Il dato ormai è noto. La quantità di asintomatici al Covid-19 sommersa viene considerata una delle principali forme di diffusione del virus.
Secondo le stime, due persone su tre non sanno di esserlo. «Perché, al momento, i positivi è presumibile che siano almeno un milione in Italia, a fronte dei 351 mila accertati», ha spiegato l’epidemiologo Carlo La Vecchia, ordinario alla Statale di Milano.
C’è un punto fondamentale da chiarire. Gli asintomatici, infatti, sono veicolo di contagio: a differenza dei pazienti con sintomi, risultano addirittura potenzialmente più pericolosi, poiché ignari di aver contratto il virus e di contribuire a propagarlo fra la popolazione.
Sì, i sintomatici sono contagiosi
Se gli asintomatici fossero o meno contagiosi si sono spesi fiumi di parole.
Durante l’estate, vi è stato un primo intervento dell’Organizzazione mondiale della Sanità, che sosteneva che coloro che non presentavano sintomi «raramente fossero contagiosi». La frase, pronunciata nel corso di una conferenza stampa dal capo del team tecnico Covid di Ginevra, Maria Van Kerkhove, fece il giro del mondo. L’Oms intervenne però nel giro di poche ore, parlando di un fraintendimento.
Nel nostro paese, fu per primo il virologo Andrea Crisanti, concentrato sullo studio dell’epidemia di Vo’, in Veneto, a sostenere il contrario: sempre durante l’estate, la popolazione del paese venne tamponata a tappeto e si scoprì che quasi la metà era positiva al Coronavirus, ma del tutto asintomatica.
Sul ruolo decisivo degli asintomatici fioccano gli studi. Secondo uno studio condotto Asan Medical Center di Seul e pubblicato sulla rivista Thorax, sembrerebbe che la quantità di virus presente nel naso e nel torace di un asintomatico con Sars-CoV-2 sia esattamente la stessa di una persona infettata e con sintomi classici come tosse, febbre e mal di gola.
In parole semplici, gli asintomatici sono contagiosi tanto quanto i sintomatici: contribuiscono allo stesso modo alla trasmissione del virus e allo sviluppo della pandemia.
Come capire se si è positivi al Covid-19 (ma senza sintomi)
Rispetto alla prima ondata di Covid-19, proprio per la presa di coscienza del ruolo degli asintomatici nel dilagare della pandemia, è necessario prestare sempre un maggiore attenzione e cautela.
Oggi, poi, si ha più probabilità di scoprire se si è asintomatici: se qualcuno nella propria cerchia di amici e parenti si ammala, si innesca la procedura di controllo e testing fra tutte le persone con cui il soggetto contagiato è entrato in contatto negli ultimi giorni. Certo è che impossibile tracciare tutti, servono delle priorità, dicono i vari governatori delle regioni. Attualmente, infatti, il sistema sanitario non sembra stare più al passo alla richiesta di tamponi da parte dei cittadini. Gli asintomatici, secondo le ultime richieste, potranno essere messi in secondo piano.
Le Regioni così scrivono al ministro alla Salute Roberto Speranza per proporre di cambiare le regole sui test, permettendo a chi è in crisi a causa dei troppi positivi di non fare il tampone, molecolare o rapido antigenico, agli asintomatici.
Oppure, sono sempre di più le aziende che sottopongono a controlli periodici i dipendenti per ragioni di sicurezza o, ancora, ricordiamo che ci si può sottoporre ai test in modo volontario, qualora si desideri accertare le proprie condizioni in merito al Coronavirus (per esempio, se lo si ha avuto in precedenza senza saperlo, da sintomatici, appunto) o se si ha qualche sospetto di essere stati in contatto con possibili casi o focolai.
Quarantena per asintomatici: come funziona?
Le persone asintomatiche risultate positive al test molecolare per SARS-CoV-2 possono rientrare in comunità dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa della positività, dopo aver però eseguito un ulteriore test con risultato negativo.
C’è però un’importante eccezione, per coloro che vengono definiti «positivi a lungo termine». Parliamo dunque dei pazienti che, pur non presentando più sintomi, continuano a risultare positive al test molecolare per SARS-CoV-2: questi, in caso di assenza di sintomatologia (fatta eccezione per ageusia/disgeusia e anosmia che possono perdurare per diverso tempo dopo la guarigione) da almeno una settimana, potranno interrompere l’isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi.
Come specifica il Ministero della Salute, questo criterio potrà essere modulato dalle autorità sanitarie d’intesa con esperti clinici e microbiologi/virologi, tenendo anche conto dello stato immunitario delle persone interessate.