L’ipercolesterolemia rappresenta un temibile fattore di rischio per l’infarto del miocardio e, in misura minore, per l’infarto cerebrale.
L’avvento di molecole innovative – denominate inibitori di PCSK9 – somministrabili solo per via sottocutanea, sta iniziando a mostrare ai clinici come il colesterolo circolante, per quanto attiene alla sua frazione LDL, sia lesivo anche per concentrazioni molto basse.
Pertanto, è molto verosimile che – nel futuro – le Linee Guida che, semplificando al massimo, allocano il limite massimo per la LDL colesterolemia a:
- 115 mg/dL – la maggior parte, anche se non tutta, della popolazione adulta;
- 100 mg/dL – la popolazione a rischio, ma in prevenzione primaria (cioè quella che non ha già avuto un infarto miocardico, ad esempio);
- 70 mg/dL – la popolazione in prevenzione secondaria (cioè quella che ha già avuto un infarto miocardico, sempre ad esempio).
Sceglieranno di correggere verso il basso i suddetti valori.
Già adesso, tuttavia, dieta, attività fisica e farmaci che abbiamo a disposizione sono in grado di portare i valori di LDL colesterolemia al di sotto di 70 mg/dL per i pazienti che non soffrano della vera ipercolesterolemia familiare (circa un nato ogni 200, in Italia). Questi farmaci, definiti statine, possono essere di origine naturale o sintetica e agiscono inibendo la sintesi epatica di colesterolo, mediata dall’enzima idrossimetilglutaril-CoA reduttasi.
Le statine possono essere combinate agevolmente ad altri farmaci, quali l’ezetimibe, che inibiscono l’assorbimento intestinale del colesterolo. La sinergia tra i due meccanismi d’azione è evidente, dato che la grandissima maggioranza del colesterolo circolante è neo-sintetizzato e solo il 10% circa del colesterolo ingerito è assorbibile, con aumento però di tale quota percentuale nel paziente trattato con statine.
Purtroppo, come ben sanno i clinici, solo la metà dei pazienti che dovrebbero ricevere una statina la assumono effettivamente, mentre la prescrizione di ezetimibe, tra l’altro disponibile insieme a molte statine in una singola compressa, è ancora più ridotta. Ciò è legato al ben noto effetto nocebo, per cui a ogni minimo sintomo – soprattutto muscolare – viene interrotta la somministrazione della statina.
In contrasto con questa tendenza, le statine appaiono essere farmaci molto più tollerati di quanto le persone ritengano.
Gli effetti delle statine
Negli studi controllati, il danno epatico indotto da statine, in genere pienamente reversibile, non riguarda più del 2% dei trattati. Quello muscolare, invece, per solito caratterizzato da algie evidenti, soprattutto a livello dei muscoli delle gambe, non eccede il 3-5%.
Addirittura, in studi nei quali il paziente non era in grado di sapere se stesse assumendo una statina o meno, il 5% dei pazienti che non la ricevevano ha lamentato algie muscolari, a fronte del 10% tra i trattati effettivamente con statine. In un elegante studio, pazienti che riferivano dolori muscolari da statine sono stati – senza che lo sapessero – trattati nuovamente con statine: solo un terzo dei pazienti ha riferito nuovamente dolore muscolare, a fronte dei due terzi che – non avendo effetto nocebo – hanno assunto la statina senza lamentare alcunché.
Le statine, pertanto, tolta quella piccola percentuale di pazienti, non eccedente un computo totale del 10%, che può effettivamente manifestare effetti collaterali (nella grande maggioranza dei casi tanto modesti quanto reversibili: la temuta rabdomiolisi, in realtà, interessa a voler essere molto pessimisti un paziente ogni 500), sono parte di una classe di farmaci salvavita.
Esse, unitamente a dieta e attività fisica, da sole oppure combinate a ezetimibe e/o ad altri farmaci eventualmente in grado di ridurre anche i trigliceridi (le statine non hanno effetto su questa frazione lipidica), quali i fibrati e gli omega-3 e, se occorre, ai nuovissimi inibitori di PCSK9; sono farmaci che aiutano a vivere meglio e di più.
La loro demonizzazione, come pure la loro arbitraria e incongrua interruzione una volta che “il colesterolo è tornato normale” non giova a nessuno ed è, anzi, dimostratamente deleteria per la salute delle nostre arterie.
Il contro le statine, pertanto, va scritto in caratteri molto, ma proprio molto piccoli. Il pro, al contrario, va scritto a caratteri cubitali.
A cura del Prof. Claudio Ferri – Presidente della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa – Professore Ordinario in Medicina Interna – Direttore UOC di Medicina Interna e Nefrologia – Ospedale San Salvatore di Coppito (AQ).