Le malattie croniche dell’intestino (IBD) colpiscono milioni di persone in tutto il mondo, causando una sintomatologia altamente debilitante.
I ricercatori hanno da sempre cercato di far luce su quali fattori siano alla base di queste condizioni. Tuttavia, nuove ricerche potrebbero aver identificato il vero colpevole: una disfunzione dei vasi sanguigni.
Vediamo in che modo questo risultato possa portare allo sviluppo di nuove terapie per il trattamento delle IBD.
Cosa sono le malattie infiammatorie intestinali
Secondo il CDC (Centers for Disease Control and Prevention), circa 3 milioni di persone negli Stati Uniti hanno una diagnosi di IBD, cioè malattie infiammatorie intestinali. I numeri risalgono all’ultimo anno in cui i dati sono stati resi disponibili, cioè il 2015.
In Italia sono circa 200 mila le persone colpite da tale patologia, mentre negli ultimi dieci anni la diagnosi di nuovi casi è aumentata di circa 20 volte.
Per IBD si intendono principalmente la malattia di Crohn e la rettocolite ulcerosa, ovvero infiammazioni croniche dell’intestino. Nonostante siano delle patologie molto diffuse, pesando gravemente sulla qualità della vita dei pazienti, i ricercatori continuano a investigare sulle possibili cause.
Attualmente, un team di ricercatori della Universitätsklinikum Erlangen in Germania, ha affermato che potrebbe aver fatto un’importante scoperta a riguardo.
Nella ricerca, pubblicata sulla rivista The Journal of Clinical Investigation, i ricercatori hanno affermato che alcune disfunzioni dei vasi sanguigni potrebbero contribuire allo sviluppo delle malattie croniche dell’intestino. Inoltre, secondo gli studiosi, eliminando tale disfunzione, si potrebbe ridurre in modo significativo la progressione di tali patologie.
La scoperta di nuovi trattamenti
La dr.ssa Victoria Langer, che ha intrapreso lo studio durante la preparazione della tesi del suo dottorato, insieme ai suoi colleghi, ha spiegato che le loro ricerche si sono sviluppate partendo da un presupposto già esistente, e cioè che le cellule pro-infiammatorie circolano attraverso i vasi sanguigni.
Ciò ha condotto gli studiosi ad investigare il ruolo dei vasi sanguigni sani nello sviluppo delle condizioni infiammatorie che colpiscono l’intestino.
Gli scienziati erano particolarmente interessati al ruolo giocato dalle cellule endoteliali, cioè le cellule che rivestono la superficie interna dei vasi sanguigni. Queste cellule forniscono una sorta di barriera che impedisce alle altre cellule di fuoriuscire dai vasi sanguigni.
I ricercatori hanno scoperto che i pazienti affetti da IBD presentavano dei vasi sanguigni molto permeabili e pertanto che le cellule endoteliali di rivestimento non svolgevano a dovere il proprio compito.
Conducendo ulteriori analisi molecolari, è stato possibile confermare la presenza di un’interazione disfunzionale tra cellule infiammate e specifiche cellule endoteliali.
Osservando con maggiore attenzione, il team ha scoperto che la citochina interferone gamma era la causa di tale disfunzione. Le citochine sono le proteine che fungono da segnale di comunicazione. L’interferone gamma è invece presente in alte concentrazioni nel tessuto intestinale infiammato.
Per dimostrare la alta permeabilità dei vasi sanguigni nelle persone affette da malattie croniche intestinali, gli studiosi hanno utilizzato una speciale tecnica per analizzare i vasi sanguigni intestinali in 15 individui. Di questi, sette erano in remissione, mentre otto erano in uno stato attivo della patologia.
Per verificare la possibilità di rallentare la progressione della malattia, bloccando la reazione delle cellule endoteliali all’aumento dell’interferone gamma, i ricercatori hanno condotto diversi studi sui topi da laboratorio.
I risultati possono essere considerati molto promettenti, in quanto suggeriscono che questo approccio potrebbe essere la via più logica verso il trattamento delle malattie infiammatorie intestinali.
I ricercatori hanno inoltre scoperto che un farmaco utilizzato per il trattamento del cancro può ridurre la permeabilità dei vasi sanguigni e di conseguenza rallentare la progressione delle IBD nelle cavie. Tutto, ovviamente, rimane ancora nella sfera delle possibilità.
Non resta che attendere altri studi che possano confermare i risultati finora ottenuti dal team di ricerca tedesco, per poter sviluppare nuove cure per le malattie infiammatore intestinali.