Colpisce maggiormente le donne, in particolare le donne di successo, che hanno fatto carriera, ma anche studentesse universitarie e dottorande nell’ambito degli studi più avanzati. Si chiama sindrome dell’impostore e non permette di godere dei propri traguardi, perché si avvertono come il frutto di eventi fortuiti e immeritati.
Persino l’attrice Meryl Streep ne è affetta. La sindrome dell’impostore, che non permette di interiorizzare i propri successi, non è ufficialmente riconosciuta come disturbo mentale e non si trova nel manuale diagnostico. Tuttavia, è fenomeno di studio da parte di moltissimi educatori e psicologi. Ecco nel dettaglio in cosa consiste questo fenomeno psicologico e come cercare di superarlo.
Che cos’è la sindrome dell’impostore?
Il termine fu coniato per la prima volta dalle specialiste in psicologia clinica, Pauline Clance e Suzanne Imes, nel 1978 e fu utilizzato per definire un problema tipicamente delle donne, le quali “nonostante i notevoli traguardi in ambito accademico e professionale, persistevano nel credere che non fossero realmente brillanti, denigrando l’opinione di chiunque affermasse il contrario“.
Come si differenzia dalla classica ansia da prestazione?
Le persone affette da sindrome dell’impostore hanno dei sentimenti molto specifici. Secondo la scrittrice e consulente del lavoro per l’amministrazione Obama, Alexandra Levit “senti di non meritare il successo ottenuto, che i traguardi raggiunti sono il frutto della fortuna o della situazione “nel posto giusto al momento giusto”, invece che del proprio talento, oppure ci si sente un imbroglione che alla fine si rivelerà essere incompetente. Diventa un problema serio quando questa sensazione non ti permette di chiedere una promozione o di presentare domanda di lavoro o di non accettare un incarico, perché ci si sente indegni“. Tuttavia, se si riesce a mettere da parte queste sensazioni, allora non si è professionalmente invalidati dalla sindrome dell’impostore.
Chi sono i soggetti a rischio?
Il primo studio, risalente al 1987, aveva evidenziato come il fenomeno insorgesse maggiormente nelle donne e ricerche più recenti hanno confermato questa teoria. Ciò nonostante, molti uomini presentano questo disturbo. Messi in correlazione, gli uomini hanno più fiducia in se stessi, rispetto alle donne, perché se entrambi sono qualificati per un lavoro all’80%, un uomo penserà a quella percentuale, mentre una donna focalizzerà l’attenzione su quel 20% mancante.
In genere, la sindrome dell’impostore insorge nelle donne che effettivamente sono competenti e brave nel proprio lavoro. Secondo Levit: “quando uno è effettivamente un impostore, non si percepisce come tale“.
È possibile curare questo disturbo?
La scrittrice Levit suggerisce 3 strategie, per cercare di superare la sindrome:
- fare una lista di tutti i risultati raggiunti e delle motivazioni per cui si è effettivamente qualificati per un determinato lavoro e appenderla in bella vista, per confrontarsi oggi giorno;
- chiedere una seconda opinione. In questo caso è necessario il supporto di un mentore nel proprio campo, che possa aiutare a vedere i propri successi sotto una luce obiettiva. Quindi, meglio evitare il consiglio della propria migliore amica, perché si sa già che vi riterrà più che qualificati;
- prendere del tempo per riflettere. Prima di immergersi in una situazione ad alto profilo, come una presentazione o una riunione importante, bisogna prendersi del tempo per ricordare a se stessi che il proprio posto di lavoro è meritato, perché pone le basi nella propria educazione, nelle capacità personali e nella preparazione.
Come è ben noto, le donne tendono spesso a porsi più domande su se stesse rispetto agli uomini. L’ambiente di lavoro, molto competitivo, le porta a riflettere sulla propria educazione, sulla preparazione e fin troppo spesso tendono a sottovalutarsi.
La sindrome dell’impostore, benché non sia ritenuta invalidante, ostacola comunque l’ascesa della carriera di una donna. Conoscerne l’esistenza e le caratteristiche può aiutare in qualche modo a superarla e a essere meno severe con se stesse.
Soffri anche tu della sindrome dell’impostore? Oppure hai solo ansia da prestazione? Ti senti spesso inadeguato per l’incarico che ricopri? Provi del disagio a pensare ai tuoi successi e traguardi ottenuti durante la tua educazione accademica?
Scrivi nei commenti la tua esperienza e confrontala con quella di altri!