccupanti di fC, sopra i 250 ai 300 μg/g.
Dato che 100 e 300 ml rappresentano volumi di sangue abbondanti, risulta improbabile che il sanguinamento gastrointestinale possa mascherare il test delle MICI basato sulla misurazione di fC. Gli alti livelli di fC trovati in pazienti con MICI sono da attribuire infatti alla migrazione dei neutrofili. Diverso il discorso con le emorragie severe, causate per esempio da una ulcera o colite ulcerosa, che potrebbero alterare il test delle MICI.
Uno studio “spaventoso” che ben si addice alla giornata appena iniziata ma… altrettanto utile alla scienza, e a tutti coloro che soffrono di malattie croniche dell’intestino!
FONTE
Lo studio a cui si fa riferimento nell’articolo (The Vampire Study: Significant elevation of faecal calprotectin in healthy volunteers after 300 ml blood ingestion mimicking upper gastrointestinal bleeding) è stato pubblicato sulla rivista United European Gastroenterology Journal nell’agosto del 2018.