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Malattia di Pompe

Epatologia Genetica
Un medico

Malattia di Pompe: cos'è

La malattia di Pompe, detta anche glicogenosi di tipo II, appartiene alla categoria delle malattie rare di origine genetica. La sua incidenza è di uno a 10.000 ed è considerata una patologia metabolica. Essa è causata da una mutazione del gene GAA, incaricato della sintesi della proteina maltasi acida (o alfa-glucosidasi acida).

La mutazione genetica è causata dalla carenza dell'enzima alfa-glucosidasi acida e provoca delle alterazioni nell'utilizzo delle riserve energetiche da parte delle cellule, con il risultato che nell'organismo non avviene la corretta degradazione del glicogeno nelle molecole di glucosio. Ne consegue un accumulo localizzato all'interno dei lisosomi che porta a gravi danni agli organi maggiormente interessati.

L'enzima maltasi acida che si trova all'interno dei lisosomi ha infatti il compito di scomporre gli zuccheri complessi in zuccheri semplici, tuttavia se ciò non avviene (come nel caso della glicogenosi 2), si verificherà un progressivo accumulo di glicogeno all'interno delle cellule.

I danni maggiori sono in genere a carico dei muscoli delle gambe, delle braccia, del cuore e dell'apparato respiratorio, e purtroppo la malattia è cronica. Essa si trasmette geneticamente in modalità autosomica recessiva. Ciò significa che se entrambi i genitori sono portatori del gene che determina la carenza dell'enzima GAA, allora il figlio avrà il 25% delle possibilità di sviluppare la malattia.

Il morbo di Pompe si trasmette indifferentemente a maschi e femmine con le medesime probabilità, tuttavia esso può insorgere fin da subito oppure più avanti negli anni.

Malattia di Pompe: i sintomi

I sintomi della glicogenesi di tipo II variano molto sia in relazione al periodo d'esordio della malattia, sia da soggetto a soggetto.

Nella sua forma infantile, ovvero quando la patologia è presente fin dalla nascita, essa provoca:
  • scarso aumento ponderale nel bambino;
  • difficoltà nella suzione;
  • aumento della dimensione del cuore;
  • debolezza muscolare;
  • ipotonia;
  • difficoltà respiratorie;
  • frequenti infezioni respiratorie;
  • mancata acquisizione delle cosiddette "tappe dello sviluppo", come il camminare, il sedersi da soli;
  • postura "a bambola di pezza", dovuta ai muscoli poco sviluppati.

I neonati nati con la malattia di Pompe, se non adeguatamente trattati fin da subito, purtroppo muoiono durante il primo anno di vita a causa di insufficienza respiratoria.

Nella forma cosiddetta "a esordio tardivo", la glicogenosi tipo 2 o malattia di Pompe provoca:
  • progressiva debolezza muscolare;
  • problemi a respirare: la difficoltà respiratoria può divenire via via sempre più grave, fino a dover richiedere l'utilizzo della ventilazione polmonare assistita o di un intervento di tracheostomia;
  • mal di testa;
  • miopatia;
  • sonnolenza;
  • fiato corto dopo uno sforzo fisico;
  • infezioni respiratorie ricorrenti;
  • fatica e debolezza generale;
  • apnee del sonno;
  • problemi di deglutizione;
  • scoliosi;
  • contratture e rigidità muscolare;
  • dolore alla parte bassa della schiena.
In questo caso la malattia si presenta in forma molto meno grave rispetto a quella infantile, visto che la mancanza dell'enzima GAA non è totale, ma solo parziale. L'evolversi della patologia può comunque variare da persona a persona e richiedere tempi più o meno lunghi.

Diagnosi della sindrome di Pompe

Per diagnosticare la malattia di Pompe occorre effettuare il dosaggio dell'enzima della maltasi acida partendo da un prelievo di sangue periferico o su una biopsia ai muscoli. L'identificazione della patologia a livello prenatale, invece, è possibile misurando l'attività dell'enzima sui villi coriali o attraverso specifici esami che indagano la presenza di mutazioni cellulari nel feto.

Alcune Regioni italiane hanno incluso la malattia di Pompe all'interno dello screening neonatale per le malattie metaboliche, tuttavia per la diagnosi definitiva è sempre necessario analizzare l'enzima a livello leucocitario e genetico.

Glicogenosi di tipo 2: il trattamento

La malattia di Pompe può manifestarsi con differenti livelli di gravità, tuttavia è una patologia che richiede la presenza di numerosi specialisti: dal cardiologo al neurologo, passando per lo pneumologo e per i fisioterapisti, sono diverse le figure professionali mediche coinvolte nel percorso di cura.

Dagli ultimi vent'anni a questa parte per curare la sindrome di Pompe è possibile fare affidamento sulla terapia enzimatica sostituiva, che consiste nell'introduzione dell'enzima alfa-glucosidasi acida mancante attraverso flebo per via endovenosa. Queste ultime vengono somministrate ogni due settimane in regime ambulatoriale e permettono di arrestare del tutto le problematiche al cuore nella forma infantile.

Per quanto riguarda l'insorgenza della malattia di Pompe in età adulta, invece, la terapia enzimatica sostitutiva è comunque molto utile perché consente di limitare alcuni gravi sintomi e di rallentare la progressione della patologia, tuttavia non la elimina del tutto.

Per questo motivo è importantissimo agire con rapidità e diagnosticare la forma infantile della sindrome in breve tempo, così da iniziare la terapia enzimatica nel più breve tempo possibile. Attualmente sono in corso diverse sperimentazioni scientifiche volte a mettere a punto nuove tecniche genetiche.

Secondo gli scienziati, sarebbe possibile introdurre nell'organismo delle copie di geni sani incaricati di produrre l'enzima GAA, i quali potrebbero essere in grado di ritardare (se non di eliminare) l'insorgere della malattia. Oltre alle nuove possibilità offerte dalla scienza, per curare questa malattia rara è previsto un iter terapeutico a 360° che include anche le manipolazioni manuali, la fisioterapia e altre terapie dette "di supporto".

Convivere con la glicogenosi tipo 2

La malattia di Pompe è una patologia rara che, purtroppo, prima dell'avvento della terapia enzimatica sostitutiva non aveva un esito positivo. Nelle forme infantili la prognosi era infatti molto grave e nella maggior parte dei casi i piccoli pazienti andavano incontro al decesso entro i primi due anni di vita.

Dal 2006 a questa parte, invece, ovvero da quando la ricerca scientifica ha messo a punto la terapia enzimatica, la prognosi è notevolmente migliorata e, se la diagnosi arriva in modo tempestivo e corretto, tale tecnica è in grado di aumentare notevolmente l'aspettativa di vita e di ridurre in modo significativo le complicazioni legate alla patologia.

Quando la malattia insorge in età adulta o nei primi 12-24 mesi di vita del bambino, la prognosi è influenzata dalla quantità di enzima presente nell'organismo e dall'entità del danno muscolare che hanno accumulato le varie aree del corpo.

In Italia la malattia di Pompe rientra nell'elenco delle patologie rare ("Difetti congeniti del metabolismo e del trasporto dei carboidrati") e per i pazienti è prevista l'esenzione dal costo del ticket sanitario. Il 15 aprile di ogni anno si celebra la giornata mondiale della malattia di Pompe, con l'obiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica e di mantenere alta l'attenzione sulle patologie rare.
Dr. Marcello Sergio Medico Chirurgo
Dr. Marcello Sergio
ginecologomedico generale

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