E’ un tipo di anemia emolitica. Nell’Europa del nord ne è colpita una persona di razza bianca su 15000.
Diagnosticata per la maggior parte dei casi in età neonatale, si presenta con ittero e anemia ai quali si associa la splenomegalia. Sia l’età di esordio che la gravità della malattia non seguono regole costanti.
Circa nel 25-35% dei casi non deriva da anomalie del sangue dei genitori dei piccoli malati. Si tratta di un origine legata a:
Nei casi in cui la patologia abbia invece un’origine ereditaria ne vanno cercate le cause nei seguenti geni:
Quando questi mutano portano alla perdita di alcune proteine che compongono la membrana dei globuli rossi; questa si riduce creando problemi di disidratazione cellulare.
La sua diagnosi è problematica perché necessita la presenza di vari sintomi come:
Attualmente, il modo migliore per individuarla è lo studio del mantenimento della superficie della membrana cellulare, in relazione all’osmolarità del mezzo attraverso ektacitometria.
Nel caso di neonati si cura gestendo l’ittero. Se persiste una grave forma di anemia sono raccomandate trasfusioni di emazie. Durante il primo anno di vita il numero delle trasfusioni può essere contenuto usando una terapia a base di entripoietina. La splenectomia, consigliata a partire dai 7-8 anni di età, porta miglioramenti nel caso di sferocitosi ereditaria. Un approccio recente a questa tecnica, che consiste in una splenectomia subtotale, permette di mantenere la funzione immunologica della milza.