La stimolazione cerebrale profonda (DBS) è una tecnica chirurgica praticata nel caso di numerose condizioni neurologiche, dal morbo di Parkinson alla distonia, fino all’epilessia e alla sindrome di Tourette.
Negli ultimi anni questa tecnica è stata utilizzata con successo anche nei casi di alcune severe condizioni psichiatriche come depressione e disturbo ossessivo compulsivo.
La DBS è un intervento chirurgico che consiste nell'impianto di alcuni elettrocateteri in corrispondenza delle aree del cervello deputate al controllo dei movimenti e di un dispositivo medico (molto simile ad un pacemaker cardiaco) collocato alla clavicola o nella regione addominale che invia degli impulsi elettrici agli elettrodi presenti nelle aree cerebrali, impulsi in grado di bloccare quei segnali che provocano tremori e movimenti involontari.
L’operazione, la cui durata è di circa 6 ore, consente un netto miglioramento delle condizioni cliniche e di vita del paziente portando alla remissione totale dei sintomi lamentati. Il dispositivo ha inoltre il vantaggio di poter essere controllato tramite un programmatore esterno (privo di fili) che consente di adeguare i parametri della stimolazione o di spegnere il dispositivo al bisogno.
La stimolazione cerebrale profonda è un trattamento che trova applicazione nei casi in cui la terapia tradizionale per il Parkinson, basata principalmente sull’assunzione di farmaci, risulti inefficace a controllare la malattia o quando la sintomatologia è talmente severa da causare grave disabilità. Attualmente però solo il 5-10% dei pazienti affetti da questa malattia sono idonei a sottoporsi a questa procedura chirurgica.
Nella maggior parte dei pazienti sottoposti all’intervento, non appena viene attivato il dispositivo di stimolazione si assiste ad una drastica riduzione dei sintomi quali bradicinesia (lentezza nei movimenti), tremore e rigidità degli arti e al tronco, salvo poi ripresentarsi nel momento in cui il dispositivo viene spento.
Attualmente la pratica della stimolazione cerebrale profonda è applicata con successo anche al trattamento di alcuni disturbi psichiatrici che non rispondono più alla terapia farmacologica. In particolare questa tecnica si è rivelata molto efficace nel trattamento della depressione maggiore e del disturbo ossessivo-compulsivo.
Nel caso del trattamento della depressione la DBS si attua inserendo gli elettrocateri nell’area della corteccia orbitofrontale del cervello chiamata area subgenuale.
Gli elettrodi dunque, una volta attivato il dispositivo, trasmettono un impulso ai neuroni presenti in quell’area che ha come risultato un effetto antidepressivo.
Recenti studi hanno evidenziato come attualmente solo il 50% dei pazienti affetti da depressione maggiore risponde in maniera adeguata a questo tipo di trattamento e che tra questi soggetti, non tutti manifestano una remissione totale della malattia ma solo la riduzione dei sintomi depressivi.
La stimolazione cerebrale profonda pur rappresentando un intervento chirurgico invasivo (in quanto prevede la perforazione del cranio in anestesia locale) non rappresenta un intervento particolarmente rischioso.
Malgrado ciò, analogamente ad altri farmaci utilizzati nel trattamento del Parkinson o della depressione maggiore, la stimolazione cerebrale profonda può dare luogo a possibili effetti collaterali qualora i candidati a questo trattamento non siano scelti accuratamente, inoltre può comportare la comparsa di alcuni disturbi di natura psichiatrica quali depressione, stati maniacali, apatia o stati confusionali.
Il più delle volte si tratta di fenomeni piuttosto rari e transitori, che se trattati in modo appropriato arrivano ad una completa remissione.
I costi della DBS in Italia (come nel resto del mondo) sono piuttosto elevati. Il costo complessivo dell’impianto e del dispositivo di controllo si aggira, secondo quanto riportato da uno recente studio osservazionale condotto su pazienti italiani e pubblicato sulla rivista PharmacoEconomics, sui 20.033 €.
Secondo lo studio tale costo nel giro di soli 17 mesi diventa equiparabile al costo delle cure farmacologiche cui viene sottoposto un malato di Parkinson. La stimolazione cerebrale profonda rappresenta dunque un indubbio risparmio nei termini di spesa sanitaria oltre ad assicurare un netto miglioramento della qualità della vita del malato, rispetto alle cure tradizionali.