Non ti riconosco più: Alzheimer e Prosopagnosia

Ezia Campise | Blogger

Ultimo aggiornamento – 21 Settembre, 2012

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La demenza è una patologia neurologica ad andamento progressivo, che si acquisisce in età adulta e senile. La malattia comporta una riduzione delle capacità cognitive, alterazioni comportamentali e psichiche, che rendono sempre più difficile al paziente far fronte alle richieste della vita quotidiana.

La malattia di Alzheimer è la forma di demenza più diffusa. Le funzioni cognitive più colpite sono: memoria, orientamento spazio-temporale, linguaggio, funzioni esecutive (es. giudizio), comportamento (es. vagabondaggio compulsivo), percezione visiva (es. riconoscimento di oggetti).

La prosopoagnosia è un disturbo nel riconoscimento dei volti familiari. Chi è colpito dal disturbo non riconosce dunque il volto di parenti e amici, ma neanche il proprio.

La difficoltà a riconoscere il proprio volto – alcuni pazienti si salutano vedendo la propria immagine riflessa allo specchio- si intreccia ad un disturbo della memoria autobiografica.

Il paziente è disorientato nel tempo e convinto di vivere nel passato: immagina i connotati fisici suoi e dei suoi cari in relazione al periodo in cui crede di vivere. Tornato indietro nel tempo di 20 anni, il malato non si riconoscerà come anziano, ma come adulto padre di famiglia con figli in età scolare. Questo disturbo ha importanti risvolti psicologici nella vita del paziente e dei suoi familiari.

I pazienti possono ad esempio spaventarsi per la confidenza che i loro cari, non riconosciuti in quanto tali ma percepiti come estranei, mostrano nei loro confronti.

E’ difficile immaginare il dolore di una figlia quando non viene riconosciuta dalla madre, che magari ha lungamente assistito. I familiari del paziente vivono il mancato riconoscimento con angoscia e provano spesso sconforto e rabbia. Il coinvolgimento emotivo non permette ai familiari di riconoscere che il paziente agisce meramente in funzione di un disturbo. E’ infatti difficile per i familiari accettare la perdita progressiva delle capacità cognitive del proprio caro.

L’atteggiamento giusto verso il paziente è quello di rassicurarlo, senza insistere affinchè  prenda coscienza della realtà attuale: le difficoltà di consolidamento della memoria non permettono infatti di immagazzinare nuove informazioni.


A cura della dott.ssa Viola Nicolucci, psicologa esperta in neuropsicologia

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