Una delle domande che qualsiasi persona con fratelli e/o sorelle si è chiesta è: i miei genitori hanno un figlio preferito? Inoltre, in generale, è molto comune che, anche scherzando, si sottolinei come uno dei figli venga protetto e coccolato di più rispetto agli altri.
Approfondiamo la tematica in questo articolo, cercando di comprendere dinamiche e conseguenze grazie alle parole degli esperti.
Figlio preferito: tra percezione e soggettività
La dottoressa Caroline Fenkel, specializzata in salute mentale adolescenziale, sottolinea come il concetto di "figlio preferito" sia spesso fuorviante: i genitori tendono a sviluppare legami affettivi differenti con ciascun figlio, in base a una molteplicità di fattori, tra cui temperamenti, interessi condivisi e fasi evolutive.
Queste dinamiche relazionali, pur essendo del tutto naturali, possono talvolta generare la percezione di un trattamento preferenziale: ad esempio, un genitore potrebbe dedicare più tempo a un figlio con cui condivide una passione comune, come uno sport o un hobby, creando un legame più intenso e frequenti momenti di condivisione.
È importante sottolineare che tali dinamiche non implicano necessariamente un favoritismo intenzionale, ma piuttosto riflettono la complessità delle relazioni familiari.
Il patrimonio genetico di ciascun individuo contribuisce in modo significativo a plasmare la sua personalità e le sue caratteristiche comportamentali: pertanto, è possibile che un figlio presenti una maggiore affinità con uno dei genitori rispetto ai fratelli, in virtù di una condivisione più marcata di tratti temperamentali; tale somiglianza può rafforzare il legame affettivo tra genitore e figlio, generando la percezione di una maggiore sintonia.
Ulteriori fattori, quali l'ordine di nascita e il genere, possono influenzare le dinamiche familiari e le aspettative genitoriali: i primogeniti, ad esempio, sono spesso esposti a maggiori responsabilità e a standard più elevati, mentre i figli successivi potrebbero beneficiare di un approccio educativo più rilassato.
È importante sottolineare, tuttavia, che queste differenze nel trattamento genitoriale non implicano necessariamente un favoritismo: i bambini tendono a interpretare l'attenzione ricevuta come una manifestazione di affetto, sebbene le due dimensioni non siano necessariamente correlate; dunque, la percezione di essere meno amati può derivare da una diversa distribuzione delle attenzioni, piuttosto che da una reale disparità nell'affetto genitoriale.
L'amore genitoriale, infatti, pur essendo universale, si manifesta in forme diverse a seconda delle caratteristiche individuali di ciascun figlio.
Ellen Weber Libby, psicologa clinica e autrice di The Favorite Child, ha evidenziato come in alcune famiglie il favoritismo possa assumere una forma più dinamica, con una rotazione dei "preferiti" a breve termine: questa fluttuazione, pur potendo generare una sana competitività tra i fratelli, può tuttavia creare un senso di incertezza e instabilità nei rapporti familiari.
I bambini, spesso più consapevoli di queste dinamiche rispetto agli adulti, tendono a percepire chiaramente le variazioni nell'attenzione genitoriale; al contrario, i genitori possono negare l'esistenza di tali preferenze, influenzati dal pregiudizio culturale che considera il favoritismo genitoriale moralmente inaccettabile.
Sentirsi meno apprezzati dia genitori: quali conseguenze?
È fondamentale sottolineare che il favoritismo persistente nel tempo può avere conseguenze negative a lungo termine sullo sviluppo psicologico dei figli, generando sentimenti di inadeguatezza, risentimento e danneggiando le relazioni familiari.
Libby, invece, sottolinea la distinzione tra amore e favoritismo, affermando che i genitori spesso provano difficoltà ad ammettere di avere delle preferenze temporanee, motivate dal desiderio di sentirsi buoni genitori.
Jill Suitor, professoressa di sociologia alla Purdue University di West Lafayette, ha rivelato che la maggior parte dei genitori, se interrogati in modo diretto, ammette di provare un affetto più intenso nei confronti di uno dei propri figli.
Questo legame preferenziale non è necessariamente correlato al successo accademico o professionale del figlio, ma è spesso influenzato da fattori quali la disponibilità, l'empatia dimostrata e la capacità di affrontare le sfide.
Le madri, in particolare, tendono a sviluppare un legame più profondo con i figli che manifestano un forte senso di responsabilità familiare e che hanno affrontato difficoltà significative; questo fenomeno potrebbe spiegare perché, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, i genitori non sempre nutrono un affetto maggiore nei confronti dei figli che hanno raggiunto traguardi accademici o professionali di rilievo.
Le ricerche indicano che il fenomeno del favoritismo genitoriale è estremamente diffuso, interessando circa il 65% delle famiglie a livello globale.
Questo trattamento differenziale, come viene definito dagli psicologi, ha un impatto significativo sul benessere psicologico dei figli, influenzando negativamente il loro sviluppo emotivo e relazionale lungo tutto l'arco della vita.
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Le conseguenze del favoritismo genitoriale si estendono ben oltre l'infanzia, influenzando negativamente il benessere psicologico degli individui anche in età adulta; inoltre, il pregiudizio genitoriale può persistere nel tempo, con i genitori che continuano a manifestare preferenze anche nei confronti dei figli adulti.
Le dinamiche relazionali all'interno della famiglia vengono, quindi, profondamente segnate da queste disuguaglianze, con un conseguente deterioramento dei legami fraterni e un aumento dei conflitti intergenerazionali.
Per favorire un clima familiare equilibrato e sereno, la dottoressa Fenkel suggerisce di dedicare del tempo di qualità a ciascun figlio, ascoltando attentamente le sue esigenze e valorizzandone le unicità: espressioni affettive personalizzate possono contribuire a rafforzare l'autostima di ogni bambino e a consolidare il legame parentale.
La dottoressa Barbara Howard, pediatra comportamentale dello sviluppo, presidente di Total Child Health e professoressa associata di pediatria presso la Johns Hopkins University School of Medicine, sostiene che il sentimento di preferenza per un figlio sia un'esperienza comune e comprensibile, invitando i genitori a riconoscerlo senza sentirsi in colpa; l'obiettivo dovrebbe essere quello di valorizzare le individualità di ciascun figlio, costruendo relazioni forti e significative, e, nel caso di comportamenti problematici, rituali personalizzati che possono contribuire a rafforzare il legame genitoriale.