Le mutazioni genetiche ereditarie sembrerebbero giocare un ruolo piuttosto significativo nell’insorgenza del tumore alla prostata.
Partendo da questa evidenza, negli ultimi anni è stato dato un notevole impulso alla ricerca scientifica nell’ambito della genetica oncologica, in particolare all’individuazione (attraverso lo studio delle alterazioni presenti nel DNA) dei geni-chiave responsabili dell’oncogenesi.
Questi studi hanno permesso la messa a punto di test genetici in grado di identificare alcune classi di geni utili a distinguere i soggetti a rischio carcinoma e perfino di quantificarne il livello di rischio.
Prevenire i tumori alla prostata: il futuro è nei test genetici
I test oncogenetici, ad oggi, rappresentano un importante strumento diagnostico e un’indubbia innovazione dal punto di vista del trattamento sia del cancro alla prostata che di altri tipi di carcinoma. La loro rapida e incontrollata diffusione – e l’uso a volte improprio di questi strumenti – ha però messo in evidenza la necessità, da parte dei clinici stessi, di stilare delle linee guida utili a garantire una corretta pratica clinica.
A questo scopo sono state recentemente pubblicate sul Journal of Clinical Oncology una serie di raccomandazioni stilate da un panel internazionale, costituito da più di 70 esperti, riunitosi presso il Sidney Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University, negli Stati Uniti.
Secondo il dr. Veda N. Giri, direttore del Dipartimento di Oncologia del Sidney Kimmel Cancer Center e autrice principale della pubblicazione, «vi sono numerose evidenze scientifiche che indicano come circa il 10-15% dei tumori alla prostata siano ereditari – continua – Allo stato attuale, la ricerca è riuscita ad individuare alcuni dei geni responsabili della trasmissione ereditaria di questo tipo di carcinoma che ci permettono di eseguire dei test diagnostici utili ad individuare tutti quei soggetti che hanno una probabilità maggiore di ammalarsi di tumore alla prostata».
Attualmente esistono diversi tipi di test genetici, che tramite un semplice prelievo del sangue, indagano la presenza di determinate mutazioni genetiche connesse con il rischio oncologico.
«È opportuno però chiarire» – spiega il dr. Antonio Russo, Professore Ordinario di Oncologia Medica all’Università di Palermo – «che i test genetici sono indicati solo per quei soggetti che hanno una storia pregressa personale o familiare di carcinomi, in particolare tumori alla mammella, ovaio, colon, stomaco o melanoma cutaneo. Questi individui il cui rischio ereditario di ammalarsi di tumore è maggiore rispetto al resto della popolazione, secondo quanto raccomandano le linee guida, sono invitati a sottoporsi ad una consulenza oncogenetica, volta a verificare l’utilità per quel particolare soggetto di sottoporsi al test».
A questo proposito, però, è importante specificare che la maggior parte delle persone che hanno un familiare di primo grado, ma anche nonni o zii, con una storia di carcinoma alle spalle, non corre pericoli superiori al resto della popolazione di sviluppare tumori. La percentuale di individui portatori di mutazioni oncogenetiche ereditarie è infatti inferiore al 2%.
Chi deve fare attenzione al tumore alla prostata
Ma quali sono i soggetti a rischio di tumore alla prostata? Come avviene per qualsiasi altra neoplasia, le cause che provocano il tumore della prostata non sono del tutto conosciute, ma sono stati identificati diversi fattori che sembrano essere correlati al rischio di sviluppare la malattia.
In base alle linee guida pubblicate sul Journal of Clinical Oncology, sarebbe opportuno richiedere una consulenza genetica solo quando si verificano determinate condizioni, quali:
- Avere un parente di primo grado che ha sofferto della stessa malattia (soprattutto se con un’età inferiore ai 55 anni)
- Aver avuto un familiare di primo grado deceduto prima dei 60 anni per colpa di questo tipo carcinoma
- Avere un parente che abbia avuto un tumore ereditario della mammella e/o dell’ovaio (con mutazione BRCA1 o BRCA2), affetto da sindrome di Lynch o con una neoplasia prostatica già diagnosticata come ereditaria
Altri campanelli d’allarme da non sottovalutare, in quanto potrebbero rappresentare la spia di problemi più seri, sono i seguenti:
- Disfunzione erettile
- Ginecomastia o pettorali ingrossati
- Andare frequentemente al bagno di notte
- Calo del desiderio sessuale
- Noduli testicolari
- Presenza di sangue nelle urine
- Bere in modo eccessivo
- Dolore improvviso all’alluce in assenza di lesioni
- Noduli intorno ai capezzoli
Soggetti che manifestano uno o più di questi sintomi, dovrebbero considerare l’ipotesi di rivolgersi ad uno specialista, con il quale valutare il proprio fattore di rischio e quindi l’eventualità di sottoporsi ai test genetici. Quello che sottolineano gli esperti americani nella loro pubblicazione è l’assoluta necessità, prima di sottoporsi ad un qualsiasi test genetico, di rivolgersi ad un esperto genetista, per poter ricostruire la storia clinica personale e familiare, allo scopo di identificare potenziali situazioni a rischio.