Secondo una revisione pubblicata su Brain Medicine, l’esposizione agli agenti inquinanti durante periodi critici dello sviluppo può impattare sul rischio di sviluppare autismo.
Vediamo perché.
Lo studio
Una nuova ricerca ha rivelato come l’esposizione prenatale – e durante la prima infanzia – all’inquinamento atmosferico massimizzi il rischio di autismo a causa di particolato fine (PM 2,5) e ossidi di azoto presenti nell’aria.
Secondo gli autori dello studio, gli agenti inquinanti e le particelle più piccole possono attraversare la placenta e, attraverso il flusso sanguigno, raggiungere il cervello, influenzandone lo sviluppo nel feto e nel neonato.
Il periodo di maggiore vulnerabilità all’esposizione di queste elementi avviene durante il terzo trimestre di gravidanza e nella prima infanzia, ovvero quando si verificano processi neuroevolutivi critici.
I meccanismi attraverso i quali gli inquinanti atmosferici possono influenzare lo sviluppo dei disturbi dello spettro autistico, sarebbero:
- stress nitrosativo generato dal monossido di azoto;
- neuroinfiammazione;
- stress ossidativo;
- alterazione dei sistemi neurotrasmettitoriali;
- interferenza degli inquinanti con il sistema endocrino;
- disfunzione dei processi metabolici.
Secondo i ricercatori, questa scoperta apre interrogativi cruciali sulle strategie di protezione per le donne in gravidanza che vivono in zone ad alta concentrazione di inquinamento.
Altri scenari
Il professor Amal, autore senior dello studio, spiega come i soggetti più a rischio e maggiormente sensibili agli effetti negativi dell’inquinamento siano proprio quelli con una maggior predisposizione genetica allo sviluppo dello spettro autistico: "l'interazione tra fattori genetici e ambientali – spiega – offre nuove prospettive per comprendere l'origine complessa dell'autismo; nonostante si sappia che il monossido di azoto giochi un ruolo chiave nell'ASD, questo studio evidenzia l'importanza cruciale di tale molecola e dei suoi derivati per il cervello."
Lo studio suggerisce anche nuove possibilità future, come lo sviluppo di biomarcatori per identificare precocemente le persone a rischio.
Attualmente, a livello globale, si stima che l'autismo, in tutte le sue forme, riguardi circa l'1,5% della popolazione, un dato probabilmente sottostimato, soprattutto nei Paesi meno sviluppati dove le diagnosi sono più difficili.
In un mondo in continua urbanizzazione, diventano sempre più rilevanti politiche pubbliche mirate, come la pianificazione urbana e il monitoraggio della qualità dell’aria.
Questa ricerca, tuttavia, non dimostra con certezza una correlazione diretta tra inquinamento atmosferico e autismo: i ricercatori ribadiscono la necessità di ulteriori approfondimenti per valutare gli effetti combinati di diversi inquinanti, soprattutto in fasi specifiche dello sviluppo. Comprendere queste interazioni potrebbe rivelarsi essenziale per creare strategie di prevenzione efficaci.