Il sonniloquio o il parlare nel sonno è una parasonnia abbastanza diffusa nell’età infantile, più rara invece tra gli adulti. Solitamente chi lo sperimenta, al suo risveglio, non ha alcuna consapevolezza di aver parlato durante il sonno.
Questo disturbo del sonno può manifestarsi sia nella fase REM del sonno, quella poco profonda, che nella fase NREM. In base poi al momento della notte in cui il sonniloquio si verifica, il soggetto parla in maniera differente. Quando il sonniloquio si verifica nella fase REM del sonno, solitamente l’individuo pronuncia frasi di senso compiuto, durante la fase NREM, è invece più frequente un eloquio caratterizzato da grugniti o suoni inarticolati difficili da decifrare.
Si manifesta spesso in concomitanza con altre parasonnie, come: il sonnambulismo infantile, in cui il bambino (e in casi più rari l’adulto) deambula nel sonno, il bruxismo o il pavor nocturnus, ovvero il terrore notturno.
Molti sono i soggetti che parlano nel sonno. Il sonniloquio rappresenta uno dei disturbi del sonno più frequenti nei bambini, tanto che secondo alcune stime si manifesta nel 50% dei bambini di età compresa tra i 3 ed i 10 anni e solo nel 5% degli adulti.
Secondo un'indagine condotta nel 2004, circa 1 bambino su 10, parlerebbe nel sonno almeno 2 notti a settimana, con nessuna differenza significativa, in quanto ad incidenza, tra sesso maschile e femminile.
Si parla nel sonno perché il nostro cervello continua a formulare pensieri inconsci anche mentre dormiamo, indipendentemente dal fatto che si stia sognando o meno.
Questo fenomeno può infatti verificarsi in qualsiasi fase del sonno, sia nella fase REM che in quelle NREM. Tra le cause principali di sonniloquio troviamo il disturbo comportamentale del sonno REM (Rapid eye movement sleep Behavior Disorder - RBD) e il pavor nocturnus, entrambi disturbi del sonno la cui sintomatologia si manifesta anche attraverso dialoghi, risate, grida, imprecazioni, gesticolazioni, fino alla messa in atto di gesti violenti come pugni, calci, corse e fughe mimate nel letto, durante il sonno.
Altri fattori che possono contribuire a provocare il sonniloquio, includono:
È consigliabile rivolgersi ad uno specialista del sonno, nei casi in cui il soliloquio si manifesta improvvisamente in età adulta, se questo è accompagnato da urla, paura intensa o comportamenti violenti durante il sonno oppure interferisce con la qualità e la quantità del sonno della persona che ne soffre e delle persone che gli sono accanto. Nel caso dei bambini è in primo luogo utile confrontarsi con il proprio pediatra sulla strada più utile da seguire.
Non esistono dei veri e propri test per la diagnosi del sonniloquio, malgrado questo però il medico potrebbe decidere di sottoporre il paziente ad alcuni esami per approfondirne la qualità del sonno, come la polisonnografia, utile anche a verificare l’eventuale presenza di altri disturbi del sonno.
In merito ai trattamenti, il sonniloquio raramente richiede trattamenti farmacologici specifici. Tuttavia alcune modifiche nelle abitudini di vita quotidiane possono aiutare a ridurre gli episodi di sonniloquio, tra queste citiamo:
Gli specialisti del sonno consigliano inoltre di tenere un “diario del sonno” per almeno 2/3 settimane, allo scopo di tenere traccia delle abitudini che caratterizzano il proprio riposo notturno e quindi identificare eventuali problemi ciclici o schemi comportamentali disfunzionali che inducono il sonniloquio.
La relazione tra sonno e morbo di Parkinson è complessa, la ricerca in quest’ambito ha stabilito che nel 60-90% dei soggetti parkinsoniani si manifestano disturbi del sonno. Da numerosi studi è emerso come il sonniloquio, quando si presenta in età avanzata, può rappresentare uno dei sintomi del morbo di Parkinson.
Secondo alcuni studi, circa il 40% delle persone con disturbi nella fase REM del sonno (o RBD) possono incorrere in una diagnosi di Parkinson, addirittura a dieci anni di distanza dal manifestarsi dei primi sintomi.
Questi sintomi, quasi sempre ignorati o sottovalutati, sono invece di importanza fondamentale per procedere ad una diagnosi tempestiva e quindi ad un trattamento precoce della malattia.