La colestasi in gravidanza, o colestasi ostetrica, è un disturbo epatico che si verifica più spesso durante l’ultimo trimestre di gravidanza: è caratterizzata da prurito intenso e aumento degli acidi biliari nel sangue e, in genere, i sintomi e le anomalie si risolvono dopo il parto.
La colestasi gravidica è associata a un aumento del rischio di esiti come parto pretermine, sindrome da distress respiratorio, il passaggio di meconio e l'asfissia fetale, morte fetale intrauterina.
Vediamo cos'è la colestasi gravidica, come si manifesta, le cause e i trattamenti disponibili.
Sintomi della colestasi gravidica
La colestasi intraepatica in gravidanza è un disturbo del fegato che si manifesta quando il flusso della bile prodotta dal fegato viene alterato, inizia a rallentare influenzato dall'aumento degli ormoni causando un accumulo di acidi biliari nel sangue.
I sintomi possono variare per gravità e tipologia, ma i più comuni sono:
- un prurito intenso che di solito inizia sui palmi delle mani e sulle piante dei piedi, ma che può diffondersi a tutto il corpo. Questo prurito può essere ricorrente o costante, tende a diventare più forte durante la notte, disturbando il sonno;
- urine scure e feci di colore chiaro;
- lieve ingiallimento della pelle o degli occhi (ittero, più raro);
- nausea o perdita di appetito.
Altri sintomi possono essere:
- dolore al quadrante superiore destro;
- nausea;
- stanchezza;
- perdita di appetito;
Le cause
La colestasi intraepatica della gravidanza è un disturbo complesso; si ritiene che sia causata da una combinazione di fattori genetici, ormonali e ambientali:
- fattori ormonali: l’aumento degli estrogeni durante la gravidanza può influenzare la funzionalità epatica;
- predisposizione genetica: alcune donne possono essere più suscettibili a sviluppare la condizione;
- fattori ambientali: possono influire anche dieta e clima.
Gli ormoni
Gli ormoni della gravidanza, estrogeni e progesterone, hanno un effetto sulla capacità del fegato di trasportare alcune sostanze chimiche, tra cui gli acidi biliari; il loro flusso si riduce portando all'accumulo di acidi biliari nel sangue che è causa dei sintomi che si manifestano.
Molti studi, tra cui questa recente ricerca, hanno mostrato un'associazione tra alti livelli di estrogeni, la gravidanza plurigemellare, l'effetto di iperstimolazione ovarica e la presentazione tardiva di colestasi nel secondo trimestre.
Predisposizione genetica
La ricerca ha finora identificato diverse mutazioni genetiche coinvolte: infatti, è stato dimostrato che la colestasi gravidica ha una causa genetica; persone con madri o sorelle che ne sono state colpite corrono un rischio maggiore di sviluppare questa patologia.
Ambiente
Altri fattori di tipo ambientale sembrano scatenare questa condizione, tra i quali una ridotta esposizione alla luce solare o il cambiamento nella dieta.
La colestasi gravidica è più frequente nelle donne con un basso livello di selenio e vitamina D.
Fattori di rischio
Il rischio di colestasi gravidica aumenta nelle donne portatrici di gravidanze plurigemellari, in quelle che hanno subito un trattamento di fecondazione assistita e in quelle che hanno avuto precedenti danni o problemi al fegato.
Conseguenze e rischi della colestasi gravidica
La colestasi gravidica è associata a un aumento del rischio di morte fetale intrauterina, travaglio prematuro, macchie di meconio, preeclampsia e diabete gestazionale, sindrome da distress respiratorio dopo la nascita.
Raramente si verifica l'ittero in questa condizione; sebbene sia stata segnalata già alla quinta settimana di gravidanza, è più comune che inizi nel terzo trimestre, quando le concentrazioni ormonali sono ai massimi livelli.
Distress respiratorio nel neonato
La colestasi gravidica aumenta il rischio di sindrome da distress respiratorio nel neonato dopo la nascita. Questo è dovuto principalmente all'effetto degli acidi biliari elevati sul surfattante polmonare.
Gli acidi biliari in eccesso interferiscono con la produzione e la funzione del surfattante, una sostanza fondamentale che riveste gli alveoli polmonari e ne previene il collasso durante la respirazione.
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Il surfattante è essenziale per consentire ai polmoni di espandersi in modo corretto dopo la nascita e mantenere la giusta funzione respiratoria: di conseguenza, i neonati di madri con colestasi gravidica hanno un rischio maggiore di sviluppare problemi respiratori e potrebbero aver bisogno di assistenza respiratoria dopo la nascita.
La gravità di questi problemi può variare da lieve a severa, richiedendo in alcuni casi il supporto di ventilazione meccanica.
Passaggio del meconio
Il meconio è normalmente conservato nell'intestino del neonato fino a dopo la nascita; si tratta delle prime feci del bambino, appiccicose, spesse e di colore verde scuro.
A volte (spesso in risposta a una sofferenza fetale) viene espulso nel liquido amniotico prima della nascita o durante il travaglio; se il bambino inala il liquido contaminato, possono insorgere problemi respiratori; nelle gravidanze affette da colestasi, il meconio viene spesso espulso prima del parto.
Parto prematuro e rischi fetali nella colestasi gravidica
La colestasi gravidica è associata a un aumento del rischio di parto prematuro, che tende a verificarsi nelle ultime settimane di gravidanza.
Il meccanismo di questo fenomeno non è completamente chiarito, ma si ipotizza che gli elevati livelli di acidi biliari possano influenzare la contrattilità uterina e alterare il ritmo cardiaco fetale.
Una recente meta-analisi ha fornito importanti chiarimenti sul rischio di morte fetale intrauterina nelle gravidanze complicate da colestasi.
I risultati hanno dimostrato una correlazione diretta tra i livelli di acidi biliari materni e:
- il rischio di morte fetale intrauterina è aumentato nelle donne con colestasi gravidica e gravidanze singole quando le concentrazioni di acidi biliari sierici sono di 100 μmol/L o superiori;
- per concentrazioni di acidi biliari inferiori a 100 μmol/L, il rischio di morte fetale intrauterina è inferiore allo 0,28%, simile a quello della popolazione generale di donne in gravidanza;
- quando i livelli di acidi biliari superano i 100 μmol/L, il rischio di morte fetale intrauterina aumenta oltre il 3%.
Questi dati sottolineano l'importanza di un monitoraggio attento dei livelli di acidi biliari nelle donne con colestasi gravidica.
Il rischio aumentato di complicazioni fetali, incluso il parto prematuro e la morte intrauterina, può in molti casi richiedere l'anticipazione del parto nelle gravidanze con colestasi, in particolare nei casi con elevati livelli di acidi biliari.
Trattamento della colestasi intraepatica gravidica
È importante intervenire in modo mirato per ridurre il rischio fetale e i sintomi che possono manifestarsi nella madre.
Il trattamento della epatosi gestazionale si basa principalmente su questi elementi:
- farmacoterapia: l'acido ursodesossicolico (UDCA) è il farmaco di prima scelta. Viene somministrato per via orale e aiuta a migliorare il flusso biliare e ridurre la concentrazione di acidi biliari nel sangue;
- in alcuni casi possono essere prescritti anche antistaminici per alleviare il prurito, anche se la loro efficacia è limitata;
- monitoraggio: controlli ematici frequenti per monitorare i livelli di acidi biliari, transaminasi e altri parametri epatici; monitoraggio intensivo della salute del feto attraverso controlli ecografici e cardiotocografi più frequenti;
- dieta: si consiglia una dieta a basso contenuto di grassi con cotture semplici;
- integrazione: può essere necessaria la somministrazione di vitamina K per prevenire problemi di coagulazione;
- tempistica del parto: in molti casi si valuta l'induzione del parto tra la 37a e la 38a settimana di gestazione per ridurre i rischi fetali, soprattutto nei casi più gravi;
- follow-up post-parto: controlli a 6 settimane dal parto per verificare la normalizzazione degli esami del sangue.
L'acido ursodesossicolico è attualmente il farmaco di prima linea: si tratta di un acido biliare naturale che migliora la funzione epatica e può contribuire a ridurre la concentrazione totale di acidi biliari nel sangue.
Importante è anche la corretta tempistica del parto, anticipandolo quando occorre (35-37 settimane) per ridurre il rischio di complicanze fetali.
Le raccomandazioni, in questo caso, riguardano il riferimento ai valori degli acidi biliari in gravidanza, visto che i rischi aumentano quando questi diventano più elevati.
Nei casi più lievi possono funzionare le terapie topiche per il prurito (emollienti, antistaminici), per alleviare il sintomo principale senza effetti sistemici.
È inoltre importante monitorare gli acidi biliari e la funzionalità epatica per valutare la progressione della malattia e adattare il trattamento; allo stesso modo, può essere necessario monitorare il feto attraverso esami (cardiotocografia, ecografie) per identificare precocemente segni di sofferenza fetale.