Il disturbo bipolare è una malattia mentale molto più diffusa di quanto comunemente crediamo. Colpisce circa 60 milioni di persone in tutto il mondo e il 2,6 % degli adulti negli Stati Uniti ne è affetto. Fino ad oggi non si sapeva bene da quali meccanismi fosse causato, ma una nuova ricerca potrebbe aver scoperto un deficit di proteina che causa questa malattia.
Prima, però, scopriamo insieme tutte le caratteristiche del disturbo bipolare.
Diversi tipi di bipolarismo
Esistono ben quattro forme diverse di disturbo bipolare, due più comuni e due meno.
- Il bipolarismo I viene definito anche “depressione maniacale”. Il comportamento e l’umore della persona affetta subiscono sbalzi repentini, facendole perdere il controllo. Si presentano episodi maniacali, che per qualificarsi come disturbo bipolare di tipo I devono durare almeno sette giorni. L’umore può essere buono, espansivo o irritabile, ben diverso dal comportamento abituale della persona. I sintomi maniacali possono essere così estremi da richiedere l’intervento immediato di cure ospedaliere.
- Il disturbo bipolare di II tipo è quattro volte più comune del tipo I. È caratterizzato da sintomi maniacali molto meno gravi, detti anche sintomi ipomaniacali. Questi segni sono più difficili da riconoscere e identificare come bipolarismo, sia dalla persona stessa che da chi la circonda.
Se non si interviene subito con cure adeguate, questo disturbo può aggravarsi nel tempo, fino alla mania o alla depressione.
I tipi I e II sono i più diffusi tra la popolazione. Molto meno comuni sono invece:
- Il disturbo ciclotimico comporta sbalzi d’umore e presenta sintomi simili al bipolarismo II, con cambiamenti meno “drammatici” che non richiedono per forza l’utilizzo di farmaci.
Nel corso del tempo, può evolvere in disturbo bipolare di tipo II.
- Il disturbo bipolare Non Altrimenti Specificato, conosciuto anche come NOS o NAS, è una categoria catch-all, ovvero che comprende le persone che presentano alcuni sintomi bipolari ma che non rientrano in nessuno degli altri tre tipi.
Come so di essere affetto da disturbo bipolare?
Ci sono diversi sintomi che possono darci segnali d’allarme, i quali si suddividono in due diverse categorie.
I sette segni di mania sono:
- sentirsi eccessivamente felice o euforico per lungi periodi di tempo;
- sensazione di agitazione, descritta da molti come irritazione o nervosismo;
- parlare molto velocemente, con pensieri repentini e frenetici;
- estrema irrequietezza o impulsività;
- giudizio alterato;
- eccessiva confidenza nelle proprie capacità;
- farsi coinvolgere in comportamenti rischiosi o pericolosi, come fare sesso impulsivo, giocare d’azzardo i risparmi di una vita o scialacquare denaro in spese folli.
I sette sintomi della depressione sono:
- isolamento da amici e familiari e/o perdita di interesse nelle attività che prima davano piacere;
- significativa perdita o aumenti dell’appetito;
- grave affaticamento o mancanza di energia;
- parlare lentamente;
- problemi con la memoria, la concentrazione e nei processi decisionali;
- pensieri o tentativi di suicidio, o una continua preoccupazione per la morte.
Se vi riconoscete in questo elenco di sintomi, è possibile che siate affetti da disturbo bipolare. Bisogna rivolgersi al medico per una diagnosi corretta, la quale verrà effettuata sia mediante esami fisici che tramite valutazioni della salute mentale.
In caso di diagnosi positiva, mantenete la calma. Esistono diversi trattamenti per il bipolarismo, tra cui farmaci che stabilizzano l’umore, psicoterapia e terapia elettroconvulsiva (ETC).
Un deficit proteico potrebbe essere la causa del disturbo bipolare?
Le cause del bipolarismo rimangono sconosciute, ma precedenti ricerche hanno iniziato ad indagare nel background genetico della malattia.
È stato scoperto che il gene che codifica per la proteina cellulare fosfolipasi Cγ1 è collegato al disturbo bipolare, sebbene il meccanismo esatto che causa la malattia sia ancora sconosciuto.
Un nuovo studio presso l’Ulsan National Institute of Science and Technology (UNIST) a Ulsan, in Corea del Sud, ha testato il ruolo della fosfolipasi Cγ1 (PLCγ1) nei topi, e i risultati possono aiutare a spiegare il nesso di causalità tra la proteina e il disturbo bipolare.
I ricercatori, guidati da Pann-Ghill Suh, un professore di scienze della vita all’UNIST, hanno geneticamente programmato i topi in modo che presentassero una carenza di PLCγ1 nel loro prosencefalo. Hanno poi studiato cosa accade nelle sinapsi del topo, notando una compromissione nella trasmissione inibitoria e nella plasticità sinaptica, ovvero la capacità delle sinapsi di cambiare la loro forma, funzione o forza nel corso del tempo.
Il fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF) è una proteina che regola diverse funzioni sinaptiche, tra cui l’attività di PLCγ1. È fondamentale nella formazione di sinapsi e, in questo studio, i deficit BDNF hanno portato ad uno squilibrio tra l’eccitazione e la trasmissione inibitoria nelle sinapsi delle cellule cerebrali.
Detto più semplicemente, le sinapsi non hanno abbastanza PLCγ1 e non sono quindi in grado di svolgere correttamente la loro funzione inibitoria nei neuroni eccitatori, perché BDNF non funziona.
Il risultato, come notato da Suh e dal suo team, è stato che i topi privi di PLCγ1 presentavano sintomi simili a quelli del disturbo bipolare, tra cui l’iperattività, la riduzione dei comportamenti ansiosi, l’iperedonia, la fame eccessiva, l’apprendimento compromesso e la perdita della memoria.
Somministrando farmaci specifici per il disturbo bipolare, questi sintomi si sono ridotti.
Si sapeva già che il gene PLCγ1 potesse svolgere un ruolo rilevante nel disturbo bipolare, ma non era molto chiaro il meccanismo che causa la malattia. Questa nuova ricerca ha permesso agli studi sul bipolarismo di fare enormi passi avanti e ha provato l’importanza di PLCγ1.
Si tratta di una vera e propria svolta, che potrebbe influenzare la ricerca sul trattamento del disturbo bipolare e dei suoi sintomi.