È dal 1° gennaio 2005 che la Legge italiana prevede l’obbligo del microchip per cani, un piccolo dispositivo elettronico chiamato anche Transponder, racchiuso all’interno di una capsula di vetro biocompatibile che viene iniettata sotto la pelle dell’animale.
A praticare la procedura è un medico veterinario presso qualsiasi ambulatorio abilitato o presso la ASL di riferimento.
Il microchip ha preso il posto del tatuaggio per iscrivere il cane all’anagrafe regionale nata nel 1991.
Nonostante ciò, sono ancora in tanti a credere che il microchip sia facoltativo, a ignorarne l’esistenza e l’obbligatorietà per legge, pena le sanzioni previste dalla inadempienza, o a temerne le conseguenze sulla salute del cane.
Da notare che il microchip è obbligatorio e assolutamente innocuo per la salute e per l’aspetto del cane, non dispensa onde nocive e non altera in nessun modo il suo temperamento.
Ma vediamo nel dettaglio a cosa serve e come funziona questo dispositivo, quando va messo, come avviene la procedura e quanto costa.
Microchip per cane, come funziona e a cosa serve
Potremmo definire il microchip una specie di carta di identità del cane, che lo associa al suo padrone il quale se ne prende tutte le responsabilità, civili e penali.
Il microchip per cani è un piccolo dispositivo (11-12 millimetri) che sfrutta la tecnologia R.F.ID – “Radio Frequency Identification”.
La tecnologia usata permette l’emissione di onde a radiofrequenza solo quando il microchip viene esposto al lettore.
In pratica, il chip funziona come una radio antenna che riceve il segnale del lettore con il quale entra in contatto, preposto a rilevarne il codice identificativo univoco di 15 cifre che viene generato dal chip.
Al suo interno, si trovano alcuni circuiti elettronici che servono a trasmettere le informazioni al lettore.
Subito dopo averlo inserito sotto la pelle dell’animale, il veterinario lo iscrive all’anagrafe di competenza riportando alcuni dati necessari: codice, dati dell’animale e del proprietario.
Il chip può essere letto dalle guardie zoofile, dai veterinari abilitati, dal personale dei canili o dal servizio veterinario delle ASL e dai veterinari liberi professionisti, attraverso un lettore di microchip.
A cosa serve il microchip per cani
Serve a identificare l’animale e a evitare la pratica dell’abbandono, ma è utile anche per tanti altri motivi che vedremo a breve.
Con il microchip si registra il cane nell’anagrafe canina che si trova presso tutte le ASL veterinarie e prevede la registrazione di tutti i dati di riconoscimento: nome, data di nascita, razza, taglia e nome del proprietario.
Il proprietario è obbligato a iscrivere il cane all’Anagrafe canina entro il 60-70° giorno di vita o entro 15 giorni da quando entra in possesso del cane, e prima della sua eventuale cessione in qualsiasi circostanza e a qualsiasi titolo.
Attraverso il codice contenuto nel microchip si possono ricavare le informazioni sul cane e sul proprietario. Nel dettaglio è possibile:
- risalire all’anagrafe regionale di appartenenza dell’animale grazie alla Banca dati dell’Anagrafe Animali d’Affezione istituita dal Ministero della Salute. Il portale permette ai veterinari accreditati di accedere ai dati del proprietario del cane;
- reperire il proprietario responsabile dell’animale eventualmente smarrito o in caso di furto del cane impedire la vendita del cane a terzi;
- permette di registrare tutte le vaccinazioni che sono state fatte al cane e di identificarlo quando necessario in funzione di una ricetta veterinaria elettronica;
- avere sotto controllo il numero della popolazione canina.
Grazie al microchip che associa il cane al suo proprietario, si riesce a contrastare anche il fenomeno del randagismo e la spregiudicata pratica dell’abbandono tipica dei mesi estivi.
Se nel frattempo, per qualsiasi ragione, intercorrono alcune variazioni: cambio di proprietà, di residenza, decesso dell’animale, tutti questi cambiamenti devono essere comunicati entro quindici giorni al Dipartimento di Prevenzione Veterinario dell’ATS, a un Medico Veterinario accreditato o al proprio comune di residenza.
Quando mettere il microchip per cane
Il microchip è obbligatorio entro e non oltre il 2° mese di vita del cane.
Se si adotta un cane senza microchip, la legge concede 15 giorni di tempo per risolvere e provvedere al suo inserimento.
Prima dell’ingresso del microchip, il riconoscimento del cane avveniva attraverso la procedura del tatuaggio, un codice composto di lettere e numeri che veniva tatuato dietro l’orecchio o sull’interno della coscia.
Il tatuaggio è stato sostituito con il microchip perché era difficile leggerlo e implicava un’anestesia sull’animale con il rischio di incorrere in una pericolosa allergia.
I cani che hanno già il tatuaggio non devono ricevere il microchip.
Come mettere il microchip al cane
Come premesso, ma entriamo nel dettaglio, il microchip viene applicato dal veterinario sul lato sinistro del collo mediante una puntura sottocutanea con siringa sterile e monouso.
La procedura potrebbe comportare una sensazione di forte pizzicore nell'animale.
Cosa non è il microchip
Onde evitare possibili equivoci, precisiamo che il microchip non è un dispositivo di GPS, non è un navigatore satellitare attraverso il quale localizzare l’animale smarrito o rubato.
Il microchip permette di risalire al proprietario qualora il cane smarrito venga ritrovato.
Chi ritrova il cane, può portarlo da un veterinario al canile o in una ASL, dove il personale potrà mettere in atto tutte le procedure di reperimento del proprietario.
Il microchip per il cane con GPS
Il chip per cani con GPS è un dispositivo opzionale e non obbligatorio, che funziona come localizzatore dell’animale. Capita, infatti, di smarrire il cane e non sapere come ritrovarlo. In questi frangenti, un microchip per localizzarlo aiuta a rilevare la sua presenza.
Quanto costa mettere il microchip al cane
Se ci si rivolge alla ASL, il prezzo del microchip varia in base alla regione di appartenenza, ma si aggira tra 5,00 e 10,00 euro. Se ci si reca dal veterinario, il costo varia dai 20,00 ai 35,00 euro.
Infine, si può segnalate che nell’ultimo anno le banche dati delle varie regioni si stanno unendo per consentire uno scambio di informazioni più utile alla comunità.