Il sorbitolo, detto anche glucitolo, è una molecola a sei atomi di carbonio appartenente alla categoria dei polioli o polialcoli, ossia composti chimici contenenti diversi gruppi ossidrilici.
In particolare, il sorbitolo appartiene alla classe degli alditoli, polialcoli che si ottengono per riduzione dei monosaccaridi. Il sorbitolo può infatti anche essere definito come un alditolo del glucosio, e di conseguenza essere assimilato ai comuni glucidi dal punto di vista funzionale.
Oltre ad essere presente in natura in vari frutti, in particolare quelli prodotti da piante appartenenti alla famiglia del sorbo da cui prende il nome, esso viene frequentemente impiegato in campo alimentare come dolcificante ipocalorico da utilizzare in alternativa al saccarosio: pur presentando un potere edulcorante pari al 60% del comune zucchero, l’apporto calorico del sorbitolo risulta essere inferiore di circa il 30% (sorbitolo = 2,6 Kcal/g, saccarosio = 4 Kcal/g).
Il suo ridotto potere calorico rende quindi il sorbitolo un utile e frequentemente utilizzato additivo edulcorante ipocalorico per prodotti dolciari e farmaceutici. In aggiunta, il suo ottimo potere addensante, combinato con un considerevole potenziale di conservazione, ha fatto sì che il sorbitolo venisse ampiamente impiegato anche per prodotti di pasticceria e lievitati (es. cornetti, pan di spagna, plum cakes, panettoni), prodotti cosmetici e prodotti da bagno (es. dentifricio e collutorio).
L’intolleranza al sorbitolo può essere definita come un disturbo conseguente ad una scorretta digestione e associato malassorbimento di tale composto chimico dovuti ad un deficit enzimatico che impedisce la corretta trasformazione del sorbitolo in monosaccaridi.
Essa si manifesta principalmente con sintomi gastro-intestinali quali meteorismo, gonfiore o tensione addominale e diarrea.
L’insorgenza di tale sintomatologia può variare da alcuni minuti a diverse ore dal momento dell’ingestione del sorbitolo. Uno specifico test clinico, l’H2 breath-test o test della rilevazione di idrogeno nel respiro, può permettere di identificare con maggiore certezza una specifica intolleranza al sorbitolo.
Il test prevede la somministrazione di una soluzione di sorbitolo disciolto in acqua e la successiva rilevazione della concentrazione di idrogeno nel respiro effettuata a diversi intervalli di tempo: la permanenza di una elevata quantità di idrogeno nell’espirato indica verosimilmente una mancata digestione e assorbimento a livello dell’intestino tenue del sorbitolo.
L’incompleta assimilazione intestinale del sorbitolo determina un significativo richiamo di liquidi nel colon per effetto osmotico, favorendo i processi di fermentazione della flora batterica con conseguente liberazione di H2. Tale idrogeno viene quindi trasportato ai polmoni mediante il sistema circolatorio e da qui eliminato attraverso la respirazione.
Il minore potere calorico del sorbitolo lo rende un additivo frequentemente utilizzato anche per i prodotti alimentari destinati alla dieta dei pazienti diabetici. Il suo parziale ed incompleto assorbimento a livello intestinale infatti non stimola la secrezione di insulina: il minore indice glicemico del sorbitolo consente il suo utilizzo, benché saltuariamente, a piccole dosi e previo consenso medico, anche in caso di diabete.
È tuttavia importante sottolineare che un impiego continuo o a dosi elevate di sorbitolo è invece sconsigliato al paziente diabetico. Il sorbitolo infatti, oltre ad essere assunto per apporto alimentare, viene anche prodotto all’interno delle cellule del nostro organismo: esso viene sintetizzato a partire da molecole di glucosio nella via dei polioli (particolarmente attiva in caso di saturazione dell’enzima glicolitico esochinasi) grazie all’azione dell’enzima aldoso reduttasi NADH-dipendente.
Tale meccanismo di riduzione del glucosio non è la principale via metabolica del glucosio utilizzata da soggetti sani, ossia soggetti che presentano un livello normale di glucosio nel sangue.
Nei pazienti diabetici invece, i quali presentano un livello di glucosio nel sangue molto elevato, fino ad 1/3 del glucosio può andare incontro a riduzione attraverso la via dei polioli: ciò determina tuttavia un consumo elevato di NADH, che nel tempo può portare ad un danno cellulare.
Nello specifico, tale conversione del glucosio in sorbitolo si verifica a livello dei tessuti insulino-indipendenti, quando contemporaneamente le altre cellule soffrono, nonostante la condizione di iperglicemia, per carenza di glucosio dovuta alla mancanza di insulina che non permette a tale zucchero di entrare nelle cellule stesse. In condizione di iperglicemia, il sorbitolo tende ad accumularsi all’interno delle cellule e ad uscirne con estrema difficoltà.
Elevate quantità di sorbitolo possono quindi rimanere intrappolate a livello di varie callule, quali ad esempio le cellule del cristallino, le cellule della retina o le cellule di Schwann a livello dei nervi periferici: ciò può potenzialmente contribuire ad aggravare problemi quale cataratta, retinopatie o neuropatie periferiche, ossia disturbi spesso presenti nei pazienti diabetici. Per tali motivi, l’utilizzo del sorbitolo nei pazienti diabetici non è raccomandato come sostituzione completa del comune zucchero.
Il sorbitolo non è di per sé riportato come una sostanza nociva o pericolosa. Tuttavia, la sua assunzione può produrre alcuni effetti collaterali quali gonfiore addominale, crampi addominali, nausea, diarrea e irritazione anale. Infatti, il suo incompleto e parziale assorbimento a livello intestinale, associato alla sua notevole igroscopicità (capacità di assorbire acqua), ne determina un potenziale effetto lassativo e diuretico, in particolare se assunto in dosi elevate.
Inoltre, alcuni soggetti predisposti possono sperimentare un aggravamento dei sintomi caratteristici della sindrome dell’Intestino Irritabile, come esacerbazione di crampi e gonfiore addominale. Infine, il suo utilizzo è sconsigliato in bambini di età inferiore ad un anno.