Prevenzione, progressi e futuro: parla la Dott.ssa Orthmann in occasione dell’Ottobre Rosa

Liliya Dimitrova | Responsabile Editoriale

Ultimo aggiornamento – 09 Ottobre, 2024

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Secondo il ministero della salute il carcinoma mammario è il più diffuso tra le donne, rappresentando il 30% di tutti i tumori.

Non solo, le donne sono quella fetta della popolazione che non sempre mette al primo posto la propria salute il che può avere complicanze sul lungo periodo non solo in termini di tumore al seno, ma anche per quanto riguarda le malattie cardiovascolari.

In occasione dell’Ottobre Rosa abbiamo fatto due chiacchiere con Nicoletta Orthmann, Direttrice Medico Scientifica della Fondazione Onda ETS per avere un quadro più esaustivo sul progresso scientifico della medicina di genere, l’efficacia delle giornate di prevenzione e come sensibilizzare le nuove generazioni.

Ciao Nicoletta, puoi raccontarci chi sei e il tuo ruolo nel contesto della Fondazione Onda ETS?

Volentieri, io sono un medico, avevo scelto di fare medicina per via della tradizione di famiglia. In seguito, mi sono specializzata in Medicina legale e delle Assicurazioni, che è stata una disciplina che ho praticato con molto entusiasmo con particolare interesse per l’ambito forense.

Dopo un po’ di vicissitudini personali avevo bisogno di trovare un po’ di equilibrio, tra vita professionale e familiare. Così, ho conosciuto Fondazione Onda. Mi è sempre piaciuto fare attività di comunicazione, così mi sono avvicinata a questa realtà e dal 2011 è iniziato il mio percorso lì. Oggi ricopro il ruolo di Direttrice Medico Scientifica, occupandomi quindi dei contenuti medici e scientifici e dei vari progetti.

Onda, rete e medicina di genere: ce ne puoi parlare?

Certo, come prima cosa quello che abbiamo sviluppato in questi primi anni in Onda è stato di lavorare sempre di più in rete. Come fondazione ci interfacciamo con tutti gli stakeholder della salute, lavoriamo molto con le istituzioni ma anche con società scientifiche, i media nonché con associazioni di pazienti.

Il focus di Onda rimane sulla salute della donna, ma devo dire che l’associazione si è sempre più declinata sulla medicina di genere, ossia valorizzare quello che è l’approccio alla salute della donna, ma in un’ottica genere specifica, quindi tenendo conto delle variabili sesso e genere correlate andando ad abbracciare alcune tematiche d’interesse al maschile.

Ad esempio, oltre al Bollino Rosa, abbiamo avviato anche il progetto del Bollino Azzurro per cercare di fare prevenzione verso un pubblico prettamente maschile.

Ecco, con Onda ho scoperto la medicina di genere, che è stata una vera e propria folgorazione, in considerazione del percorso formativo nell’ambito della medicina di impronta  “androcentrica”. È stata una vera rivelazione.

Parliamo di prevenzione, secondo la tua esperienza perché questi momenti sono importanti?

Sicuramente queste giornate e queste iniziative sono fondamentali perché sono un'occasione di informazione, di sensibilizzazione, di confronto e anche spesso di accesso diretto ai servizi di prevenzione e di diagnosi precoce, quindi sono davvero un'occasione d'oro.

Un esempio sono le iniziative di open day e open week che facciamo attraverso la rete degli ospedali con il Bollino Rosa, ossia tutte quelle strutture che hanno ricevuto un riconoscimento da parte di Fondazione Onda ETS perché si sono distinte per l’offerta di servizi e percorsi dedicati al genere femminile.

In quest’ottica devo dire che c'è una partecipazione molto elevata di donne. Tra le varie richieste e i servizi più graditi sono proprio quelli diagnostici o le consulenze one to one. Molti ospedali organizzano conferenze, seminari, però quello che cercano le donne sono servizi. Queste iniziative possono essere proprio un'occasione per parlare di questi temi sensibilizzandole proprio su questo tipo di problematiche.

Pensiamo al tumore della mammella, che resta un tumore estremamente diffuso e su cui le donne devono essere sensibili e pronte a prendersi cura in dalla giovanissima età.

Tramite il Servizio Sanitario Nazionale c’è la disponibilità di uno screening mammografico gratuito che viene offerto nella fascia di età 50-69 anni. Tra l'altro, rispetto a questo alcune regioni, tra cui per esempio la Lombardia, stanno sperimentando l'offerta dello screening in una fascia di età più ampia, 45-70 perché purtroppo il numero di diagnosi in pazienti giovani è aumentato e quindi anche il fatto di poter abbracciare e prendere dei segmenti di popolazione più giovane è sicuramente un aspetto importante.

Più del 73% delle donne nella fascia 50 – 69 anni si è sottoposto a screening, pertanto queste azioni di prevenzione sono fondamentali affinché le donne si sentato ingaggiate ad usufruire di questi controlli.

Anche se il gap per lo screening mammografico si sta pian piano chiudendo tra regione a regione, c’è ancora molto da fare, soprattutto in alcune parti del Sud, come ad esempio la Calabria, dove le donne che si sottopongono a screening sono a malapena il 45%.

Abbiamo un numero elevato di donne che si sottopone a screening, ci sono dei progressi per quanto riguarda le diagnosi precoci?

Assolutamente sì, grazie anche al lavoro delle associazioni sul territorio e della comunicazione, è stato registrato un grande progresso per avvicinare le donne alla diagnosi precoci.

Inoltre, l’avanzamento tecnologico ha sicuramente aiutato sotto questo aspetto, grazie all’utilizzo di macchinari estremamente efficaci. La diagnostica sta andando avanti e permette sempre di più ad intercettare dei tumori che sono in fase iniziale, permettendo lo straordinario vantaggio di giocare in anticipo: più si interviene quando il tumore è piccolo, meno l’intervento e le terapie sono invasive e le cure più efficaci.

Questo permette di migliorare sensibilmente la qualità della vita. Decenni fa si parlava soprattutto di sopravvivenza in termini medici. Oggi invece il focus si è spostato anche su come una persona con tumore possa vivere una vita piena e soddisfacente al di là della cura, che rimane fondamentale.

Com’è possibile sensibilizzare le nuove generazioni di donne per la prevenzione?

Secondo me la scuola è un canale un po’ fermo e potrebbe fare tantissimo per educare i giovani e insegnare loro che la prevenzione è uno stile di vita.

In generale credo che si debba costruire un senso di responsabilità e rispetto verso la propria salute. Il fatto di prenderci cura di noi è un impegno che ci dobbiamo nei nostri confronti, adottando corretti stili di vita e partecipando ad attività di diagnosi precoce.

È chiaro che, se le nuove generazioni vengono preparate, quando arrivano nella fascia d’età più delicata o interessata ad una data patologia, come il tumore al seno, arrivano pronte.

Personalmente credo che dobbiamo considerare il privilegio generazionale che abbiamo, grazie alla ricerca, in termini di avanzamento della diagnosi precoce e delle possibilità di cura, se pensiamo alle persone prima di noi che non hanno avuto queste informazioni e possibilità

Anche nell’ottica di proiettarsi verso un invecchiamento attivo e in salute, è fondamentale puntare sulla prevenzione e sulla cura di noi stessi.

Liliya Dimitrova | Responsabile Editoriale
Scritto da Liliya Dimitrova | Responsabile Editoriale

Mi occupo da 7 anni della gestione e creazione di contenuti per il web grazie alle collaborazioni con editori nazionali e realtà internazionali. Oggi sono a capo del team editoriale di Pazienti.it per approfondire temi legati al benessere e alla salute attraverso articoli, approfondimenti, studi e interventi di valore.

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