Malata di SLA dice “basta” ai macchinari che la tenevano in vita: la storia di Patrizia

Camilla Mantegazza | Web Editor e Social Media Manager a Pazienti.it

Ultimo aggiornamento – 06 Febbraio, 2018

Sla e biotestamento: la prima applicazione in Italia

Patrizia Cocco aveva 49 anni, a giugno ne avrebbe compiuti 50. Era titolare di una agenzia di viaggio, fino a che ha potuto lavorare. Poi, sette anni fa, nel 2012, si è ammalata di Sla, di Sclerosi laterale amiotrofica. Una malattia che toglie ogni volontà ai muscoli, toglie la possibilità di muoversi, di parlare e anche di respirare. A suo tempo, ha tentato di entrare in un progetto sperimentale all’Ospedale Niguarda di Milano.

Sabato, Patrizia è morta nella sua casa di Nuoro, in Sardegna, dopo aver manifestato per quattro volte, davanti a un’equipe di medici e due testimoni, la sua volontà di rinunciare alla ventilazione meccanica che la teneva in vita. Per la prima volta, in Italia, è stata applicata la legge sul biotestamento.

È il primo caso di morte assistita. Ecco come è andata.

Morte assistita: uno stop alle terapie

Quella di Patrizia è stata una scelta lucida e coraggiosa, secondo le parole dell’avvocato della paziente e cugino, Sebastian Cocco, riportate da L’Unione Sarda. «La nuova legge permette ai medici di dare subito esecuzione alla volontà del paziente, senza doversi rivolgere al giudice come succedeva prima della sua entrata in vigore. Così, a Patrizia è stato permesso di fare la sua scelta“.

Questa legge sul testamento biologico che «tutela il diritto alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione» Patrizia l’aspettava da anni, «da quando sentiva di essere imprigionata nella malattia dentro la quale sopravviveva a una vita che lei in quelle condizioni non voleva più vivere».

La donna, secondo le testimonianze, poteva scrivere solo tramite un comunicatore oculare, come spesso succede ai pazienti affetti da Sla.

Lei stessa si definiva come una persona che non viveva, dipendente dalle macchine, per tutto il giorno, tutti i giorni. Riferiva di vivere in un incubo, causato soprattutto dal fatto di non essere più in grado di muovere i muscoli. «Voleva solo smettere di soffrire. Ma non poteva permettersi la Svizzera» – ha dichiarato il suo avvocato.

Così, sabato scorso, attorno all’una del pomeriggio, la donna è morta. La procedura è stata avviata alla presenza, oltre che dei testimoni, di psicologo, palliativista, rianimatore, anestesista e medico di base.

Si è dato il via dunque alla cosiddetta sedazione profonda, per poi procedere con l’estubazione. In parole povere, la ventilazione meccanica è stata bloccata. Patrizia, secondo le parole dei suoi medici, se ne è andata dopo circa un’ora, senza provare dolore, morendo in modo del tutto naturale.

Scegliere i trattamenti sanitari

Insomma, la legge ha trovato – sembra proprio per la prima volta – la sua applicazione. Come è successo alla donna, ognuno di noi potrà dare indicazioni anticipate sui trattamenti sanitari che vorrà ricevere e quelli ai quali rinuncerebbe nel caso in cui, in un futuro, non fosse nelle condizioni di farlo.

Dunque, da oggi le cose cambiano. La differenza col passato è che con il testamento biologico non sarà più necessario affrontare battaglie nei tribunali per vedere rispettato la propria volontà di interrompere le terapie.

Camilla Mantegazza | Web Editor e Social Media Manager a Pazienti.it
Scritto da Camilla Mantegazza | Web Editor e Social Media Manager a Pazienti.it

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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