Si parla di eutanasia passiva se il medico si astiene dal praticare le cure mirate a tenere ancora in vita il malato, mentre è detta eutanasia attiva quando il medico causa direttamente la morte del malato. In particolare, è chiamata eutanasia attiva volontaria se il medico agisce in seguito alla richiesta esplicita del malato.
Nella casistica solitamente rientra anche il suicidio assistito, ossia l'atto autonomo di porre fine alla propria vita compiuto da un malato terminale grazie all'aiuto ed alla presenza di un medico.
Nel periodo della Grecia antica, il suicidio aveva una grande considerazione. Si credeva infatti che ognuno fosse libero di disporre della propria vita come meglio credesse. Proprio per questa visione della vita, nel mondo classico l'assistenza al suicidio non fu proibita fino a quando il cristianesimo conquistò un grande potere.
All'inizio del '900, il tema ritorno ad avere una grande risonanza nell'opinione pubblica. L'aspettativa di vita, infatti, cominciava ad allungarsi, ma non sempre questa maggiore durata era caratterizzata da una qualità di vita dignitosa.
Secondo la visione della Chiesa cattolica, la vita è un dono di Dio e solo lui ne può disporre. Proprio per questo motivo, l'eutanasia è considerata omicidio. Al massimo, può essere ammessa alla fine delle terapie, qualora sussistesse accanimento terapeutico.
Tale posizione si pone esclusivamente dal punto di vista del medico e non del paziente sofferente. In passato, inoltre, questa sofferenza era vista come un modo di “partecipare” alla passione di Gesù.
Questa visione si riflette anche in altri ambiti della medicina. Ad esempio, ancora oggi l'Italia è decisamente indietro nella somministrazione di morfina ai malati terminali.
Altre Chiese cristiane, invece, hanno una visione differente:
Negli anni '30, nel mondo anglosassone iniziarono a comparire le prime associazioni a difesa dell'eutanasia; in particolar modo, queste si svilupparono maggiormente nel periodo del dopoguerra.
Oggi le associazioni di tutto il mondo sono riunite nella World Federation of Right to Die Societies (Federazione Mondiale delle Società per il Diritto di Morire). In seguito, nel 1974, alcune figure di spicco (come scienziati, filosofi e premi Nobel) lanciarono il manifesto “A Plea for Beneficient Euthanasia”, il quale riscosse grande successo.
L'attività principale di tali associazioni era quella di sensibilizzare l'opinione pubblica – in particolare governi e parlamenti – sulla necessità di raggiungere stadi più progrediti nel riconoscimento dei diritti dei malati terminali. Tra questi figurava il consenso informato, un termine comunemente utilizzato nel vocabolario medico che indica il diritto del paziente di decidere delle sue cure; è stato riconosciuto.
Attualmente la battaglia si è spostata: oltre a richiedere di legalizzare l'eutanasia, ci si pongono domande sulla liceità e sul valore legale della sottoscrizione di un “testamento biologico” da parte di chiunque.
L'eutanasia attiva non è normata ai codici del nostro Paese; per tale motivo essa è paragonabile all'omicidio volontario (Art. 575 del Codice Penale).
Qualora si riuscisse a dimostrare il consenso del malato, le pene sono di omicidio del consenziente (Art. 579) e variano dai 6 ai 15 anni.
Ai sensi dell'Art. 580, anche il suicidio assistito è considerato un reato.
Nel caso di eutanasia passiva, invece, nonostante sia proibita, essendo difficile dimostrare la colpevolezza, è più raro assistere ad eventuali denunce.
Esistono diversi casi italiani, che spesso hanno attirato l'attenzione dell'opinione pubblica poiché riportati in primo piano dall'opinione pubblica. Di seguito ne sono riportati alcuni.
Il 23 maggio, un giovane di Viareggio ha aiutato un amico nell'interrompere la propria vita con una dose di insulina. Adesso rischia fino a 15 anni di carcere, anche se i genitori dello stesso amico defunto definiscano il suo gesto come “un atto di amore”.
Negli stessi giorni, un uomo di Monza è stato condannato a 6 anni e mezzo per aver staccato i fili che pompavano aria ai polmoni della moglie 2 anni prima. Il 24 aprile del 2002, però, l'uomo è stato assolto in appello dall'accusa di omicidio volontario premeditato. I giudici hanno infatti stabilito che l’ingegnere Forzatti, staccando la spina del respiratore, non uccise la moglie perché “la donna era già morta”.
Nel maggio del 2001, gli ultimi giorni di Emilio Vesce, uno storico militante radicale, infiammarono la campagna elettorale per le dichiarazioni del figlio contro il nutrimento artificiale, che era considerato un accanimento terapeutico.
Nel settembre del 2006 è scoppiato il caso di Piergiorgio Welby, un malato di distrofia muscolare incapace di muoversi, il quale ha chiesto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di poter ottenere l’eutanasia.
In seguito a ciò, il Presidente ha invitato le Camere a discutere del problema, ma è rimasto inascoltato. Il 21 dicembre seguente Piergiorgio è morto, scatenando una forte ondata di commozione in tutto il Paese.
Nel luglio del 2007 è morto anche Giovanni Nuvoli, il quale aveva a sua volta chiesto che gli fosse staccato il respiratore. Per impedire che ciò avvenisse erano stati inviati addirittura i carabinieri.
Anche il caso di Eluana Englaro, donna completamente immobile e priva di coscienza dal 1992, ha avuto molta risonanza mediatica. La donna era tenuta in vita in vita da un cannello nasogastrico contro la sua stessa volontà. Suo padre ha quindi intrapreso diverse iniziative legali per sospendere le cure, senza ottenere alcun successo per molti anni.
Per porre fine alle sofferenze, Nuvoli fu costretto a non assumere più cibo e bevande, lasciandosi morire di fame e di sete.
Dopo molto tempo, nell’ottobre del 2007, la Corte di Cassazione, ha rinviato la questione alla Corte d’Appello di Milano, stabilendo che l’interruzione delle cure può essere ammessa quando il paziente si trova in uno stato vegetativo irreversibile, qualora in vita avesse manifestato la propria contrarietà a tali cure.
Infine, nel luglio del 2008, la Corte d’Appello ha autorizzato il padre di Eluana a interrompere i trattamenti che tenevano in vita la figlia.
Contro tale provvedimento è stato presentato un ricorso da parte del procuratore generale di Milano, che venne poi bocciato dalla Corte di Cassazione. Eluana si è spenta nel febbraio del 2009 in una clinica ad Udine, nonostante che il governo Berlusconi avesse provato ad emanare un decreto legge ad hoc mirato ad impedire questo gesto.
Nel novembre del 2010, il noto regista Mario Monicelli, affetto da malattia terminale, si lanciò dal quinto piano dell’ospedale in cui era ricoverato. Esattamente un anno dopo, l’ex parlamentare Lucio Magri scelse di ricorrere al suicidio assistito in Svizzera.
Stessa cosa fece nel 2013 anche Piera Franchina.
In ottobre del 2013, un altro regista, Carlo Lizzani, si tolse la vita lanciandosi dal terzo piano. Egli aveva detto di volersi sottoporre all'eutanasia insieme alla moglie, come Romeo e Giulietta.
Nel 2016, il giudice tutelare del tribunale di Cagliari ha accolto la richiesta di Walter Piludu, ex presidente della Provincia, nonché malato di Sla, il quale chiedeva l’interruzione delle cure. Il magistrato ha infatti stabilito che «è un diritto rifiutare le cure e andarsene senza soffrire: sedati per non sentire ansia o dolore».
Infine, il caso più recente risale al 27 febbraio del 2017, giorno in cui è morto in Svizzera Dj Fabo, ricorrendo al suicidio assistito.
Il concetto di legalizzazione (rendere legale un atto) è spesso in contrasto con quello di depenalizzazione (rendere impunibile un atto).
Il Comitato Nazionale di Bioetica, costituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, è un organismo volto ad aggiornare la legislazione italiana. Purtroppo si è rivelato soggetto alle pesanti ingerenze vaticane: attualmente ha solo ha esteso solo documenti nei quali viene riproposta la strada delle cure palliative.
Nel 1989 nacque la Consulta di Bioetica col fine di discutere sui temi della vita e della morte da un punto di vista etico.
Nel 1996 venne costituita Exit-Italia, una associazione battagliera che promuove, all'interno dell'opinione pubblica, diverse campagne per la legalizzazione dell’eutanasia.
Del 2001 Liberauscita, un'associazione volta depenalizzare l’eutanasia, promuove un disegno di legge per normare la materia. Anche l'associazione radicale Luca Coscioni è molto attiva su questo tema.
Tra le riviste, “L'Ateo” si è occupata più volte di tema; ad esempio, il numero 2/2003 è stato dedicato a questo argomento.
Anche l'UAAR interviene nei dibattiti volti a sensibilizzare la popolazione su questo argomento.
Il 23 luglio 2002, il Segretario nazionale Giorgio Villella ha infatti preso parte al convegno “Diritto a Vivere, Diritto a Morire” organizzato da Cittadinanzattiva.
Tutti i sondaggi condotti negli ultimi anni evidenziano che la maggioranza degli italiani è favorevole alla legalizzazione dell’eutanasia.
Loris Fortuna fu il primo parlamentare a presentare una legge per disciplinare l’interruzione delle terapie ai malati terminali nel 1984. Egli era già estensore della legge sul divorzio.
Il 13 luglio 2000 Veronesi, il Ministro per la Sanità Veronesi, ha affermato che «l’eutanasia non è un tabù», e che pertanto bisognava ricercare il prima possibile una soluzione al problema. Nello stesso periodo, anche il Consiglio Comunale di Torino aveva votato una risoluzione pro-eutanasia.
Nell’agosto del 2001 i Radicali hanno presentato una proposta di legge di iniziativa popolare dal titolo “Legalizzazione dell’eutanasia”.
Durante la XIV legislatura sono stati presentati diversi progetti di legge. Le due proposte principali riguardano:
Anche durante la XV legislatura sono stati presentati diversi progetti.
Nella XVI, invece, venne presentato solo progetto d'iniziativa radicale. Furono però presenti molte proposte di segno opposto, sostenute soprattutto dai parlamentari clericali.
Nel dicembre 2012 è stata presentata una proposta di legge di iniziativa popolare, grazie all’Associazione Luca Coscioni, con la collaborazione di Exit e Uaar. La raccolta di firme è cominciata il 15 marzo 2013 ed è terminata il 13 settembre, giorno in cui sono state presentate le oltre 65.000 firme raccolte. Si tratta di ben più delle 50.000 necessarie. Il 28 ottobre una delegazione del comitato promotore è stata ricevuta dalla presidente della Camera Laura Boldrini.