Secondo l’American Cancer Society (ACS), il 2018 porterà circa 97.220 nuovi casi di tumore al colon e 43.030 nuovi casi di tumore al retto solo negli Stati Uniti. Questo tipo di cancro compare più spesso nei soggetti anziani, ma ci sono altri fattori di rischio associati con la sua insorgenza, come la genetica e i fattori collegati allo stile di vita. Fra questi, uno dei fattori di rischio citati più spesso è l’alimentazione – riferendosi, specificamente, ad abitudini alimentari che troppo spesso portano a obesità.
Quali cibi e nutrienti sono stati identificati come portatori di rischio per l’insorgenza del cancro al colon-retto? Quale tipo di dieta sia invece ritenuta salutare per la prevenzione di questo tipo di tumore?
Cerchiamo di capire quali sono i migliori regimi alimentare per mantenere l’organismo in forze durante il trattamento, che possa permettere un rapido recupero dopo la terapia di cura del tumore al colon-retto.
Carne rossa: perché aumenta il rischio di cancro
Numerosi studi hanno indicato che una dieta ricca di carne rossa è associata a un aumento del rischio di insorgenza del cancro al colon-retto. La carne rossa è definita dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) come «tutta la carne di muscolo di mammiferi, incluso il manzo, il vitello, il maiale, l’agnello, il montone, il cavallo e la capra».
Una revisione della prova scientifica che supporta questa associazione osserva che «il consumo di carne rossa può essere direttamente o indirettamente associato all’incidenza del cancro al colon-retto, in quanto una dieta ricca di carne tende ad essere povera in verdure, frutta e fibre».
Uno studio effettuato sulla popolazione del nord Italia ha evidenziato che i soggetti che si nutrono di molta carne rossa, insieme a uova, formaggi e altri cibi ricchi di grassi – così come gli zuccheri raffinati – hanno un rischio quasi doppio di sviluppare il cancro al colon o al retto rispetto ai soggetti che preferiscono un’alimentazione basata sui cibi di origine vegetale. Ricerche più recenti hanno inoltre rivelato che «un incremento giornaliero di 100 gr nel consumo di carne rossa o carne in generale è associato con un significativo 12-17% di aumento del rischio di contrarre il cancro al colon-retto».
Nel 2015, un rapporto pubblicato dall’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro fece particolare scalpore, poiché evidenziava che ogni porzione da 50 g di carne processata, come il bacon o il salame, se consumata ogni giorno, aumenta il rischio del soggetto di contrarre il cancro al colon-retto del 18%.
Queste evidenze hanno portato l’OMS a classificare le carni processate come «cancerogene per l’uomo». I danni causati dalle abitudini alimentari malsane sono tornati in prima pagina anche nel 2018, quando uno studio, pubblicato su THE BMJ, ha riportato che i cibi ultra-processati possono causare un aumento del rischio di sviluppare vari tipi di cancro.
Tumore al colon retto, un grande sì per le diete vegetariane: cosa mangiare
Quindi, se un alto consumo di carni rosse e cibi processati contribuisce ad aumentare il rischio di cancro al colon-retto, cosa bisognerebbe mangiare per proteggere il nostro organismo da questo dato?
Secondo l’ACS (American Cancer Society), una dieta ricca di frutta, verdura e fibre può aiutare a minimizzare il rischio, e molti studi recenti sembrano supportare questo argomento. Uno studio dell’Univeristà Loma Linda della California ha scoperto che l’alimentazione vegetariana è correlati con una diminuzione del rischio di contrarre il cancro al colon-retto. I ricercatori hanno esaminato quattro tipi di alimentazione che dicono no alla carne:
- Vegana, o strettamente priva di alimenti di origine animale
- Latto-ovo vegetariana, che include latticini e uova ma priva di carne
- Pesco-vegetariana, che include il pesce ma non la carne
- Semivegetariana, che prevede il consumo sia il pesce che la carne, ma in modo saltuario
Tutti e quattro questi tipi di alimentazione vegetariana si sono mostrati meno inclini a portare all’insorgenza del cancro rispetto alla dieta non vegetariana. Uno studio pubblicato lo scorso anno, inoltre, suggerisce che più il nostro pasto risulta colorato, meglio è, e che tutti dovremmo impegnarci ad integrare un vero e proprio arcobaleno di frutta e verdura nella nostra dieta.
Più specificamente, questi esperimenti svolti su maiali come modello animale – che fornisce la somiglianza più vicina all’organismo umano in termini di processi metabolici – indica che le patate viola aiutano a proteggere l’organismo dal cancro al colon. La spiegazione può risiedere nel fatto che questo ortaggio contiene delle sostanze che riducono i livelli di alcune proteine pro-infiammatorie nel sangue, ed è un fatto accertato che l’infiammazione prolungata o cronica contribuisce al rischio di insorgenza del tumore al colon.
Recentemente, i ricercatori hanno, inoltre, isolato un certo numero di elementi tipici della dieta mediterranea che aiutano a prevenire l’insorgenza del cancro al colon-retto. Le persone con un rischio molto basso di sviluppare questa condizione assumono molta frutta, verdura, arachidi e cereali integrali, oltre a molto pesce e carne bianca e bevono poche bevande alcoliche o zuccherate.
Cosa mangiare durante e dopo la terapia per ridurre il rischio di recidiva del cancro al colon
Secondo le linee guida del Dana-Farber Cancer Institute di Boston, i soggetti che si stanno sottoponendo a una terapia contro il cancro al colon-retto dovrebbero, ugualmente, prediligere una dieta a base di piatti di frutta e verdura, variando le tipologie di alimenti abbastanza spesso per rafforzare il proprio sistema immunitario.
Mangiare piccole porzioni (ma spesso!) durante la giornata è un altro approccio utile che gli specialisti del Dana-Farber Institute suggeriscono per chi si sottopone ad un trattamento di cura del cancro. Consigliano ai loro pazienti di mantenersi sempre ben idratati e di evitare l’alcol e le bevande a base di caffeina, spiegando che alcuni tipi di terapia possono entrare in conflitto con gli effetti provocati da queste bevande.
Tuttavia, un precedente studio indica che i pazienti sottoposti a trattamento standard contro il cancro al colon-retto, avevano sviluppato una percentuale di rischio di recidiva del cancro stesso addirittura dimezzata, assumendo quattro tazze di caffè, ovvero 460 mg di caffeina, al giorno. Come ha spiegato il principale autore dello studio, il dr. Charles Fuchs, «gli amanti del caffè avevano sviluppato un rischio molto minore di ritorno del cancro e una probabilità di sopravvivenza e possibilità di cura definitiva significativamente maggiori».
La ricerca, pubblicata lo scorso anno su JAMA Oncology, suggerisce che una dieta ad alto contenuto di fibre migliora il tasso di sopravvivenza per i pazienti affetti dal cancro al colon-retto allo stadio uno. L’assunzione di cereali integrali risulta anch’essa collegata ad un migliore risultato di trattamento, come hanno evidenziato i ricercatori.
Un ulteriore studio pubblicato l’anno scorso ha evidenziato che assumere un minimo di 57 g di noci da albero – come gli anacardi, le nocciole, le noci e i pistacchi – porta quasi a dimezzare il rischio di recidiva del cancro al colon per i pazienti che si stanno sottoponendo al trattamento della fase tre della patologia. Il consumo di noci da albero, inoltre, riduce il rischio di morte in seguito alla terapia del 53%.
Per quanto riguarda il rischio di sviluppare il cancro una seconda volta in seguito al trattamento, l’ACS afferma che questo possa venire notevolmente ridotto seguendo le stesse scelte alimentari salutari consigliate per la prevenzione del cancro stesso. Queste includono il mantenimento di un peso corporeo idoneo, porre «l’accento sui cibi di origine vegetale» nei vari pasti quotidiani, ed evitare il consumo di alcol.
In realtà, il dr. Victor Moreno – dell’Università di Barcellona, in Spagna – insieme ai suoi colleghi, ha scoperto che i fattori riguardanti lo stile di vita risultano essere più importanti dei fattori di rischio legati alla genetica, quando si tratta dello sviluppo del cancro al colon-retto.
«Tutto ciò è molto importante, se consideriamo che il nostro stile di vita, al contrario dei tratti genetici, è qualcosa che possiamo modificare – ha affermato la dr.ssa Gemma Ibáñez, prima autrice dello studio. Insomma, questi risultati suggeriscono che un rinnovamento delle scelte personali di salute può aprire la strada verso futuri risultati incoraggianti per la propria aspettativa di vita.