Microcalcificazioni al seno: sono spia di tumore?

Martina Valizzone | Psicologa

Ultimo aggiornamento – 24 Febbraio, 2022

Microcalcificazioni al seno: cosa fare?

Le microcalcificazioni al seno nascono dal deposito di sali di calcio nel tessuto mammario. Purtroppo, essendo lesioni indolori e – generalmente – non palpabili, è necessario eseguire un esame mammografico per rilevarne la presenza.

Le microcalcificazioni al seno possono essere di vario tipo – benigne, sospette o maligne – in base a diverse caratteristiche, come distribuzione, morfologia, dimensioni e densità. Oppure numero delle singole particelle.

Questi depositi di sali di calcio, nella maggioranza dei casi, sono correlati ad alterazioni benigne del tessuto mammario. Talvolta, però, possono rappresentare dei segnali di allarme pre-tumorali.

Per questo è fondamentale procedere alla loro analisi per valutarne il grado di pericolosità. Approfondiamo di più.

Quali sono i criteri di classificazione delle microcalcificazioni?

Esistono diversi criteri di classificazione delle microcalcificazioni mammarie. In primis distribuzione e forma, caratteristiche in stretta relazione fra loro.

La forma di una microcalcificazione è aderente a quella della struttura in cui il calcio si deposita. Per questo motivo, le calcificazioni mammarie riproducono la forma della struttura in cui si trovano. Sulla base di questi parametri distinguiamo:

  • Calcificazioni duttali o lobulari, a seconda che siano localizzate nei dotti galattofori o negli acini ghiandolari
  • Calcificazioni delle ghiandole sebacee, delle pareti di piccole cisti, delle pareti di piccole arterie
  • Calcificazioni di alterazioni cicatriziali (cisti lipoidee)

Una volta individuata la sede delle microcalcificazioni, per una più accurata comprensione dei processi che le hanno causate, è necessaria un’accurata analisi della loro forma, dimensioni e densità. Un altro aspetto da considerare nell’analisi delle calcificazioni è se siano omogenee per forma o se ciascuna particella abbia una morfologia diversa dalle altre, e se la loro forma sia regolare o meno.

Alcuni di questi aspetti permettono all’esperto senologo, a seguito della mammografia, di avere informazioni circa alcuni tipi di fenomeni patologici, quali mastite o fibroadenomi calcifici, parametri utili a formulare una diagnosi presuntiva della patologia.

Quali sono le calcificazioni di cui dobbiamo preoccuparci

Le calcificazioni di aspetto maligno – e che solitamente destano preoccupazione – sono principalmente di tre tipi:

  • Calcificazioni a stampo – Si presentano sottili, lineari, ramificate: riproducono la forma dei dotti e delle loro diramazioni che possono essere riempite da cellule tumorali con detriti cellulari calcifici.
  • Calcificazioni di tipo granulare o a pietra sbriciolata – Sono molto simili a granelli di zucchero, hanno forma, dimensioni e densità irregolari, e sono spesso associate alla presenza di cellule tumorali negli acini ghiandolari.
  • Calcificazioni pulverulente – Estremamente piccole e tenui, possono anche formare cluster o gruppi di microcalcificazioni.

Qualora sia già nota la presenza di microcalcificazioni di cui si controlla l’eventuale incremento, per verificare ogni eventuale modificazione in fase precoce è fondamentale valutarne anche il numero e l’estensione.

Per verificare questi fattori può essere necessario sottoporsi ad alcuni esami diagnostici, tali da consentire una migliore visualizzazione ed eventualmente un’analisi del reperto stesso. È quindi possibile che la paziente venga invitata a sottoporsi ad ulteriori proiezioni mammografiche sullo stesso seno.

La diagnosi che si pone sulla base dell’indagine mammografica è ovviamente presuntiva.

Qualora vi siano dubbi circa l’interpretazione dell’esame mammografico, è opportuno sottoporsi a un prelievo bioptico. La biopsia, attraverso l’asporto di un quota di tessuto mammario contente le microcalcificazioni consente di giungere a una diagnosi certa sulla benignità o malignità del reperto analizzato. Il più diffuso dei sistemi di biopsia su guida mammografica (stereotassica) è chiamato mammotome.

Cosa accade nel caso di una formazione maligna?

Nel caso la biopsia confermasse la presenza di una patologia oncologica, sarà necessario sottoporsi a intervento chirurgico, conservativo nella maggior parte dei casi (la cosiddetta quadrantectomia). Nei casi in cui le microcalcificazioni siano molto estese, è invece indicata l’asportazione totale della ghiandola mammaria, accompagnata dalla sua immediata ricostruzione.

La diagnosi precoce di questo tipo di lesioni attraverso l’esame mammografico è di fondamentale importanza: la loro asportazione in fase iniziale, il più delle volte non ancora non invasiva, impedisce lo sviluppo di una patologia più seria e pericolosa.

Proprio per questo motivo, è importante effettuare regolarmente controlli mammografici ed ecografici, così da poter rilevare anche le più piccole microcalcificazioni o formazioni nodulari.

Martina Valizzone | Psicologa
Scritto da Martina Valizzone | Psicologa

Sono una psicologa dell'età evolutiva, con una specializzazione in psicoterapia sistemico relazionale. In ambito lavorativo, mi occupo principalmente di terapie individuali e familiari e, da qualche anno, di psicologia dell'educazione, lavorando alla progettazione e realizzazione di interventi psico-pedagogici in ambito scolastico ed extrascolastico.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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