Il matrimonio, secondo un recente studio condotto dall’University College of London e pubblicato sul Journal of Neurology Neurosurgery & Psychiatry, rappresenterebbe un fattore di protezione contro il rischio di demenza senile. Di contro, il non essere mai stati sposati o l’essere vedovi sembrerebbero essere condizioni in grado di aumentare il rischio di sviluppare questo tipo di malattia.
I ricercatori sono giunti a queste conclusioni sull’analisi dei dati raccolti provenienti da 15 studi diversi, pubblicati fino al 2016, che hanno analizzato il ruolo dello stato civile sullo sviluppo della demenza su un campione di oltre 800.000 partecipanti provenienti da Europa, America del Nord e America del Sud ed Asia. Vediamo di cosa si tratta.
Sposati, vedovi e single: addio demenza senile
Il campione su cui è basata la ricerca è costituito da una percentuale compresa tra il 28 e l’80% di individui sposati e tra l’8 ed il 48% da vedovi. I divorziati rappresentano tra lo 0 ed il 16% del campione, mentre i celibi e le nubili costituiscono tra lo 0 e il 32,5 % di tutti i partecipanti ai vari studi considerati.
L’analisi dei dati ha messo in evidenza come gli individui mai stati sposati o single avrebbero circa il 42% di probabilità in più rispetto ai soggetti sposati, di andare incontro a demenza senile, a parità di età e sesso.
Secondo i ricercatori, questo dato potrebbe essere in parte spiegato dal fatto che i single sono più portati a trascurare la propria salute rispetto agli individui che vivono in coppia.
Per gli scienziati della University College of London, l’effetto protettivo del matrimonio potrebbe essere dovuto alla più intensa vita sociale delle coppie rispetto a quella di chi è solo: da tempo è noto infatti che le interazioni con gli altri aiutino a prevenire il deterioramento delle funzioni cognitive e a ridurre l’incidenza di disturbi depressivi o ansiosi.
Tuttavia, se si considerano gli studi più recenti, che hanno incluso la partecipazione solo di individui nati dopo il 1927, il rischio di demenza nei soggetti single crescerebbe “solo” del 24 %, dato che sembrerebbe suggerire una migliore accettazione della solitudine e una diversa concezione della vecchiaia da parte delle “nuove generazioni”.
I vedovi sono soggetti ad alto rischio di demenza
Dall’analisi dei dati è emerso anche come i vedovi, uomini e donne abbiano un 20% in più di possibilità rispetto agli individui sposati di andare incontro alla demenza.
Come possibile spiegazione di questo dato, i ricercatori mettono in relazione lo stress e la sofferenza derivante dal lutto e dalla perdita del coniuge con la compromissione delle abilità cognitive e il peggioramento della trasmissione dei segnali nervosi. Tuttavia questa percentuale così elevata tende a diminuire drasticamente quando si prende in considerazione il livello di istruzione: maggiore è il livello di istruzione minore è rischio di demenza.
Per quanto riguarda i divorziati, invece, non è stato rivelato alcun aumento del rischio demenza rispetto al campione di controllo dei soggetti sposati. Questo dato, però, potrebbe essere in parte spiegato dal numero esiguo di soggetti divorziati presente negli studi presi in considerazione e dall’assenza di dati esaustivi.
Una «cura» per la demenza: sposarsi!
L’unico dato che i ricercatori hanno rilevato in ciascuno degli studi considerati e che conferma la validità dei risultati è quello sulla diminuzione del rischio demenza nella popolazione sposata.
Malgrado la scoperta a dir poco interessante, i ricercatori invitano alla cautela e sottolineano che è ancora troppo presto per confermare il rapporto di causa-effetto tra matrimonio e diminuzione del rischio di demenza senile. Per confermare i risultati di questo studio preliminare, secondo i ricercatori, è necessario ampliare il campione oggetto di studio e raccogliere ulteriori dati sugli anni di vedovanza o di separazione, in modo da poter definitivamente confermare quanto scoperto.
Il futuro gira attorno alla prevenzione delle demenze
Come conseguenza del progressivo invecchiamento della popolazione mondiale, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nei prossimi 30 anni i casi di demenza triplicheranno, passando dagli attuali 50 milioni a 150 milioni, entro il 2050.
Questi numeri rendono i risultati ottenuti dai ricercatori della University College of London ancora più importanti per la ricerca di trattamenti e strategie in grado di rallentare il decorso delle demenze.
Christopher Chen e Vincent Mok, ricercatori della National University di Singapore e dell’Università cinese di Hong Kong, sottolineano l’importanza delle conclusioni cui sono giunti i ricercatori del gruppo di Londra ma, secondo gli esperti, «la sfida più grande, sarà quella di riuscire a tradurre queste osservazioni, in efficaci linee guida per la prevenzione delle demenze e del morbo di Alzheimer».
La scoperta di fattori di rischio potenzialmente modificabili purtroppo non significa che le demenze possano essere evitate in toto. Molto ancora deve essere fatto in campo scientifico per arrivare a individuare una terapia volta a contrastare la degenerazione neuronale tipica delle demenze, che attualmente evolve in maniera inesorabile.
Ovviamente sposarsi non rappresenta una cura contro la demenza, ma a quanto dicono i ricercatori, abbiamo un motivo in più per provarci!