Con il termine “mindful eating” si intende un approccio che promuove una maggiore consapevolezza e attenzione verso i propri bisogni alimentari: tutto ciò genera nuovi modi di vivere l'esperienza del pasto, migliora il benessere complessivo e porta ad adottare un approccio più equilibrato.
Imparando a vivere il “qui e ora”, si pone l’attenzione sulle necessità emotive che influenzano le scelte alimentari e il modo in cui ci si avvicina al pasto – imparando a nutrirsi con attenzione e consapevolezza.
Abbiamo deciso di parlarne con Ylenia La Porta, Biologa Nutrizionista conosciuta su Instagram come @dottoressa.empatia, che racconta: Ho scelto di seguire la cura profonda di chi ha difficoltà alimentari, perché in molti mi dicevano di essere stanchi di dover seguire regole precise. È importante lavorare sul rapporto che le persone hanno con il cibo, dando al paziente strumenti e educazione per agire nel quotidiano. Insegno ascolto, comprensione e osservazione: bisogna imparare a conoscere i segnali del corpo.
Quali sono i princìpi fondamentali della mindful eating e come possono essere applicati nella vita quotidiana?
Generalmente è possibile identificare 3 grandi pilastri:
- il non giudizio: il più importante. La mente umana emette costantemente giudizi, anche a causa della diet culture. Ci hanno insegnato che esistono alimenti buoni e cattivi ma, se si vuole avere un approccio mindful, occorre decostruire questo concetto. Certo, ogni alimento ha vantaggi e svantaggi, ma quando ci si giudica come corpo non conforme alla società, diventa impossibile mangiare mindful; va eliminato il giudizio di sé;
- la pazienza: il mondo, ormai, va velocissimo e i ritmi frenetici non aiutano quando si vuole mangiare mindful. Proprio per questo, occorre rispettare i tempi del proprio corpo e, come per tutte le cose, tale pratica richiede pazienza. È importante avere la percezione di quanto tempo è necessario per fare qualcosa;
- la mente del principiante: occorre tornare a stupirsi delle piccole cose, del quotidiano; facendo un parallelismo, quando si dà qualcosa ad un bambino, egli diventerà magicamente curioso. Bisogna tornare a quel genuino stupore che, al giorno d’oggi, non è più possibile avere: nessuno si stupisce più di niente, tutti sono abituati a tutto.
Esistono, poi, altri elementi importanti della mindful eating, come ad esempio la fiducia: se non ci si fida di sé stessi, allora non si riuscirà a portare avanti il processo e sarà più difficile aspettarsi qualcosa.
È fondamentale non ricercare un risultato fisico: attraverso la mindful eating non si ottiene un traguardo corporeo e non si deve auspicare un dimagrimento; potrebbero esserci dei risultati per via di una nuova consapevolezza, ma la modifica del corpo non deve essere l’obiettivo principale.
Infine, occorre accettare che si possono avere delle emozioni e bisogna imparare ad accoglierle. Può essere importante, anche, seguire un percorso terapeutico per comprendere come lasciare andare i pensieri negativi.
Quali sono i segnali del corpo che indicano fame o sazietà durante un pasto? Come riconoscerli attraverso la mindful eating?
Biologicamente, la regolazione della fame e della sazietà avviene attraverso gli ormoni della grelina e della leptina.
Spesso, i miei pazienti dicono di non essere in gradi di sentire quando si ha fame ma, se si presta attenzione, si possono percepire sensazioni a livello fisico: occorre imparare ad ascoltare.
La fame fisiologica, che spesso viene confusa con quella estrema, può generare diversi sintomi graduali, come una deprivazione energetica, stanchezza, desiderio di ingerire qualcosa: tutto questo è fame, non bisogna arrivare a sentire il brontolio allo stomaco; avere un grande appetito porta a non essere attenti e presenti nel pasto – quando c’è voracità, non c’è mindful.
Anche la sazietà è fatta di livelli che si possono percepire: si tratta di un processo graduale, boccone dopo boccone ci si sente sempre più sazi, fino alla porzione che rende appagati.
Quale legame esiste tra emozioni e fame?
La fame emotiva, ovvero mangiare a seconda delle proprie emozioni, esiste e va normalizzata (anche se, spesso, viene criticata e insegnano come fermarla).
Nel momento in cui si percepisce di avere difficoltà emotive, è importante rivolgersi a una figura professionale per imparare ad accettarle.
In generale, dunque, le emozioni legate al cibo sono reali: ad esempio, quando veniamo al mondo, una delle prime cose cui siamo sottoposti è l’allattamento – una sorta di primo calmante; tutte le regolazioni di stress e ansia si manifestano portando alla bocca qualcosa: fumare, mordicchiare la penna, mangiarsi le unghie.
Nonostante ciò, la fame emotiva viene spesso demonizzata, ma occorre solo riconoscere che non è l’unico modo per regolarsi. Se si diventa capaci di individuarla, allora si è in grado di accettarla e capire come viverla.
La fame emotiva non ha una sintomatologia fisica come la fame fisiologica, c’è solo una forte emozione: non è graduale, è un impeto.
Seguendo un percorso nutrizionale, si può arrivare a comprendere e a cogliere entrambi i tipi di fame e fare un percorso per gestirle e non usare il cibo come unica valvola di sfogo.
Quali strategie pratiche si possono adottare per integrare la mindful eating nella vita di tutti i giorni?
La mindful eating si applica imparando a prendersi cura del momento in cui si mangia: vivendo una vita frenetica, non si è più in grado di godere quello che si ha nel piatto.
Una delle strategie più importanti è quella di prendersi del tempo; l’istante del pasto è importante, perché si sta andando a nutrire il corpo e si forniscono energie per affrontare la giornata.
Anche solo l’attimo della preparazione e della cura del piatto stesso è mindful: i profumi, le spezie i sapori.
Inoltre, i diversi input cui siamo sottoposti – il telefono, la televisione – distraggono e non permettono di godersi appieno il momento; ponendo il veto alle distrazioni, sarà possibile percepire meglio la sazietà e il piatto avrà tutto un altro sapore.
Mangiare velocemente non è un buon modo per assaporare quello che si ha nel piatto: le posate andrebbero appoggiate mentre si mastica e, masticando lentamente, si riesce a appagare il cervello.
Come si può mantenere la consapevolezza nel lungo periodo?
Una volta scoperto qualcosa di piacevole, è difficile allontanarcisi: tutti cercano di mantenere le buone abitudini, se si è consapevoli del fatto che determinate pratiche fanno stare bene, sarà più semplice metterle in pratica e perseguirle nel tempo.
È normale avere giorni in cui sarà difficile preparare un pasto mindful, così come è lecito sentire il bisogno di una coccola alimentare: bisogna esserne consapevoli e accettarlo.
La chiave per mantenere la mindful eating a lungo termine è ascoltare e accogliere il fatto che ognuno ha bisogni diversi.
Mindful eating in gravidanza: occorre seguire qualche precauzione per il feto? E nei bambini, si può mettere in pratica?
Per quanto riguarda la gravidanza, si è assolutamente liberi di seguire questa pratica – occorre solo capire che si stanno attraversando cambiamenti fisiologici, quindi si avranno esigenze nutrizionali diverse e si dovrà prestare attenzione a determinati cibi.
Non si tratta di mindful aperta a tutto, si devono seguire le giuste accortezze nutrizionali, stando attenti a non ingerire alimenti pericolosi per il feto.
Anche i bambini possono seguire la pratica del mindful eating: in questi soggetti, poi, è anche più semplice metterla in pratica, poiché non sono vittime dell’influenza socio culturale.
Riuscire a stimolare la curiosità è utile per prevenire la selettività alimentare, dal momento che, quando un bimbo non è abituato ad avere un ampio ventaglio di scelta, non è selettivo.
La cosa importante è agire sul genitore: bisogna prestare attenzione a quello che si dice ai più piccoli, occorre tenerli lontani dal mondo delle diete e dell’ideale di bellezza, devono vivere con spensieratezza senza condizionamento estetico.
Infine, la televisione andrebbe tenuta spenta, altrimenti non si allena la sazietà.