Cos’è l'insufficienza venosa
L'
insufficienza venosa è una condizione in cui il
flusso di
sangue nelle vene risulta
inadeguato, causando un
ridotto ritorno di sangue verso il
cuore, e il suo ristagno nelle gambe. Nel caso ci fosse una
patologia che ostruisca il ritorno del sangue verso il cuore (per esempio la
trombosi venosa profonda, o la compressione da parte di organi addominali o pelvici), l’ostacolo al normale deflusso del sangue si evidenzia in un
accumulo di liquidi nelle parti più periferiche al di sotto del coagulo.
In alcuni casi, la debolezza dei muscoli delle gambe o l’immobilità prolungata (magari come conseguenza di un allettamento nel caso di una frattura o di una lunga malattia, o in quei pazienti costretti in sedia a rotelle) può contribuire all'insufficienza venosa. Molto più spesso invece, vi è un problema di reflusso venoso, che si verifica quando le valvole presenti all’interno del vaso venoso (solitamente superficiale, come la safena) sono alterate o mal funzionanti, e questo produce un accumulo di sangue nelle vene delle gambe (varici).
Fattori di rischio per l’insufficienza venosa
L’insufficienza venosa è solo lievemente più comune nelle donne che negli uomini (48:52), e secondo l'Università di Chicago Medical Center, è anche più probabile che si verifichi nelle donne tra i 40 ei 49 anni e negli uomini tra i 70 ei 79 anni. Oltre al genere, all’età, ai coaguli di sangue e alle vene varicose, altri fattori di rischio che favoriscono l’insorgenza della malattia o ne causano un relativo peggioramento, sono:
- obesità
- gravidanza
- ritenzione idrica
- cancro
- debolezza muscolare, lesioni alle gambe o traumi
- storia familiare di insufficienza venosa
- l'inattività (in posizione seduta o in piedi per lunghi periodi di tempo) può causare l'alta pressione sanguigna nelle gambe e aumentare il rischio.
Sintomi di insufficienza venosa
L’insufficienza venosa si presenta negli arti inferiori con una serie di sintomi e segni. I segni clinici dell’insufficienza venosa sono descritti in una classificazione internazionale (nota come CEAP) che li descrive in ordine crescente, a seconda della gravità, da 0 a 6; essi includono:
- C1: teleangectasie, cioè la dilatazione dei piccoli vasi superficiali, come i capillari alle gambe
- C2: vene varicose
- C3: caviglie o gambe gonfie (edema)
- C4: ispessimento della pelle sulle gambe o sulle caviglie
- C4: pelle che cambia colore e si scurisce (soprattutto intorno alle caviglie)
- C5: atrofia bianca, in cui compare un’area biancastra e atrofica circoscritta, circolare, e circondata da capillari dilatati: spesso questo tipo di lesione si ritrova proprio in corrispondenza di una pregressa ulcera che sta per riaprirsi
- C6: ulcere della gamba.
Ai segni si possono associare alcuni sintomi, che includono:
- dolore alle gambe che si allevia quando si alzano le gambe
- gambe pesanti
- crampi notturni alle gambe
-
formicolii senso di debolezza alle gambe.
Com'è diagnosticata
Oltre all’anamnesi e all’esame obiettivo del paziente, è necessario che il medico esegua un
Ecocolordoppler per un corretto inquadramento dell’estensione e della causa del problema. Si tratta di un esame non invasivo (sostanzialmente una ecografia delle vene), che permette di analizzare non solo la morfologia dei vasi, ma anche il flusso di sangue al loro interno.
Altri esami di secondo livello, più invasivi e certamente non di routine, possono includere:
- TAC con mezzo di contrasto
- risonanza magnetica
- venografia, cioè una radiografia delle vene dopo l’iniezione di mezzo di contrasto.
Terapie per l'insufficienza venosa
Le opzioni di
trattamento per l'insufficienza venosa dipendono da ciò che causa la condizione e dallo stato generale di salute del paziente. Più frequentemente ci si trova a dover affrontare un problema di
reflusso venoso superficiale, spesso associato a vene varicose, ma talvolta anche a ulcere degli arti inferiori; il medico, dunque, a seconda dell’estensione e della severità della patologia potrebbe proporre trattamenti di tipo conservativo (prescrivendo farmaci e integratori flebotonici e calze elastiche compressive) o più invasivi (quali la scleroterapia o qualcuna delle tecniche “
termoablative”, che includono il laser o la radiofrequenza).
Nella terapia laser (o radiofrequenza), dopo l’inserimento di un catetere in vena, un raggio laser attraversa il catetere e riscalda la parete venosa della vena alterata provocandone l’immediata chiusura. Il sangue viene poi reindirizzato verso altre vene. Il procedimento è spesso utilizzato per l’obliterazione endovascolare della grande vena safena, e viene eseguito in anestesia locale in regime ambulatoriale.
La chirurgia ablativa comprende gli interventi di stripping della safena e la crossectomia. Questi interventi sono considerati obsoleti e non dovrebbero più essere proposti come trattamento di prima scelta, secondo le Linee Guida Italiane ed Internazionali.
La scleroterapia consiste nell’iniezione di una sostanza sclerosante in vena, che ne produce la chiusura. In questo modo, il sangue viene convogliato nelle vene sane.
La chiusura della vena malata si può ottenere usando una speciale “colla”. In questo tipo di trattamento, che non richiede alcun tipo di anestesia se non nel punto in cui viene inserito l’apposito strumento, le pareti della vena da trattare vengono letteralmente incollate tra di loro impedendo quindi al sangue di refluire.
Si tratta di un trattamento innovativo e sicuramente molto interessante, la cui efficacia a lungo termine resta comunque ancora da dimostrare. Nei casi in cui il problema fosse di tipo ostruttivo (trombosi venosa profonda o compressione del vaso), il trattamento potrebbe essere di tipo conservativo (anticoagulanti orali e compressione elastica), oppure ancora di tipo interventistico.
Fra i trattamenti chirurgici troviamo:
-
angioplastica venosa percutanea, in cui una vena viene dilatata per mezzo di un palloncino inserito tramite un catetere a livello dell’inguine
-
trombectomia e valvuloplastica, con le quali vengono riparate, rispettivamente, le vene e le valvole delle vene alterate (queste ultime, solitamente, non vengono sostituite con delle protesi, come accade invece in caso di insufficienza aortica).
Si può scegliere indifferentemente il tipo di intervento?
In alcuni casi, sì. Il medico, dopo aver accertato la natura e l’estensione della patologia, propone solitamente uno spettro di possibili trattamenti tra i quali poter scegliere. Nella maggior parte dei casi, invece, la natura e l’estensione della patologia (unitamente alla storia clinica e alle condizioni generali del paziente) potrebbero sconsigliare alcuni trattamenti e invece indicarne degli altri.
In generale, bisogna sempre tenere a mente che non esiste un trattamento “giusto” e un trattamento “sbagliato”, ma esiste sempre il “giusto trattamento per quel tipo di paziente con un determinato tipo di patologia”. La cosa migliore rimane quella di affidarsi allo specialista di fiducia.