Le tecnologie digitali nel campo della salute si sono notevolmente sviluppate negli ultimi anni, tanto che oggi la e-health è più di una promessa. Tuttavia, non è ancora una realtà diffusa perché il mercato non è ben definito e appare incerto sulla strada da imboccare per arrivare alla diffusione di massa.
Eppure è opinione diffusa, sia da parte dei produttori che degli operatori sanitari, che i vantaggi che la sanità digitale potrebbe portare siano assolutamente importanti.
Come mai, allora, lo sviluppo non decolla come dovrebbe?
Il problema, stando a un rapporto pubblicato dal Commonwealth Fund, fondazione filantropica che ha promosso uno studio al riguardo, risiede in una sorta di “digital divide” che impedisce di comprendersi vicendevolmente tra produttori, operatori della sanità e utenti finali.
Per quanto riguarda le aziende produttrici, lo studio rivela che molto spesso la comunicazione e il marketing tendono a presentare i prodotti solo come strumenti di consumo o apparecchi per lo storage di grandi quantità di dati in piccoli spazi.
Un termine molto importante come “connected health”, che vuol dire connettere le informazioni sanitarie per renderle accessibili ovunque e a chiunque sia interessato, viene percepito solo in termini di teleassistenza. Ovviamente, in questa situazione, l’impatto sugli utilizzatori è molto basso e non stimola l’interesse degli operatori e delle istituzioni sanitarie. Questo stato non è positivo nemmeno per i produttori che hanno sempre più difficoltà a trovare investitori che finanzino la ricerca e la produzione di nuovi prodotti.
I ricercatori suggeriscono di colmare le lacune adottando 5 raccomandazioni:
- Evitare la dispersione delle risorse: concentrandosi sui problemi di salute più gravi e a maggior impatto, sia sulle persone che sul bilancio sanitario nazionale.
- Conoscenza: colmare le lacune, oggi evidenti, nella comunicazione e nella conoscenza tra produttori, operatori sanitari e pazienti, attraverso interventi di formazione e la creazione di un networking diffuso.
- Test di qualità: le innovazioni vanno provate, in appositi contesti, per provarne la qualità e convalidarne l’effettiva utilità. I test devono essere effettuati anche tenendo presenti i costi e le esperienze cliniche degli utilizzatori.
- Mettere al centro i pazienti: design e semplicità d’uso per venire incontro alle esigenze dei pazienti, anche raccogliendo e analizzando i feedback degli utilizzatori.
- Sviluppo: prevedere sviluppi ed evoluzioni che permettano anche di superare le diverse realtà istituzionali, economiche e sociali nei vari paesi.
Lo studio conclude fornendo i principali motivi che dovrebbero convincere tutti a spingere verso un effettivo salto di qualità delle tecnologie di e-health.
I pazienti avrebbero molti vantaggi, sia per le maggiori possibilità di scegliere il modo e il tempo di curarsi, sia perché andrebbero incontro a una riduzione dei costi. Non meno importante sarebbe poi la possibilità di condividere esperienze e cure con altre persone.
Gli operatori sanitari potrebbero vedere rivoluzionato il proprio tempo di lavoro, sia in termini di fruibilità che di qualità.
Per i produttori l’apertura del mercato porterebbe benefici economici e professionali che potrebbero spingere la ricerca e l’innovazione.
Evidenti le ricadute economiche generali, con una potenzialmente sensibile riduzione della spesa sanitaria e i conseguenti benefici per tutti i contribuenti.